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Turismo estremo

Cinque escursionisti italiani se la sono vista brutta tra i ghiacci dell’Alaska alla ricerca del “bus magico” di McCandless, il 142.

La polizia li ha raggiunti con una motoslitta dopo che alle 7,30 del mattino è arrivata una chiamata d’emergenza. Avevano perso la strada allontanandosi circa venti chilometri dal sentiero Stampede che porta alla città più vicina, Healy.

Uno di loro non stava bene, presentava un principio di congelamento ai piedi ed è stato trasportato a Fairbanks per essere curato.

“È stato solo grazie al tempestivo intervento dei soccorsi che si è evitato il peggio. I ragazzi italiani erano in uno stato di seria difficoltà” riferisce l’ Associated Press.

Non è la prima volta che i volontari, i “trooper” dell’Alaska, i vigili del fuoco, i rangers dei paesi vicini intervengono spesso in condizioni ardue per trarre in salvo gli amanti del turismo estremo che preferisce l’Alaska.

In questo caso il gruppo d’italiani come meta aveva scelto un angolo in mezzo al nulla fra il massiccio del Monte McKinley, il parco naturale del Denali di seimila acri, e Fairbanks, il luogo dove è parcheggiato, spesso coperto di neve, l’autobus numero 142, “the magic bus” nel quale morì Chris McCandless quattordici anni or sono cercando una nuova vita.

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Ogni anno, turisti in cerca di emozioni forti stimolati dalla lettura del libro di Krakauer e dalla visione del film di Sean Penn, si avventurano nel pellegrinaggio verso la carcassa dell’autobus.

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La storia del “bus magico” risale a diversi anni fa. Era usato per trasportare gli operai di una miniera di antimonio fin quando un giorno si ruppe il semiasse e fu abbandonato.

Nessuno si preoccupò del suo recupero, sarebbe stato complicato e sconveniente. Fu abbandonato lì, inservibile per tutti tranne che per Chris McCandless, che nel 1992 ne scoprì per caso l’esistenza.

Chris era un giovane cresciuto in un sobborgo benestante di Washington e laureato nel 1990 che decise di abbandonare tutto per affrontare da solo la vita nella natura.

Senza dir nulla ad amici e parenti, partì in autostop nell’aprile 1992 e raggiunse l’Alaska. Qui s’incamminò per lo Stampede Trail.

Lungo il cammino trovò l’autobus abbandonato.

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Con viveri per pochi giorni, un sacco a pelo e la certezza di potersi nutrire di quello che la natura attorno a lui offriva, Chris si fermò in quel rifugio per tre mesi. Quando decise di tornare alla civiltà non riuscì a superare le acque in piena del fiume Teklanika e fu costretto a tornare indietro.

Secondo il libro, McCandless sopravvisse solo per un mese e poi morì di fame e stenti sull’autobus nell’agosto 1992 all’età di soli ventiquattro anni.

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Il giovane fu trovato per caso da cacciatori di alci, morto, dentro il sacco a pelo nell’autobus ormai senza vetri ed esposto ai meno quaranta gradi che soffiano dal ghiacciaio vicino e dal Polo.

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A questa storia, John Krakauer dedicò nel 1996 un articolo intitolato “Morte di un innocente” pubblicato dalla rivista Outside e in seguito ne fece un libro, ma fu Sean Penn nel 2007 che la portò alla notorietà attraverso il film “Into the Wild”, pellicola in cui Penn mette a fuoco il cuore sempre vivo e pulsante dei pionieri d’America.

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Chris è diventato suo malgrado il protagonista del libro e del film in cui incarna perfettamente tutti quegli individui mossi dall’ossessione della ricerca di una nuova frontiera e di una nuova vita, ispirati dalla letteratura avventurosa che mette a fuoco il bisogno di «andare via», la voglia di primitivismo.

Insieme ai più estremi, sono oltre un milione e mezzo i turisti che ogni anno raggiungono l’Alaska, una delle terre più affascinanti del mondo, per assistere alla magia delle notti artiche e dei giorni senza buio, allo spettacolo delle aurore boreali, e più generalmente per ritrovare in quegli spazi sconfinati una suggestione senza confronto.

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I più prudenti godono della bellezza dei fiordi anche durante le crociere ma in molti attraversano ampi spazi facendo trekking per raggiungere luoghi più isolati.

A tutt’oggi il turismo è, dopo il petrolio, la maggior fonte di ricchezza per lo Stato. Gli organizzatori turistici ne sono consapevoli e quindi lo incoraggiano a qualsiasi livello di difficoltà ed anche le brochure ricordano che «l’Alaska non perdona», ma a quanto pare quei meravigliosi luoghi unitamente all’attrazione esercitata dagli Inuit, gli abitanti del luogo, sono per alcuni più forti di ogni invito alla prudenza.

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Di certo l’Alaska, con le sue dimensioni pari a cinque volte l’Italia e una popolazione simile a quella di una grande città, è una terra spietata, l’ideale per chi cerca forti emozioni che può trovare anche nelle valli del Denali a primavera, quando le orse partoriscono i loro cuccioli. In quel luogo sperduto oltre alle emozioni è facile trovare la morte, le mamme orse sono pericolosissime ed hanno fatto parecchie stragi di curiosi.

A rendere invece particolarmente insidioso il turismo al “Magic Bus” numero 142 sono soprattutto due piccoli corsi d’acqua, il Teklanika e il Savage, “il Selvaggio” che bisogna guadare per raggiungerlo.

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Se nei periodi di siccità è possibile attraversarli, quando piove le acque s’ingrossano e diventano turbinose al punto che è impossibile attraversarli.

In quelle stesse acque lo scorso luglio è annegata una coppia di sposi bielorussi che aveva scelto quei luoghi per la luna di miele.

I frequenti episodi preoccupano non poco soprattutto le amministrazioni cittadine vicine costrette a salvataggi d’emergenza spesso insidiosi anche per il più addestrato personale di soccorso, per questo si sta prendendo in considerazione l’idea di spostare il bus in un luogo più tranquillo.

Questa appare l’unica soluzione possibile per evitare le insidie del turismo estremo poiché, a quanto pare l’avviso “L’Alaska non perdona” non sortisce lo sperato effetto deterrente.

Data:

1 Marzo 2020