La nuova polemica avanzata da Donald Trump nei confronti dei regimi di web tax assunti dai paesi membri dell’Ue, sembra paradossale, considerando la politica economica protezionistica avanzata in primis dalla sua amministrazione sin dall’inizio del mandato, che ha messo a dura prova l’equilibrio dei mercati internazionali. Intanto nell’aria aleggiano i sentori di un’ulteriore guerra commerciale tra Unione Europea e States. Dopo l’introduzione dei superdazi di Trump sui prodotti Made in Europe che oscillano dal 10 al 25% su una gamma di prodotti dal valore pari a 7,5 miliardi di importazioni, è lo stesso presidente a ribellarsi contro la digital tax sui big Usa del web; monito che non coinvolgerà solo la Francia, minacciata di tariffe punitive fino al 100% sui 2,4 miliardi di dollari di importazioni nei paesi della federazione, ma anche Austria, Turchia e Italia, che nella sua Legge di Bilancio 2020, ha previsto un’aliquota del 3% sui colossi del web.
“Gli Usa agiranno contro i regimi di web tax” che discriminano le società americane come Google, Apple, Facebook e Amazon, ha fatto sapere il segretario al Commercio Robert Lighthizer, proprio alla vigilia del summit NATO a Londra, e a poche ora dal bilaterale con il Presidente francese Emmanuel Macron, le cui dichiarazioni circa la “morte cerebrale” del Patto Atlantico, non aiutano a distendere le tensioni tra i due paesi. La notizia arriva dagli Stati Uniti allo scadere dei 90 giorni di tregua previsti con Parigi per trovare un accordo sulla questione web tax. Intanto il Ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire, ha definito inaccettabili le minacce statunitensi, e ha aggiunto: “non è il comportamento che ci si aspetta dagli Stati Uniti nei confronti di uno dei suoi principali alleati, la Francia e più generalmente dell’Europa”. Sicuramente il protezionismo testimonia una retrocessione ideologica, oltre che una lenta erosione dei rapporti, e di certo non giova all’economia dei singoli paesi, basti pensare che dalla Coldiretti hanno stimato un calo complessivo del 20% delle vendite dei prodotti agroalimentari Made in Italy colpiti dai superdazi di Trump, perciò è necessario rendersi fautori della cultura del libero mercato.