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Trump non legge i dossier, solo spiegazioni a voce per Donald

Trump non legge i dossier, solo spiegazioni a voce per Donald

cms_8387/trump.jpgDonald Trump non legge quasi mai i rapporti dell’intelligence. Il presidente vuole essere aggiornato a voce, magari con l’ausilio di foto e video. E’ il quadro che il Washington Post delinea dopo un anno abbondante di presidenza. La lettura dei corposi dossier noti come PDB, riferisce una fonte, non è mai stato il “metodo di apprendimento” preferito da The Donald.

Sempre più spesso, quindi, il presidente è stato informato con briefing orali in cui le informazioni classificate sono state sintetizzate e riassunte. Per garantire comunque un aggiornamento completo, nei limiti del possibile, all’esposizione orale vengono abbinati video e foto.

Ufficialmente, l’amministrazione fa sapere che Trump riceve informazioni complete -’full briefings’- e fa notare che, in passato, i presidenti hanno utilizzato metodi e soluzioni differenti. La documentazione sottoposta al presidente, tradizionalmente ricca e voluminosa, contiene -secondo gli esperti- elementi che consentono al lettore di costruire un fondamentale background.

Nell’amministrazione Trump, i rapporti vengono consegnati ad una serie di figure chiave, compresi il consigliere H.R. McMaster, il segretario alla Difesa Jim Mattis e il segretario di Stato Rex Tillerson.

Come è stato evidenziato in passato da Leon Panetta, ex direttore della Cia ed ex segretario alla Difesa, i briefing orali potrebbero portare il presidente a non cogliere dettagli importanti: “Qualcosa va perduto. Se, per qualche ragione, il suo istinto relativo ad un’azione non è sostenuto dall’intelligence perché lui non si è preso il tempo necessario per leggere il rapporto, aumentano i rischi che commetta un errore. Può avere le persone più brillanti intorno a sè: alla fine, però, sarà lui a decidere”.

Schulz rinuncia agli Esteri

cms_8387/schulz.jpgMartin Schulz rinuncia alla carica di ministro degli Esteri nel governo tedesco. Come riferisce l’agenzia Dpa, il presidente della Spd ha annunciato la rinuncia, legata alla forte pressione esercitata dalla base del partito, con una comunicazione scritta.

La discussione interna alla Spd, in relazione all’incarico, ha spiegato, mette a rischio la possibilità di ottenere il sostegno della base nella votazione sull’accordo per la Grande Coalizione raggiunto mercoledì tra conservatori e socialdemocratici. “Per questo – ha chiarito Schulz – rinuncio ad entrare nel governo e auspico di tutto cuore, allo stesso tempo, che con questo si ponga fine al dibattito interno alla Spd“.

Da mercoledì, all’interno dello schieramento si sono alzate voci contrarie all’ingresso di Schulz nell’esecutivo. Secondo la Bild, al presidente sarebbe stato posto un ultimatum dai vertici del partito, con la richiesta di rinunciare all’incarico.

“Tutti facciamo politica per il popolo di questo Paese. Ciò significa che le mie ambizioni personali vengono dopo gli interessi del partito”, ha aggiunto Schulz, che in settimana aveva già annunciato la decisione di cedere la guida della Spd all’attuale capogruppo parlamentare, Andrea Nahles.

In passato, e in particolare lo scorso anno, l’ex presidente dell’Europarlamento aveva escluso la possibilità di entrare a far parte di un esecutivo guidato da Angela Merkel. L’ingresso nel governo, annunciato dopo l’accordo di mercoledì, aveva provocato la reazione stizzita dell’attuale responsabile degli Esteri, Sigmar Gabriel, secondo cui Schulz avrebbe “mancato alla parola data”. Gabriel a gennaio ha ceduto la guida della Spd e ha rinunciato ad essere il rivale di Angela Merkel alle elezioni, approdando al ministero degli Esteri.

Con il passo indietro, Schulz auspica di ottenere il via libera alla Grande Coalizione dai 460.000 militanti della Spd che sono chiamati ad esprimersi in un referendum vincolante. I risultati della consultazione, che inizierà il 20 febbraio, saranno resi noti il 4 marzo.

Missili e giochi: Corea a due facce

cms_8387/nordcorea_missile.jpgAtleti e cheerleader, parate e missili. La Corea del Nord mostra al mondo la sua doppia faccia. Così, alla vigilia della cerimonia d’apertura dei 23esimi Giochi Olimpici invernali di Pyeongchang al via oggi, mentre la delegazione nordcoreana, tra cui 22 atleti, veniva accolta tra balli e musica in Corea del sud, a Pyongyang il clima era decisamente meno festoso e si respirava un’atmosfera molto poco olimpica.

Migliaia di militari hanno sfilato nel gelo davanti al leader nordcoreano Kim Jong-un per celebrare il 70mo anniversario della nascita delle Forze armate. Protagonista assoluto della parata è stato l’Hwasong-15, il missile intercontinentale testato due volte nel 2017. Tutto questo nello stesso giorno in cui al villaggio, nella cittadella degli atleti a Gangneung, veniva issata la bandiera nordcoreana durante la ’welcome ceremony’.

Gli esperti, basandosi sulle immagini diffuse dalla tv nordcoreana in quanto nessuna testata straniera è stata ammessa all’evento, hanno segnalato anche la presenza dell’Hwasong-14. Impossibile, però, capire se i missili schierati possano essere effettivamente operativi.

E, mentre Kim mostra i muscoli in patria, la diplomazia non si ferma. Questa mattina è arrivata all’aeroporto internazionale Incheon la delegazione ufficiale nordcoreana di cui fa parte Kim Jo Jong, la sorella del leader nordcoreano.

E stasera al ricevimento organizzato dal presidente sudcoreano Moon jae-in ci sarà anche il presidente nordcoreano Kim Yong-nam, l’esponente politico di più alto grado della Corea del nord. Pyongyang prova così a mostrare un volto più dialogante senza rinunciare però a esibire missili in patria, ennesima prova di forza sotto gli occhi del mondo.

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10 Febbraio 2018