Traduci

TURCHIA, PARLAMENTO APPROVA INVIO DI TRUPPE IN LIBIA

L’offensiva lanciata il 4 aprile scorso dal generale Khalifa Haftar, uomo forte della Cirenaica, ai danni del governo tripolino di Fayez al-Serraj – unico governo riconosciuto dalla comunità internazionale in seno all’ONU – è riuscita più volte a colpire la capitale e le sue infrastrutture, finendo sempre per essere arrestata dalle milizie lealiste. Già da mesi è nota la presenza di forze straniere sul campo a sostegno del governo di Tobruk (dai contractors russi della Wagner alle forze aeronautiche degli Emirati Arabi Uniti, fino agli aiuti egiziani), ma la decisione presa ieri dal Parlamento turco rischia di far precipitare il conflitto verso una nuova escalation internazionale. Oppure di contro-bilanciare le forze sul terreno di battaglia. La mozione firmata dal presidente turcoRecep Tayyip Erdogan lunedì e inviata subito in Parlamento esprimeva preoccupazione per la costante minaccia terroristica cui il Paese nordafricano sembra esposto; preoccupazione che ha giustificato, nei mesi precedenti, l’invio di consistenti aiuti umanitari, nonché di mezzi militari per contrastare l’avanzata dei ribelli. Ancor più pressante per Ankara è la necessità di difendere gli interessi nazionali, dato che lo scorso 27 novembre un accordo tra i due omologhi ha riconosciuto alla Turchia la giurisdizione su una fetta di Mediterraneo orientale al largo di Cipro. Un tratto di mare che Erdogan non può permettersi di perdere, per evitare che la Turchia resti tagliata fuori da un possibile hub energetico che collegherebbe l’Europa con i giacimenti ciprioti e israeliani – proprio ieri, ad Atene, si è tenuto il vertice intergovernativo tra Cipro, Grecia e Israele per la costruzione del gasdotto EastMed, benedetto dagli USA. Al Cairo, inoltre, sabato e domenica prossimi si riuniranno i leader di Grecia, Cipro ed Egitto con la partecipazione della Francia in un incontro la cui agenda è incentrata su sicurezza, energia e sviluppi regionali (anche l’Egitto gioca un ruolo nel progetto del gasdotto).

cms_15528/2.jpg

Nel testo sottoposto al Parlamento turco lo scorso 30 dicembre la missione, che in base a quanto rivelato dal ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu dovrebbe durare un anno, non viene mai definita belligerante, ma appare più come una mossa per fermare l’avanzata di Haftar. È in base all’articolo 92 della Costituzione turca che si intende dar vita all’iniziativa: “La situazione umanitaria è in predicato di peggiorare considerato che vengono presi di mira civili e infrastrutture civili. Gli scontri favoriscono le azioni di gruppi terroristici come Isis e al-Qaeda e potrebbero causare fuga di civili ed emergenze umanitarie nel Mediterraneo”. Tutti fattori che si prestano a costituire “minacce per la Turchia e la stabilità regionale”; un intervento da svolgere “in linea con le norme del diritto internazionale”, nato dalla necessità “di prendere tutte le contromisure possibili contro le minacce alla sicurezza della Turchia”. Nel pomeriggio di ieri, infine, il Parlamento ha autorizzato l’operazione. I deputati che hanno votato a favore della mozione sono stati 325, quelli contrari 184, nella sessione d’emergenza. “Una Libia il cui governo legittimo è sotto minaccia può diffondere instabilità alla Turchia”, ha dichiarato il deputato del partito di governo Akp, Ismet Yilmaz, sostenendo la mozione, mentre “chi non vuole agire a causa di un rischio getta in nostri figli in un pericolo ancora maggiore”.

cms_15528/3.jpg

Dopo il voto, l’Unione europea ha ribadito l’appello a rispettare l’embargo Onu sulle armi. “In Libia non c’è una soluzione militare”, ha commentato Peter Stano, portavoce dell’Alto commissario per la politica estera Ue, Josep Borrell. “L’Unione europea”, ha sottolineato Stano, “ribadisce a tutte le parti coinvolte l’appello a cesare le azioni militari e a riprendere il dialogo politico”. “Tutti i nostri sforzi diplomatici si concentrano sull’impedire un’ulteriore escalation in Libia e nel sostenere il processo di Berlino”. E intanto si complica la partita internazionale, con l’Egitto che condanna “nei termini più forti” il “passo del Parlamento turco” tramite la pagina Facebook del ministero degli Esteri, pur mantenendo un certo scetticismo sull’effettiva esecuzione dell’intervento. La decisione è destinata a complicare ulteriormente l’assetto interno della Libia, spaccata, sempre più, tra Tripolitania e Cirenaica, tra l’assetto storicamente ottomano (nel 1835 il Sultano estromesse la dinastia Qaramanli affermando la propria sovranità) e quella componente araba da sempre vicina agli interessi egiziani; ma anche le relazioni esterne al “bel suol d’amore”: si fronteggeranno, infatti, Turchia e Russia, partner in Siria (seppur formalmente contrapposte) e nemiche a 2mila chilometri di distanza.

Data:

3 Gennaio 2020