E’ sempre molto divertente constatare che il mainstream, quando ha toccato il fondo continua a raschiare il fondo del pensiero critico. Come sapete, quando la sottoscritta ha un’opinione su una determinata sfilata non è mai contro la persona del designer, ma su suo lavoro, sui capi che hanno sfilato in passerella, sulla direzione che quella determinata maison sta prendendo, opinioni, più o meno condivisibili, ma sempre argomentate ed intellettualmente oneste. Se per il mainstream, almeno sino all’altro ieri, nel fashion system tutto è stato meraviglioso e tutti sono stati dei geni creativi che hanno prodotto capi che passeranno alla storia, in questo periodo storico chi non è allineato e coperto con loro viene tacciato di fascismo. Una parola pret-a-porter che non significa nulla, ma tanto trendy in questo periodo ed anche il fashion system non è esente da questa deriva, quando non si hanno argomenti oggettivi da portare al pubblico la si butta in caciara, cioè in politica, e pur di dire la qualunque ci si attacca anche alla location di un fashion show (i miei colleghi sono anche dei grandi design). La location? Ma tutti quelli che si sentono i vati del fashion system possono liquidare una sfilata e un designer perché non gli è gradita la location? Se non posse patetico ci sarebbe da ridere. La location che ha portato in fibrillazione in mainstream è Casa Malaparte situata sull’isola di Capri e scelta dal designer Simone Porte per celebrare i quindici anni della sua maison Jacquemus nel fashion system.
L’affronto è stato quello di scegliere una location di cui, a loro dire, il designer non conosce la storia, altrimenti mai, progressista e sposato con un altro uomo, l’avrebbe scelta. La recensione sulla sfilata: Curzio Malaparte era uno scrittore e giornalista degli anni ’30-’40 fascista, squadrista, omofobo, uno dei personaggi più divisivi della cultura italiana che si è costruito una delle ville più belle d’Italia grazie alla sua amicizia con Galeazzo Ciano. Forse doveva essere studiata meglio la sua biografia prima di decidere di sfilare a casa sua, ma Porte non è interessato all’approfondimento e alla riflessione, si adagia sulle cose come una piuma leggera. Avete letto qualcosa di riconducibile alla sfilata e alla collezione? Comprendo la frustrazione del mainstream, comprendo che sono tempi duri per chi da tanto tempo si sentiva il padrone del mondo, ma comprendere che chi prima era stato osannato a prescindere, oggi viene crocifisso ed apostrofato come il fautore “dell’estetica del niente”, solo per via della location mi viene difficile. La verità è più semplice di quello che vogliono far credere: il designer ha scelto Casa Malaparte perché è una location mozzafiato, una location che avrebbe dato il massimo risalto alla sua collezione…punto! Il fashion system cerca il bello e non ha il compito di educare il popolo al pensiero unico, quello che da troppo tempo molti giornalisti erano soliti fare, anche attraverso la moda che nulla ha a che fare con la politica. Il caso ha voluto che il fil rouge della sfilata sia stato un film del 1963 “Il Disprezzo” del regista Jean-Luc Godard con Michel Piccoli e Brigitte Bardot…si facciano una domanda e si diano una risposta. Ed ora passiamo alle cose serie
La maison Jacquemus dopo le Hawaii, la Camargue e Versailles, ha scelto l’isola di Capri per presentare la sua collezione resort “La Casa”. La Location è la spettacolare casa di Curzio Malaparte dove i quaranta fortunatissimi invitati hanno assistito sotto il sole, con il fruscio del mare, a picco sulla scogliera ad una collezione che ci porta vibes dal sapore nostalgico della dolce vita del bel paese, dell’allure della Costa Azzurra e di quell’attitude di vestire la seduzione attraverso un dettaglio.
Il primo outfit della sfilata è stato un accappatoio giallo che ha ricordato quello indossato dall’attrice Brigitte Bardot nell’ultima scena del film ambientata proprio a Casa Malaparte. Per il designer l’inizio parte da dove tutto è finito per portare in scena una collezione fatta di long dress in chiffon di seta che lasciano scoperti porzioni, a volte inaspettate, di silhouette, abiti dalla linea ad A, capispalla e camicie con profondi scolli a V e revers in versione maxi, longuette, bermuda oversize (un omaggio allo stile caprese), tuniche con drappeggi, sandali con doppi tacchi e borse dalla linea geometrica e dai volumi over. La palette colori è un omaggio al film di Godard attraverso l’uso del giallo, un omaggio a Capri attraverso l’uso dell’azzurro (il colore del cielo e del mare caprese), ma non sono mancati i colori che riportano a quell’attitude parisienne fatta di bianco, di rosso, di blu e di nero.
La maison Hermes ha presentato a New York il secondo capitolo della sua collezione per il prossimo autunno-inverno, una sorta di sequel della sfilata tenutasi a Parigi lo scorso marzo, dal mood spiccatamente urban che accompagna la cifra stilistica, il mood equestre, della maison. La donna a cui pensa Hermes è una moderna amazzone dall’indole mannish che possiede un piglio da protagonista della città e della propria vita. I capi iconici della maison come i foulard, la nappa, la pelle, il monocromatico, il mood equestre e le cinture prendono nuova linfa da capi più urban e meno usuali per i codici della maison come la jumpsuit da lavoro, il pantalone cropped dalla linea flare, il cappello da poliziotto reso sofisticato dall’uso della pelle. Se il mood glam-chic di Hermes viene contaminato dal mood urban-mannish, la palette colori resta fedele alla storia della maison con le sue nuance neutre e calde come il giallo ocra, l’arancione, il beige e il cammello. Un piccolo sussulto urban arriva dal bianco e dal nero che regalano un sapore mannish alla palette colori.
La maison Max Mara sbarca a Venezia per presentare la sua collezione cruise 2025 scegliendo l’atmosfera gotica di Palazzo dei Dogi per rendere omaggio alle scoperte di Marco Polo (di cui si celebra i settecento anni dalla sua scomparsa), alla sua via della seta che ha unito mondi e culture diversi e alla città di Venezia da sempre crocevia di scambi tra Occidente e Oriente. Per il designer Ian Griffith il fil rouge della collezione, ma soprattutto è la mission della maison, è rendere i sogni realtà, creare capi desiderabili, belli, timeless e soprattutto portabili da ogni donna. I tessuti usati sono preziosi ed hanno un sapore tardo medioevale come la seta, il cachemire, la lana di cammello e i broccati che incontrano il contemporaneo grazie agli shorts, ai pantaloni ampi, alle longuette, alle bluse, ai long dress audaci, alle mantelle destrutturate, agli abiti a tunica, ai completi in maglia. Il focus è puntato sulle maniche che assumono un’anima bold, svasata e dove le scarpe, al contrario, sono minimal, flat e con cinturino. Le nuance sono neutre come l’iconico cammello, il marrone, il nero, il bianco, il beige e fanno da contrappeso ai volumi over che catalizzano l’attenzione dell’osservatore.
La designer francese Marine Serre è stata la special guest designer di Pitti Uomo 106 dove ha presentato la sua prima collezione maschile accompagnata da quella femminile. La collezione “Always Blonded”, co-ed, per la prossima primavera-estate 2025 ha avuto come location una villa del quattrocento, Villa Maiano nel sobborgo di Fiesole dove il magnifico giardino all’italiana ha fatto da cornice alla prima uscita della designer fuori da Parigi. La donna pensata dalla Serre è una donna dal gusto couture che indossa corpetti gioiello, lunghe gonne in voluminoso taffettà di seta, sensuali long dress in jersey con dettagli cut out, strategici drappeggi, bijoux maxi, tagli e volumi ben calibrati, ma anche rigorosi tailleur sartoriali dalla gonna longuette in pelle stampata. Gli ultimi dieci outfit sono stati un omaggio all’artigianato, al total white, all’arte del riciclo essendo stati realizzati con biancheria da casa come federe, lenzuola, tovaglie e centrini in pizzo che hanno intrapreso una nuova vita all’insegna del glamour.