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Un caso singolare. L’affaire Campidoglio

Difficile ricostruire l’intera vicenda “polizze” senza avere sotto mano i contratti per valutarne il contenuto, analizzandone eventuali clausole. Arduo altresì viaggiare su un binario parallelo a quello giudiziario, senza aver accesso agli atti dell’inchiesta. Occorre farsi un’idea dalle informazioni frammentate che trapelano dalle fonti o dai fugaci scambi d’opinione davanti a un frettoloso caffè tra colleghi. Se gli elementi affinché si configurino i reati di cui all’abuso d’ufficio e al falso, appaiono delineati, e non certo per fantasiose ricostruzioni giornalistiche, sono appena tratteggiati i contorni di qualsivoglia altra fattispecie. Che ci sia qualcosa che non torna nell’intera vicenda Campidoglio è lapalissiano. Ma è fondamentale contestualizzare ogni evento per capire se vi sia un filo logico che ne unisce le trame. Partiamo dall’inizio, da quando qualche giornale temerario scrisse, in tempi non sospetti, di un dossier ai danni di Marcello De Vito, colui che sarebbe dovuto diventare sindaco. Così si legge nel Messaggero in un articolo a firma di Simone Canettieri in data 1 febbraio: “Se non ci fosse stata quella carognata del finto dossier contro di me, il candidato sindaco non sarebbe stata Virginia, ma io”. Un’ammissione taciuta fino ad oggi per non compromettere il Movimento? Sulla sua pagine Facebook però l’ha smentita, da gran signore quale lo ha definito Roberta Lombardi, ascoltata, come lo stesso De Vito, dagli inquirenti. A far aprire un nuovo fascicolo in Procura – a quanto si apprende senza indagati né ancora ipotesi di reato – è stato l’esposto firmato da Andrea Augello, integralmente riportato, alla data del 31 gennaio u.s., sulla sua pagina Facebook. Lo stesso reca la data del 1.07.2016. Davvero – come hanno scritto diversi giornali – dietro il dossier potrebbero esserci le mani di Raffaele Marra e Salvatore Romeo, i due fedelissimi di Virginia? C’è chi liquida la vicenda come “fantapolitica”. Noi proviamo a ricostruire i fatti. Senza, per carità, avere la pretesa di sostituirci agli inquirenti e con la consapevolezza che possa trattarsi di un castello parziale in quanto non impiantato su uno studio attento delle carte.

cms_5482/2.jpg“Il 28 dicembre del 2015 – scrive il senatore Augello nel suo esposto – Stefano, Frongia e Raggi organizzano una riunione con i consiglieri municipali eletti nel 2013 per il Movimento. In assenza di De Vito, accusano il capogruppo di aver compiuto una serie di atti contrari alla buona amministrazione, ipotizzando inoltre, a suo carico un’ipotesi delittuosa. I tre ex consiglieri affermavano, infatti, che (De Vito) avrebbe compiuto il reato di abuso di ufficio in relazione ad una richiesta di accesso agli atti. Nove mesi prima, il 19.03.2015, De Vito si era avvalso del potere concesso dalla legge ai consiglieri comunali per ottenere dagli uffici del comune tutte le notizie e le informazioni in loro possesso utili all’espletamento del proprio mandato. Grazie a questa norma, De Vito aveva ottenuto gli scontrini di Marino. Grazie a questa norma, De Vito aveva chiesto la pratica di sanatoria edilizia su un seminterrato di un cittadino di nome F.B. al quartiere Aurelio. Per i tre consiglieri comunali quell’accesso poteva configurare un reato (…) De Vito non sa nulla. Fino al 07.01.2016. Quel giorno con i tre consiglieri viene convocato a una riunione. Alla presenza di Carla Ruocco e Alessandro Di Battista (membri del direttorio), Roberta Lombardi, Paola Taverna e Massimo Enrico Baroni, e poi dei capi della comunicazione Rocco casalino e Ilaria Loquenzi, i tre consiglieri comunali accusavano De Vito di abuso di ufficio per l’accesso agli atti del 19.03.2015 ed esibivano un parere legale. Daniele Frongia lo sventolava e non diceva a De Vito quale avvocato lo avesse scritto”.

La macchina del fango si è messa in moto. Possibile – ammesso che la notizia sia fondata – che gli allora consiglieri Raggi, peraltro avvocatessa, Frongia e Stefano non conoscessero la normativa che consente a un consigliere di effettuare, in quanto eletto dal popolo e dunque di esso rappresentante, un accesso agli atti nell’interesse dello stesso?

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De Vito ha cercato di difendersi: “…usciva frastornato – seguita Augello – e alle 20:30 inviava una mail nella quale spiegava che l’accesso agli atti era frutto di una richiesta proveniente dal M5S della Regione Lazio e allegava la mail dell’Avv. Paolo Morricone, difensore anche di Virginia Raggi, che spiegava tutto. ‘Ciao a tutti, scrive De Vito, la vicenda è stata compiutamente ricostruita. L’accesso agli atti è stato compiutamente richiesto per le motivazioni di cui alla mail di Paolo Morricone, nostro avvocato regionale che riporto di seguito: in riferimento alla richiesta di accesso agli atti relativo alla (NDR) specifico che questa è scaturita da una segnalazione di un privato (che aveva chiesto l’anonimato avendo paura di minacce) egli sosteneva che il proprietario dell’appartamento, poteva aver spinto qualcuno dell’amministrazione per farsi concedere l’agibilità dell’appartamento. La richiesta era necessaria in quanto dalla documentazione si sarebbe potuto vedere se esistevano i presupposti o meno per la concessione dell’abitabilità (…) per una eventuale successiva denuncia. E’ tutto molto avvilente, io quantomeno lo vivo così – proseguiva De Vito – la vicenda però è anche molto grave. Motivo per cui vi chiedo con gentilezza non solo di valutare ciò che si è verificato oggi nei miei confronti alla luce delle pesanti accuse che mi sono state mosse ma anche di considerare insieme le opportune azioni e modalità di gestione della vicenda che, lo ribadisco, è gravissima’ (…) Poco prima di mezzanotte il 7 gennaio 2016, Daniele Frongia invita De Vito davanti agli altri consiglieri municipali della chat ‘portavoce romani’ a spiegare in una riunione apposita perché ‘la quasi totalità dei consiglieri municipali chiede a Marcello…’ . Alle 18 del 10 gennaio De Vito deve difendersi in un’altra riunione da Frongia, Raggi e Stefano davanti a una trentina di consiglieri municipali e regionali. De Vito si difendeva come un leone e alla fine tutti si dicevano soddisfatti. Solo Paola Taverna in una mail partita per sbaglio definiva quanto era accaduto ‘uno squallido tribunale speciale’”.

cms_5482/4.jpgUn tribunale speciale che ha portato però a puntare sul nome di Raggi in vista delle comunarie precedenti le elezioni amministrative capitoline. Per il Movimento Cinque Stelle è gioco facile. Roma è prendibile, qualsiasi sia il candidato. La gente è stanca delle nefandezze messe in luce dall’inchiesta “Mafia Capitale”. E dell’operato di Marino sono state evidenziate più le storture che le azioni positive. Succede cosi che Virginia, preferita dagli iscritti, arriva prima di Marcello, grazie anche ai voti di Frongia, sfilatosi dalla corsa. Il quartetto degli “amici al bar” è già costituito? Si tratta di persone tutte in qualche modo legate al Campidoglio. Romeo è funzionario e lavora nel settore “partecipate”, Marra è il suo capo e a Frongia ha dato tutte le informazioni possibili per scrivere, assieme a Laura Maragnani, il libro “E io pago”, presentato a Roma il 5 maggio 2016 (Dagospia 17 dic. 2016 – Il Foglio – Anna Rizzini 8 set. 2016, La Stampa, Mattia Feltri 20.12.2016).

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Da parte di Roberta Lombardi, molto vicina politicamente a Marcello De Vito, è sempre trapelato un atteggiamento non troppo incline nei confronti della Raggi, difesa sempre e comunque da Grillo, che per lei ha ipotecato il futuro del Movimento. Perché? Ecco la domanda delle domande. E in questo scenario surreale, fatto di intrighi e sotterfugi, come poteva passare inosservata la questione “polizze”, venuta alla ribalta mentre la sindaca veniva ascoltata, per otto ore, dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal sostituto Francesco Dall’Olio? “Non ne sapevo nulla” ha detto ai magistrati che comunque non le hanno mosso alcuna accusa, precisano sempre alcuni giornali. Certo: mica è reato essere beneficiario di una polizza. La questione si fa però interessante quando apprendiamo che agli atti le polizze sono sette. Tutte sottoscritte da Romeo quando percepiva ancora uno stipendio di 39mila euro lordi l’anno, presso Intesa-San Paolo Invest, per un valore complessivo di 90mila euro. A queste se ne aggiungerebbero altre per 40mila euro. 100mila euro dunque su una decina di polizze vita – come precisa L’Espresso – con beneficiari, oltre ai parenti, attivisti del M5s. Due quelle intestate a Virginia Raggi: una da 30mila euro senza scadenza e una da tremila con scadenza nel 2019. Un dipendente capitolino, con uno stipendio mensile che non supera i 1.800 euro – è un conto della serva – accende assicurazioni per quel valore? Può darsi sia ricco di famiglia. “Ho stipulato diverse polizze vita perché offrivanoun rendimento certo. Inoltre queste polizze mi offrono, come a tutti gli investitori, la possibilità di incassare il capitale con un riscatto totale o parziale in caso ne abbia bisogno – ha spiegato Romeo -. Questi prodotti finanziariprevedono l’indicazione di un beneficiario terzo in caso di morte del contraente. Quindi, solo in caso di mia morte, eventualità su cui certamente non ho scommesso, il capitale andrebbe all’eventuale beneficiario. Non avendo moglie né figli, ho indicato fra i beneficiari, sempre e solo in caso di mia morte, le persone che più stimo. E fra queste c’è anche Virginia Raggi, l’attuale sindaco di Roma, indicata come beneficiario – in caso di mia morte – di una polizza da 30mila euro il 26 gennaio 2016, quindi prima che fosse anchesolo candidata sindaco della Capitale, per una grande stima e amicizia nei suoi confronti, così come ho fatto con le altre persone negli altri prodotti finanziari su cui ho investito”.

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Il rapporto – per sua stessa ammissione – stretto con la Raggi porta sempre alla stessa domanda. I “quattro amici al bar” erano così amici anche prima? È se si potrebbero aver influito in qualche modo sull’avanzamento di Raggi nei confronti del De Vito? Le polizze – come molti si chiedono – hanno una rilevanza nella vicenda? Vittorio Bertola, fondatore del M5s a Torino ed ex consigliere comunale, considerato da sempre vicinissimo a Gianroberto Casaleggio e a Beppe Grillo, attualmente in polemica col Movimento, sulla sua pagina Facebook si è sentito in dovere di dire la sua sulla vicenda: “Visto che molti non capiscono la vicenda Raggi-Romeo vi spiego come funziona il giochino delle polizze vita. Il passaggio di denaro tramite una polizza vita è molto meno tracciabile di una mazzetta in contanti. Da parecchi anni si sono diffuse polizze vita che lo sono solo di nome; in realtà sono contenitori di soldi da investire, che però godono delle agevolazioni fiscali delle polizze vita. In particolare sono impignorabili e permettono di nominare un beneficiario anche diverso dai propri eredi, il quale riceverà i soldi senza pagare le tasse che ci sarebbero sulla successione o sul pagamento di una fattura o di un reddito, e senza tutti i controlli su bonifici o pagamenti in contanti di importo elevato. Molte di queste polizze permettono inoltre il riscatto, pur pagando una penale, anche se l’assicurato non è morto; basta che sia trascorso qualche anno”. Le somme: “Detto quindi che la vicenda è tutta da chiarire e che bisognerà capire i dettagli della polizza e gli altri fatti il giochino poteva funzionare così: io che voglio un favore dal futuro sindaco di Roma, prima delle elezioni prendo una polizza e lo nomino come beneficiario; dopodiché, se lui vince e mi fa il favore, io faccio passare il tempo minimo necessario e poi riscatto la polizza e lui incassa, altrimenti cambio di nuovo il beneficiario e mi tengo i soldi senza alcuna spesa. Se poi volessi essere sicuro, prima delle elezioni potrei fare la stessa cosa verso esponenti di partiti diversi, così posso poi fare il giochino chiunque sia a vincere. Non sarebbe necessario che il beneficiario sia d’accordo o lo sappia, ma sarebbe piuttosto strano che io, neo-sindaca di Roma, nominassi come mio braccio destro di totale fiducia uno che mi vuole talmente male da cercare di ricattarmi a mia insaputa; e se fossi sotto ricatto, sarebbe piuttosto strano che, una volta scoperto, invece di andare a denunciarlo io gli triplicassi lo stipendio”.

Un caso singolare, non fosse altro che per le particolarità, non c’è che dire.

Data:

5 Febbraio 2017