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TRA UNA FESTA E L’ALTRA – COFFEE BREAK!

Tra le leggende più affascinanti riguardo all’origine del caffè, una proviene dallo Yemen, dove in un antico monastero i religiosi utilizzavano un infuso – estratto da bacche – per prolungare le veglie di meditazione e di preghiera. Ma i primi scritti riguardo a questa pianta risalgono al 1592 ed appartengono al medico Prospero Alpino che ebbe modo di conoscerla come bevanda e che definì “di colore nero e dal sapore amaro simile alla cicoria”. Nella metà del 1500, grazie soprattutto ai mercanti di Venezia, grosse quantità di caffè vennero trasferite e scaricate nei porti di Alessandria e Smirne, per essere poi introdotte in Europa.

Il gradimento fu elevato, così si pensò di coltivare la pianta anche in altri luoghi. Gli Olandesi crearono coltivazioni a Giava, i Francesi in Martinica e nelle Antille, seguirono gli Inglesi, gli Spagnoli e i Portoghesi in Africa, Asia, America.

Il Brasile, oggi uno dei maggiori produttori di caffè che rappresenta la sua più ingente risorsa economica, iniziò a lavorare questa pianta nel 1727, grazie ad un ufficiale brasiliano che, pare, la ricevette clandestinamente dalla moglie del governatore della Guyana francese.

Le prime caffetterie furono aperte a metà del XVI secolo a Costantinopoli, poi, circa un secolo dopo, a Marsiglia, poi ancora ad Amburgo.

La “Serenissima” avviò, nella sua splendida Piazza S.Marco, la prima bottega del caffè nel 1615. Da lì, l’usanza si allargò rapidamente e a macchia d’olio in tutta Italia.

Addirittura furono scritte opere letterarie dedicate al caffè da parte di Rousseau (commedia “Il caffè) Goldoni (“La bottega del caffè) e perfino in musica, dal grande J.S. Bach (“Cantata del caffè-op. 211)

Dopo una breve storia, spostiamo adesso la nostra attenzione riguardo a come si utilizza questa preziosa pianta.

La torrefazione (cioè l’abbrustolimento) dei chicchi estratti dal frutto (più o meno accentuata, a seconda dei gusti) conferisce loro il gusto amaro, li rende più facilmente riducibili in polvere e ne aumenta la solubilità in acqua.

Per nostra conoscenza, sottolineo che la decaffeneizzazione rende il caffè dannoso all’organismo in quanto, per realizzarla, vengono utilizzate sostanze altamente tossiche. Maglio sicuramente preferire minori quantità quotidiane di caffè (acquistando, inoltre, tipi con minore caffeina già dalla tostatura), piuttosto che cadere nell’illusione generata dal marketing del “caffè che fa bene al cuore”. Sappiamo, inoltre, che la caffeina – in dosi adeguate e dove non esistano patologie– possiede proprietà farmacologiche molto utili.

Un’altra illusione da eliminare è che il caffè fatto in casa con la moka sia più leggero dell’espresso. In realtà la percentuale di caffeina è tanto più alta quanto è più lungo il tempo di estrazione. I pochi secondi necessari per ottenere il caffè espresso, ne garantiscono, perciò, una maggiore leggerezza. Quello che può rendere, invece, il caffè del bar più fastidioso sono alcune sostanze che, a causa della elevata temperatura presente nella macchina espresso, vengono rilasciate in maggiore quantità rispetto alla moka. Esse sono le sostanze aromatiche e i lipidi saturi del caffè che hanno azione irritante nei soggetti sensibili, particolarmente quelli che hanno una propensione verso una più alta attività surrenale.

Per quanto riguarda l’aspetto nutrizionale, il caffè non è assolutamente necessario al nostro organismo, ma le sue azioni sul metabolismo lo rendono utilizzabile anche come farmaco, secondo precise indicazioni.

Gli effetti biologici della caffeina (che perdurano mediamente fino a dodici ore) sono: stimolazione del sistema nervoso centrale (con aumento delle facoltà mentali e diminuzione della stanchezza e della sonnolenza), aumento della pressione sanguigna e della secrezione acida dello stomaco (quindi favorisce la digestione), mobilizzazione dei depositi adiposi, potenziamento della capacità di contrazione muscolare (quindi adatto agli sportivi).

Altri effetti positivi sono sui reni che, grazie alla dilatazione arteriosa provocata, filtrano maggiormente, potenziando la diuresi. Per questo motivo e per la capacità di attivare il metabolismo generale, il caffè può considerarsi un alimento dimagrante. Esso, infatti, stimola la tiroide con conseguente maggiore consumo di glucosio e catabolismo dei grassi di deposito.

Infine, grazie alla presenza di numerosi alcaloidi, il caffè può avere azione antidolorifica.

A conti fatti, quindi, il caffè è sicuramente la “droga” più diffusa nel mondo!

Dal lontano Yemen, nei secoli, “’a tazzulella ‘e ccafè” è divenuta, oltre che un irrinunciabile piacere, un vero e proprio rito quotidiano dagli importanti risvolti anche sociali.

Non per nulla, a Napoli, esiste da sempre l’usanza del “caffè sospeso”, ovvero lasciare in cassa un caffè pagato per chi, eventualmente, non potesse permetterselo in quel momento.

E allora…”Signori, caffè?”

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31 Dicembre 2024

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