Detto, fatto. In attesa della conclusione delle guerre sparse per il mondo, il neoeletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non perde tempo in politica interna. Prima ancora del suo insediamento ufficiale, dà concretezza alle promesse sulla lotta agli immigrati irregolari o colpevoli di reato. Recentemente, il Wall Street Journal ha diffuso la notizia riguardante quello che potrebbe essere il suo primo provvedimento: una dichiarazione di emergenza nazionale. Questa misura permetterebbe al governo di accedere ai fondi del Pentagono e utilizzare mezzi e strutture militari per attuare quella che è stata definita una vera e propria deportazione, senza badare a spese.
“Non è una questione di costi quando persone hanno ucciso, quando signori della droga hanno distrutto paesi. Ora stanno per tornare in quei paesi, non resteranno qui”, ha detto il tycoon con orgoglio, motivato a rendere il proprio paese più sicuro e forte. Il tema fondante la propria campagna elettorale ha fatto presa sugli stessi immigrati, cittadini a loro volta attanagliati dall’aumento del costo della vita e dal timore di perdere il proprio lavoro. La sicurezza e il rilancio dell’economia nazionale, sostenuti da muri e dazi, hanno convinto la maggioranza degli elettori, stanchi di sentire aiutare “gli altri”.
Trump ha annunciato ieri che Tom Homan sarà il nuovo capo dell’Ice, Immigration and customs enforcement, ovvero l’agenzia che si occupa di gestire gli immigrati. Homan è un ex poliziotto conosciuto per la sua fermezza, che lo stesso Trump ha ribattezzato “zar delle frontiere”, utilizzando non troppo casualmente quel termine russo che lo avvicina tanto a Putin. “Sarà responsabile di tutte le espulsioni di immigrati illegali verso i loro paesi d’origine”, ha proseguito il nuovo presidente, consapevole che svolgerà egregiamente il proprio lavoro. Homan aveva già avvertito “i milioni di immigrati illegali” presenti sul territorio, in occasione della convention repubblicana dello scorso luglio, nel corso della quale li aveva invitati a “fare le valigie”.
La volontarietà delle partenze sarà probabilmente il principio cardine della nuova normativa, incentivata dalla possibile eliminazione del divieto di ritorno negli Stati Uniti per dieci anni, il cosiddetto “bar of reentry”, che penalizza chi ha soggiornato illegalmente nel paese per un periodo prolungato. Attualmente, chi ha vissuto senza permesso per oltre un anno e lascia il territorio americano rischia il divieto di rientro decennale. L’eliminazione di questa misura offrirebbe a chi si allontana la possibilità di tornare negli Stati Uniti in modo regolare.
Nonostante le posizioni rigide, diversi latinos e immigrati conservatori hanno sostenuto Trump, vedendo nelle sue proposte una difesa dei valori tradizionali, come la religione e la famiglia. Il tycoon è riuscito a creare una “coalizione multietnica della classe operaia”, ritiene William A. Galston della Brookings Institution su El Pais USA edition, con latini e afroamericani uniti dalla comune “frustrazione per l’incertezza economica e l’aumento dei prezzi”, due fattori che hanno colpito prepotentemente anche queste comunità. La postura di Trump forte, incisiva, unita a marcata determinazione, ha colpito decisi e indecisi.
Undici milioni di clandestini, secondo l’ultimo dato stimato risalente al 2022, iniziano a tremare.