Trump e Biden, duello tv a distanza
Duello tv a distanza tra Donald Trump e Joe Biden a poco più di due settimane dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Il 15 ottobre doveva essere il giorno del secondo dibattito, invece – dopo aver annunciato a inizio mese di essere positivo al coronavirus ed essere stato ricoverato per tre giorni in ospedale – Trump era a Miami, in Florida, a rispondere agli elettori tramite la Nbc. Biden era a Philadelphia, in Pennsylvania, sotto i riflettori della Abc.
Donald Trump ha negato di conoscere il movimento QAnon, affermando di aver “denunciato il suprematismo bianco per anni”. “Ma si inizia sempre con questa domanda, nessuno chiede a Joe Biden se condanna gli Antifa”, ha detto il presidente americano.
“Denuncio i suprematisti e questa gente di sinistra che brucia le nostre città”, ha detto ancora Trump, senza risparmiare accuse ai democratici. E poi – incalzato su QAnon dalla moderatrice Savannah Guthrie, star della serata – ha insistito: “Non ne so nulla. So che sono contro la pedofilia, che la combattono con fermezza. Ma non ne so nulla”.
Poi, sull’emergenza coronavirus, un chiaro riferimento a quando Joe Biden veniva accusato di nascondersi nel ’basement’ della sua casa in Delaware nel mezzo della pandemia. “Sono il presidente. Devo incontrare le persone. Non posso stare nel seminterrato – ha scandito – Non posso stare in una stanza. Devo stare fuori”.
Trump ha risposto anche a domande sul fisco. “L’Internal Revenue Service (Irs) mi tratta molto male. Mi trattano molto, molto male”, ha ripetuto, aggiungendo che “ci sono persone delle precedenti Amministrazioni” alle quali “piace cambiare le regole, fare di tutto”.
Il tycoon ha smentito le notizie del The New York Times di fine settembre secondo cui avrebbe pagato nel 2016 e nel 2017 – i primi due anni di presidenza – appena 750 dollari di tasse sul reddito e avrebbe accumulato un debito di 400 milioni di dollari.
Quanto al voto, Trump ha detto che accetterà una “transizione pacifica” qualora dovesse uscire sconfitto dalle elezioni presidenziali, ma non in caso di brogli elettorali. “La risposta è sì, lo farò – ha affermato il presidente americano rivolgendosi agli elettori durante il town hall della Nbc – ma voglio siano elezioni oneste”. “Quando vedo migliaia di schede elettorali gettate nella spazzatura – ha incalzato – non sono contento”. Poi ha aggiunto: “Sento davvero che vinceremo, ma voglio siano elezioni pulite”.
“Transizione pacifica… Assolutamente sì, ma idealmente non voglio una transizione perché voglio vincere”, ha detto ancora il presidente che nelle scorse settimane si era rifiutato di garantire una “transizione pacifica dei poteri” e aveva insistito sulla possibilità di non riconoscere risultati elettorali a lui avversi.
Nel duello tv a distanza, Joe Biden sulla Abc ha contestato Trump sulla politica estera, una politica che merita “un poco, ma non molto credito”. “Ci ritroviamo meno sicuri di quanto eravamo – ha affermato Biden da Philadelphia, rispondendo in particolare sulla mediazione americana per facilitare i negoziati tra Israele e i Paesi arabi – Faccio i complimenti al presidente per il recente accordo, ma se guardate bene non godiamo di molta fiducia nel mondo”.
In quello che The Hill ha definito come un appuntamento “calmo” con gli elettori, Biden ha risposto a domande a tutto campo dalla giustizia ai cambiamenti climatici passando per la pandemia di coronavirus.
“Mi presento come democratico, ma sarò un presidente americano” ha detto Biden. Il suo, ha sottolineato il Washington Post, è sembrato un dibattito accademico, ben diverso dal townhall con Trump sulla Nbc. “Mi occuperò di coloro che hanno votato contro di me così come di chi ha votato per me – ha aggiunto – E’ quello che fanno i presidenti. Dobbiamo curare questo Paese”.
“Quello che farò se eletto presidente, come prima cosa, e non scherzo, sarà chiamare” i repubblicani, ha proseguito l’ex vice presidente, convinto della necessità di “ascoltare l’altro”.
Biden ha poi insistito sull’importanza di indossare la mascherina nel mezzo della pandemia di coronavirus. “Le parole di un presidente contano – ha rimarcato – E quando un presidente non indossa la mascherina o prende in giro persone come me la gente poi pensa: ’Beh, non deve essere importante’”. Poi ancora l’accusa a Trump: “Siamo in una situazione con più di 210.000 morti e cosa fa? Niente”.
Il candidato democratico non ha però sciolto il nodo sulla Corte Suprema. Gli elettori, ha detto, “hanno il diritto di sapere la mia posizione” e la conosceranno “prima di votare”. Ma, secondo i dati diffusi ieri dall’Us Elections Project, sono già almeno 14 milioni gli elettori americani che hanno già votato per posta e nel voto anticipato.
Il secondo dibattito tra Trump e Biden è previsto per il 22 ottobre.
Brexit, Ue: “Gb faccia mossa per avere accordo”
Il Consiglio Europeo “invita” il capo negoziatore dell’Ue Michel Barnier a continuare i negoziati con il Regno Unito sulla relazione futura “nelle prossime settimane” e “fa appello” al governo britannico affinché “faccia le mosse necessarie per rendere possibile un accordo”. Lo riportano le conclusioni sulla Brexit adottate dai capi di Stato e di governo dell’Ue, riuniti a Bruxelles.
I leader notano “con preoccupazione” che non sono stati fatti abbastanza progressi per raggiungere un accordo sulle “questioni chiave” per l’Ue, in particolare “la concorrenza leale, la governance e la pesca”. L’Unione ricorda che l’accordo di ritiro e i suoi protocolli “devono essere attuati in pieno e puntualmente”.
I leader invitano tutti i portatori di interesse poi a prepararsi per “tutti gli scenari, incluso il no deal” e chiedono alla Commissione di preparare misurare unilaterali e temporanee di emergenza “nell’interesse dell’Ue”, che dovrebbero riguardare soprattutto il settore dei trasporti. I capi di Stato e di governo, riferiscono fonti Ue, hanno espresso “totale sostegno” a Michel Barnier e al suo approccio ai negoziati. Sulla Brexit, tra i leader “prevalgono la solidarietà e l’unità”.
L’Ue a 27 ha una “chiara preferenza per un accordo”, ma “resterà unita sul level playing field”, cioè la concorrenza leale nel mercato interno, specie per quello che riguarda gli aiuti di Stato, “la pesca e la governance”. Ciò nonostante, gli Stati membri chiedono che la Commissione “si prepari per l’eventualità che non ci sia un accordo” entro la fine del periodo di transizione.
Nei colloqui tra Ue e Regno Unito sulla relazione futura “ci sono tre materie sulle quali le distanze sono” tuttora “grandi: il level playing field, la governance e la pesca – ha detto il capo negoziatore dell’Ue Michel Barnier, in videoconferenza stampa a margine del Consiglio Europeo – C’è molto lavoro da fare: lunedì prossimo saremo a Londra e la settimana successiva saremo a Bruxelles per negoziare in modo intensivo, per arrivare a fine ottobre all’accordo che desideriamo”, anche se “non” sarà un accordo “ad ogni costo”.
Il “level playing field”, la concorrenza leale, è una questione cruciale nei negoziati con Londra sulla relazione futura con l’Ue, perché la riacquistata “sovranità” britannica, che Bruxelles “rispetta”, non deve diventare un mezzo per fare “dumping”, concorrenza sleale a danno delle imprese europee, ha spiegato Barnier.
“Non siamo alla fine del negoziato – ha detto Barnier, che ha rappresentato la Commissione dopo che Ursula von der Leyen è dovuta tornare in autoisolamento – il level playing field è sempre stato il cuore delle regole del gioco. I Paesi europei sono pronti ad aprire” il mercato unico alle imprese britanniche, ma “desideriamo semplicemente che la sovranità legislativa non possa essere usata come strumento di dumping”.
I negoziati sono difficili perché, ha continuato Barnier, “è la prima volta che negoziamo con un Paese terzo in un contesto di divergenza e non di convergenza delle regole. Se il Regno Unito vuole accesso senza tariffa e quote al mercato unico, questa divergenza sarà ragionevole?”. Su questo serviranno “trasparenza è informazione”.
Occorrerà inserire nel trattato “principii precisi per avere l’assicurazione dell’enforcement”, con “autorità” indipendenti e “un meccanismo efficace per la risoluzione delle controversie. Abbiamo molto lavoro da fare. Siamo rispettosi della sovranità britannica”, ma Londra deve “rispettare” l’Ue. Barnier è comunque convinto che, lavorando, si possa “costruire un quadro trasparente per una concorrenza libera ed equa”.
Caso pescatori, l’avvocato dell’ambasciata libica a Roma: “Haftar non chiede nulla”
“A noi non risulta che Khalifa Haftar” abbia avanzato richieste sul caso degli equipaggi dei pescherecci italiani sequestrati a inizio settembre a Bengasi, in Libia. Lo ribadisce ad Aki – Adnkronos International l’avvocato Michele Andreano, incaricato dall’ambasciata libica a Roma di seguire il caso dei quattro libici partiti cinque anni fa da Bengasi e condannati in Italia come assassini e trafficanti di migranti nonché di seguire il ricorso in Cassazione di uno dei giovani con l’avvocato Francesco Turrisi di Catania. La loro storia si intreccia ormai da settimane con quella degli equipaggi dei pescherecci.
Andreano, che ben conosce la Libia e le sue complessità e che ha difeso tanti libici nelle carceri italiane, accetta di parlarne. E, “da uomo e da italiano”, si impegna a “intercedere con tutti i suoi amici e colleghi a Bengasi per fare quanto possibile” per la vicenda dei pescatori di Mazara del Vallo.
“Ci risulta – ripete il noto penalista romano – che la Guardia Costiera libica ha intercettato due pescherecci a 35 miglia dalle acque libiche. Hanno sequestrato i pescherecci come sempre accaduto storicamente. Adesso faranno serenamente tutte le valutazioni del caso. E siccome la Libia è in stato di guerra, tutto il fascicolo è davanti al procuratore militare”. La prima udienza è attesa a giorni.
“Sono stati fermati perché hanno violato leggi libiche – insiste Andreano – Non è che la Libia non abbia diritto a fermare chi sconfina nelle proprie acque territoriali”.
Fonti bene informate in vista della prima udienza, attesa “a giorni”, al tribunale militare anticipano che la difesa dei marittimi chiederà il dissequestro di uno almeno dei due pescherecci bloccati, la liberazione del suo equipaggio e il trasferimento del caso alla Procura ordinaria.
E’ stato intanto depositato il ricorso per Cassazione dalla difesa di Abd Arahman Abd Al Monsiff, uno dei ragazzi libici partiti cinque anni fa da Bengasi sognando il calcio italiano e condannati in Italia come assassini e trafficanti di migranti nell’ambito di una storia – la cosiddetta ’Strage di Ferragosto’ raccontata nel film ’Fuocoammare’ – che si intreccia ora con quella degli equipaggi dei due pescherecci italiani sequestrati in Libia. “Ci sono nette contraddizioni nelle motivazioni che portano a una condanna così severa”, dice ad Aki – Adnkronos International l’avvocato Andreano, incaricato dall’ambasciata libica a Roma di seguire il caso nonché il ricorso in Cassazione di Al Monsiff con l’avvocato Francesco Turrisi di Catania.
I giovani libici sono stati condannati a 30 anni di carcere per traffico di esseri umani e per la morte in mare di 49 migranti. La difesa considera “assolutamente infondate 13 motivazioni”, ritiene “le sentenze di primo e secondo grado totalmente infondate per poter dichiarare una penale responsabilità con una pena così gravosa”, dice il noto penalista romano.
“E’ chiaro che in Libia si continua a usare la carta” degli equipaggi dei pescherecci italiani sequestrati il primo settembre al largo della costa libica “per reclamare la liberazione” dei quattro giovani libici partiti cinque anni fa da Bengasi e condannati in Italia come assassini e trafficanti di migranti. E “finché in Italia non si cambierà anche postura nei confronti del caso dei libici è difficile che ci possa essere una svolta nel caso dei pescatori”, sostiene Claudia Gazzini, esperta di Libia dell’International Crisis Group (Icg).
Le due vicende sono state nuovamente accostate nelle ultime ore in dichiarazioni di un alto esponente delle forze al comando del generale Khalifa Haftar riportate in forma anonima dal sito di notizie emiratino ’Al-Ain’. “Quello che stupisce dell’Italia è che la posizione italiana sembra quella di non prendere in considerazione, quasi in modo automatico, la possibilità che questi libici possano in realtà essere innocenti”, dice Gazzini ad Aki – Adnkronos International, convinta da sempre che il loro caso vada “rivisto”.
Per la Libia sono “calciatori”, non scafisti. “Non erano trafficanti professionisti o scafisti, erano atleti professionisti – ha più volte sottolineato l’esperta, che si è interessata al caso nel 2016 – Un po’ sprovveduti”. Poi cosa sia successo su quel barcone è un’altra storia. La cosiddetta ’Strage di Ferragosto’ raccontata nel film ’Fuocoammare’. “Pensiamo veramente che Haftar possa fare tutto questo a difesa di veri e propri criminali e scafisti? Secondo me – dice Gazzini – non lo farebbe se non pensasse veramente che questi ragazzi sono detenuti in Italia con una condanna sbagliata”.
Poi, osserva Gazzini, “non c’è dubbio che la situazione dei pescatori sia una questione politica, però al contempo lasciare la situazione così com’è e rimanere asserviti alle richieste di Haftar non tutela i pescatori in Libia né tantomeno le loro famiglie”. “Nominare un avvocato libico – conclude – potrebbe almeno portare a un maggiore accesso e maggiori contatti tra le famiglie e i pescatori”.
Berlino, tribunale dà ragione a bar e ristoranti:niente stop alle 23
l Tribunale amministrativo di Berlino ha accolto l’azione promossa da alcuni locali di Berlino in contestazione della misura di coprifuoco in vigore nella capitale per frenare i contagi. Stando a fonti citate dalla Bild, 11 esercizi commerciali del settore della ristorazione potranno restare aperti dopo le 23.00. I promotori dell’azione sostenevano che non vi è alcuna giustificazione convincente per la chiusura dei locali e che il coprifuoco – con divieto di vendita di alcolici e di riunione di più di cinque persone all’aperto dopo le 11 – non potrà che garantire che i giovani si spostino in altri luoghi dove non esiste alcun rispetto delle norme di igiene.
La Germania oggi ha registrato oltre 7.300 nuovi casi di coronavirus, un nuovo preoccupante record per il Paese. Il bollettino dell’Istituto Robert Koch parla anche di altri 24 decessi. In totale si contano 348.557 contagi dall’inizio dell’emergenza sanitaria in Germania, con 9.734 vittime. Stando ai dati aggiornati a ieri sono 655 i pazienti in terapia intensiva, con 329 persone che hanno bisogno di supporto respiratorio. I pazienti guariti sono invece 287.600.