Ai primi di dicembre, nell’aula magna dell’ Univeristà statale di Milano, dalle mani del rettore hanno ricevuto una laurea “honoris causa” in comunicazione pubblica. Le loro dichiarazioni sono state “esemplari”.
Per l’inaugurazione dell’anno accademico 2014-2015, l’aula magna dell’università Statale di Milano era strapiena. Motivo: i giornali avevano scritto che durante la cerimonia il rettore Gianluca Vago avrebbe attribuito tre lauree “honoris causa”, in comunicazione pubblica, ai tre preti ’di frontiera’ più popolari d’Italia: don Virginio Colmegna (presidente della “Casa della Carità”) , don Gino Rigoldi (“Comunità Nuova”) entrambi di Milano e il torinese don Luigi Ciotti, fondatore del “Gruppo Abele” e di “Libera”, l’associazione contro le mafie.
Erano presenti anche il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e il presidente del Senato, Pietro Grasso, che ha dedicato poche ma sincere parole ai suoi “tre amici”, come li ha definiti. Abbiamo bisogno di persone come loro – ha detto Grasso – persone che con il loro senso di responsabilità e il loro spirito etico danno l’esempio alle giovani generazioni per cambiare il Paese”.
Tre grandi preti, o meglio tre belle persone che a prescindere dalla loro professione si sarebbero comunque imposti all’opinione pubblica per la loro intelligenza, umanità, sensibilità e onestà intellettuale. E a sostegno di quanto detto, ecco le loro dichiarazioni – tutte di grande spessore umano e intellettuale – al momento di ricevere la laurea.
Don Gino Rigoldilancia un appello a Papa Francesco e sentite cosa dice: “Il sacramento della confessione va cambiato. Se un giovane mi dice che domenica non è andato a messa, o che ha fatto sesso fuori dalle regole o che ha visto qualche (film strano) in tv – spiega il cappellano del carcere Beccaria di Milano– questi sono cattivi comportamenti ma non sono peccati, non tradiscono il Vangelo”. E aggiunge: “Dio non si incazza per queste piccolezze. E a volte anche noi preti, facciamo queste cose qui” .
E queste le autorevoli parole di don Virginio Colmegna:” Il problema delle case popolari occupate abusivamente e degli sgomberi va affrontato con grande impegno e responsabilità . La situazione delle periferie – che sono il polmone che pulsa e che oggi soffre moltissimo – e’ particolarmente drammatica e Milano sta esplodendo. Qui si avverte il dramma della gente e si rischia di scatenare una guerra tra i poveri.Adesso non si puo’ piu’ aspettare – ha concluso don Colmegna – e bisogna affrontare i problemi e vedere come risolverli. Per troppo tempo chi doveva occuparsi di questa emergenza non lo ha fatto. E adesso servono riposte coraggiose capaci di dare casa, dignita’ e rispetto a chi ha più bidogno”.
E per finire ecco cosa ha detto don Luigi Ciotti: «Ho sempre cercato di saldare la terra al cielo», dice allargando le braccia un po’ sconsolato. «Non chiamateci preti di strada! Noi siamo preti e basta. Ogni ulteriore qualifica – preti antimafia, preti antidroga eccetera – è di troppo. Dire preti di strada – aggiunge – non ha senso perché il Vangelo e la strada sono inseparabili. Nella parola prete è implicita la parola strada! Preparate la strada del Signore, dice il Vangelo di Marco. La strada è incontro con Dio e incontro con le persone, è, appunto, la saldatura di terra e cielo». Una piccola riflessione: ma il linguaggio e la sostanza di quanto detto da questi tre preti… di strada, perché non le abbiamo mai sentite dire dai politici?