È ancora caos in Gran Bretagna, dove il tira e molla della Brexit continua imperterrito a riempire le prime pagine dei quotidiani e a preoccupare cittadini e residenti. Per la prima volta qualcosa sembra muoversi, dal momento che la Camera ha finalmente approvato l’accordo raggiunto da Boris Johnson con l’UE la scorsa settimana. Nonostante ciò, però, il “calendario accelerato” di promulgazione delle leggi attuative che era stato proposto proprio dal Premier in modo da rendere effettiva l’uscita dall’Unione entro il 31 ottobre è stato respinto dai Comuni stessi per 14 voti, quasi come per ricordare a BoJo che il voto a favore del suo “deal” è dovuto alla preoccupazione per il no-deal, e non effettivamente ad una fiducia verso il Primo Ministro, che in pochi mesi ha spaccato il suo partito e polarizzato ulteriormente l’opinione pubblica britannica. Votando a favore dell’accordo, ma non a favore dell’accelerazione dei lavori, il Parlamento si è così garantito un “paracadute” con l’Europa, alla quale potrà presentare una richiesta di proroga (l’ennesima) assicurando però la presenza di una garanzia. “Abbiamo bisogno di altro tempo, ma come potete vedere abbiamo intrapreso la giusta strada”, è il messaggio della House of Commons all’Unione, espresso in parole povere. Boris Johnson, però, non è affatto contento: ha perso l’arma intimidatoria del no-deal e contemporaneamente non è riuscito a mantenere l’importante promessa elettorale di concludere la Brexit entro il 31 ottobre a qualunque costo.
“L’Unione Europea deve adesso rispondere alla richiesta di un rinvio. Parlerò ai membri dell’Ue per conoscere le loro intenzioni. Finché non avranno raggiunto una decisione sospendo la legge. Voglio essere chiaro: la nostra politica è quella che non si dovrebbe rinviare”, ha affermato il primo ministro inglese. Così, siccome i leader populisti non possono mantenere il consenso senza alzare la posta in gioco ogni settimana, il leader dei conservatori è passato nuovamente all’attacco. Dopo aver di fatto bloccato il suo stesso accordo in attesa di una decisione dell’UE, Johnson ha infatti proposto nuove elezioni proprio in questo momento cruciale: “Il modo per realizzare la Brexit, credo, è essere ragionevoli con il Parlamento e dire che se veramente vogliono avere più tempo per studiare questo eccellente accordo, possono averlo, ma devono acconsentire a elezioni il 12 dicembre”, è stata la provocatoria dichiarazione del Premier. Egli, però, fa sul serio, e ha pubblicato su Twitter una lettera aperta al leader delle opposizioni Corbyn. “Caro Jeremy, La scorsa settimana ho concordato un nuovo accordo di recesso con l’Unione europea. È un grande nuovo accordo che il Parlamento avrebbe potuto ratificare e che ci avrebbe permesso di onorare le nostre promesse e di realizzare la Brexit entro il 31 ottobre. Purtroppo sei riuscito a convincere il Parlamento a chiedere all’Ue di ritardare la Brexit fino al 31 gennaio 2020. Questi ripetuti ritardi sono stati negativi per milioni di persone”.
Da qui, la formulazione dell’offerta: “Se ti impegni a votare per le elezioni la prossima settimana (nel caso in cui l’Ue offra una proroga fino al 31 gennaio e il governo accetti, come è legalmente costretto a fare dal Parlamento), allora metteremo a disposizione tutto il tempo possibile tra adesso e 6 novembre per discutere e votare il Brexit Withdrawal Agreement, inclusi venerdì e fine settimana. Ciò significa che potremmo portare a termine la Brexit prima delle elezioni del 12 dicembre, se i parlamentari decidessero di farlo. Ma se il Parlamento rifiuta di cogliere questa opportunità e non riesce a ratificare entro la fine del 6 novembre, come temo, il problema dovrà essere risolto da un nuovo Parlamento. Le elezioni del 12 dicembre consentiranno a un nuovo Parlamento e governo di essere in carica entro Natale. Se vincerò la maggioranza in queste elezioni, ratificheremo quindi il grande nuovo accordo che ho negoziato, faremo Brexit a gennaio e il Paese andrà avanti”. Inizialmente, gli analisti avevano ipotizzato che la mossa di Johnson servisse soltanto a mettere fretta all’UE, in modo da aumentare le probabilità di una proroga breve, con scadenza a fine novembre. Infatti, sembrava improbabile che i 2/3 del Parlamento votassero a favore di elezioni anticipate. Poi, però, il colpo di scena: Jeremy Corbyn è pronto ad appoggiare la richiesta di Boris Johnson, ma solo se il premier Tory si impegnerà lunedì ai Comuni a escludere anche per il futuro ogni ipotesi di divorzio no deal dall’Ue. Lo ha dichiarato il leader laburista ai microfoni dell’“Itv”. Così, nonostante la posizione del Labour Party rimane fondamentalmente contraria al voto anticipato prima di un accordo definitivo, si apre uno spiraglio che potrebbe dare il là ad uno scenario clamoroso. A quel punto, i seggi elettorali emetterebbero di fatto una nuova sentenza sulla Brexit: la maggioranza ai conservatori significherebbe che il Paese è convinto della sua scelta di tre anni fa; un risultato differente rimescolerebbe, ancora una volta, le moltissime carte in tavola.