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Trump: “Molestie sessuali? Altre fake news”

Trump: “Molestie sessuali? Altre fake news”

cms_7938/trump_applauso_afp.jpgDopo aver fallito con il Russiagate, i democratici ci provano con “le false accuse” di molestie sessuali. Così, con un tweet mattutino, Donald Trump accusa i democratici di essere dietro al rilancio delle accuse di molestie sessuali che gli erano state già fatte durante la campagna elettorale.

“Nonostante le migliaia di ore ed i molti milioni di dollari spesi, i democratici non sono in grado di mostrare alcuna collusione con la Russia – ha scritto il presidente sostenendo un presunto fallimento dell’inchiesta guidata dal procuratore speciale Robert Mueller – così ora si sono spostati sulle false accuse e le storie inventate da donne che io non conosco e non ho mai incontrato”.

Trump è poi partito all’attacco di Kirsten Gillibrand, la senatrice che è una della sessanta democratiche che hanno firmato la lettera con cui viene chiesto di avviare un’inchiesta del Congresso sulle denunce di molestie sessuali rivolte a Trump. In un altro tweet ha definito la democratica, spesso indicata come possibile candidata alle prossime presidenziali, “un peso piuma ed una leccapiedi di Chuck Schumer”, ed ha affermato che “non molto tempo fa si presentava nel mio ufficio implorando contribuiti per la sua campagna”.

“Ora è sul ring combattendo contro Trump”, ha aggiunto, ricordando anche la “slealtà nei confronti di Bill e Crooked”, riferendosi al fatto che Gillibrand, dopo lo scoppio dello scandalo Weinstein e l’avvio del movimento #Metoo, ha detto che negli anni novanta i democratici hanno sbagliato a sostenere Bill Clinton ai tempi del Sexgate.

Gillibrand ha replicato subito su Twitter a Trump, affermando che il presidente non può con i suoi attacchi “zittire me e milioni di donne” che dicono che “ha portato la vergogna nello Studio Ovale”.

Ullah l’elettricista, chi è l’attentatore di Manhattan

cms_7938/manhattan_port_authority_afp_4.jpgDice di aver agito per vendetta, ispirandosi ai soldati dell’Isis. Ma il suo piano di farsi saltare in aria nel sottopassaggio dei bus a Port Authority, a Manhattan, è andato in frantumi in pochi minuti. Akayed Ullah, il mancato stragista che ieri mattina si è recato tra la 42esima e l’Ottava Avenue a New York per dare vita al suo disegno diabolico, non è riuscito a seminare distruzione nel cuore pulsante della Grande Mela. Solo una delle ’pipe bomb’ che lui stesso aveva confezionato è parzialmente esplosa, ferendo quattro persone. Ma chi è Ullah e perché voleva farsi esplodere?

27 anni, originario del Bangladesh, Ullah viveva a Brooklyn da sette anni e in passato aveva lavorato come tassista. Nel 2011, scrive la Cnn, era entrato negli Stati Uniti con un F43 family immigrant Visa, un permesso che viene rilasciato ai figli di immigrati che hanno già un parente cittadino degli Stati Uniti, che li ’sponsorizza’. Recentemente aveva effettuato dei lavori come elettricista vicino a Port Authority, il luogo del fallito attentato, assieme a suo fratello che, secondo le forze dell’ordine, vivrebbe nello stesso edificio in cui abita Ullah.

Ieri il giovane è rimasto ferito nell’esplosione, riportando lacerazioni e bruciature sulle mani e sull’addome ed è stato trasportato al Bellevue Hospital. Per il New York Post, che cita fonti di polizia, il 27enne si sarebbe ispirato all’Isis. Dal letto di ospedale avrebbe detto di voler colpire perché “stanno bombardando il mio Paese”.

LA PIPE BOMB – Ullah avrebbe avuto addosso due ordigni: la ’pipe bomb’, una bomba rudimentale chiamata anche tubo-bomba che avrebbe fabbricato da sé nel proprio appartamento di Brooklyn e un giubbotto esplosivo con fili che uscivano dall’indumento.

PERCHE’ HA AGITO? – Ullah ha riferito agli inquirenti di aver agito per vendetta. A motivarlo, secondo una fonte della polizia citata dalla ’Cnn’, sarebbero state anche le recenti azioni israeliane a Gaza, che avrebbero spinto il mancato attentatore a portare a termine i suoi piani. Secondo la fonte, Ullah ha detto di essere rimasto sconvolto dall’”incursione a Gaza”, ma non ha precisato a quale incursione si riferisse.

Lo scorso fine settimana l’esercito israeliano ha lanciato attacchi aerei nella striscia di Gaza dopo che diversi razzi erano stati lanciati da Gaza verso Israele. Il tutto è avvenuto nel clima già arroventato in Medio Oriente, dopo la decisione del presidente statunitense Donald Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele. Secondo un funzionario della polizia a contatto diretto con l’inchiesta, parlando con le autorità Ullah avrebbe giurato fedeltà al sedicente Stato islamico.

LA LICENZA SCADUTA – Dal marzo 2015 Ullah era in possesso della licenza da tassista che gli era stata rilasciata dalla New York Taxi and Limousine Commision, un’agenzia newyorkese che gestisce la concessione di licenze e regolamenti per i taxi e le aziende di veicoli a noleggio, comprese quelle che operano su app. Scaduta nel marzo 2015, la licenza di Ullah non era stata più rinnovata. Il 27enne, tuttavia, non conduceva uno dei tanti taxi gialli newyorkesi.

“Dato che tassisti e conducenti di veicoli a noleggio sono lavoratori autonomi, non ho modo di sapere se Ullah ha mai guidato, o se ha solo ottenuto la licenza e poi non si è mai messo al volante”, ha detto il vice commissario per gli affari pubblici di New York, Allan J. Fromberg -. Detto questo, dal momento che era in possesso di una patente FHV (quella che autorizza a condurre solo veicoli a noleggio, ndr) se guidava, sappiamo che il suo veicolo non poteva essere un taxi giallo”.

“ABITA NELLO SCANTINATO” – Secondo Alan Butrico, un uomo che possiede uno degli edifici siti accanto a quello in cui Ullah vive con la famiglia, il 27enne abiterebbe in uno scantinato, la sorella al primo piano e il fratello all’ultimo. I vicini di casa di Ullah hanno riferito a Butrico che qualche notte fa hanno sentito qualcuno litigare e urlare nell’abitazione.

“Boko Haram è stato sconfitto”

cms_7938/boko_haram_afp.jpgNegli ultimi sei mesi in Nigeria sono stati uccisi un centinaio di militanti di Boko Haram, tra cui cinque importanti comandanti, mentre altri 72 si sono consegnati. Lo ha reso noto il comandante uscente dell’operazione “Lafiya Dole”, Ibrahim Attahiru, secondo cui il gruppo si può definire tecnicamente sconfitto, mentre il territorio sotto il suo controllo nello Stato del Borno è stato liberato.

Dal canto suo, in una conferenza stampa, il nuovo comandante dell’operazione, il generale Rogers Nicolas ha rivolto un appello agli ultimi militanti perché si arrendano.

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13 Dicembre 2017