Il Kosovo sta vivendo una crisi civile, in specie nella parte nord occidentale del paese a maggioranza serba, che il premier Albin Kurti non riesce a contenere. Almeno secondo l’opinione della Ue. “Nonostante i nostri ripetuti appelli, il primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, ha finora fallito nell’intraprendere passi decisivi per ridurre le tensioni”, ha dichiarato Peter Stano, portavoce dell’Alto rappresentante Ue Josep Borrell. “Il piano in cinque punti illustrato nella lettera all’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, non affronta in maniera adeguata alcuni degli elementi fondamentali che hanno provocato l’ultima crisi”, ha stigmatizzato. Kurti, infatti, aveva espresso in una lettera, inviata all’Alto rappresentante Ue lo scorso 12 giugno, un piano per la de-escalation, incentrando il tema sulle elezioni incriminate che, dal suo punto di vista, verranno nuovamente indette proprio in quei comuni al centro di importanti scontri con la popolazione civile. Kurti, nella missiva, ha proposto innanzitutto il ripristino dello stato di diritto.
“La situazione nel nord non è normale da molto tempo, l’escalation del 29 maggio rende urgente consegnare alla giustizia tutti coloro che hanno usato la violenza contro la polizia del Kosovo, la KFOR e i media”, si legge nel documento. Di seguito, declinando il secondo punto, il premier ha proposto “l’immediato ritiro dei gruppi violenti dal territorio del Kosovo e la cessazione di qualsiasi atto criminale contro le istituzioni del Kosovo”. Ha chiesto poi un aiuto alla polizia, alla KFOR (acronimo di Kosovo Force, missione di mantenimento della pace sotto l’egida delle Nazioni Unite presente nel paese dal 1999) ed alla EULEX (in italiano “missione dell’Unione Europea in Kosovo sullo stato di diritto”), per “condurre valutazioni di sicurezza congiunte ogni 15 giorni in modo da garantire un ambiente sicuro e protetto per tutti e sostenere le misure ROL”. Come quarto punto si annunciano espressamente “elezioni anticipate nei quattro comuni del nord”, a tal fine creando un coordinamento “con tutti gli attori”.
Infine, come quinto punto, mano tesa a Belgrado: con la mediazione dell’Unione Europea, Kosovo e Serbia torneranno al dialogo e, per questo, si chiede a Bruxelles un piano per l’attuazione degli accordi. Tuttavia, come indicato, questi propositi non soddisfano l’Ue che, mentre prosegue con il “lavoro diplomatico”, si è attivata predisponendo “misure con effetto immediato”. Peter Stano ha comunque smorzato i toni, specificando che dette “misure” non consisteranno in sanzioni. Il braccio di ferro tra Bruxelles e Pristina però prosegue. Solo qualche giorno fa erano piovute le minacce di Josep Borrell, il quale aveva parlato di “gravi conseguenze” da parte europea, se non fossero state concesse elezioni anticipate. Al centro della questione le recenti consultazioni elettorali svoltesi nelle principali città del nord del paese, di etnia serba, in cui erano già insorte proteste e che si sono per giunta concluse con l’elezione di sindaci albanesi. Tale risultato ha fatto ancor più infuriare i residenti che sono scesi in piazza causando scontri e feriti, in particolare nelle città di Zvecan, Leposavic e Zubin Potok.