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Un disperato bisogno di bellezza

In un mondo dominato dal mito dell’apparenza, dalla cura ossessiva per il proprio corpo e per la propria immagine e dell’efficienza delle prestazioni, vi è un autentico e disperato bisogno di bellezza. Il termine bellezza richiama l’insieme delle qualità percepite tramite i 5 sensi che suscitano sensazioni piacevoli che attribuiamo a concetti o ad oggetti. Tutto ciò si collega ad un contenuto emozionale positivo che si sviluppa spontaneamente. Nel suo più profondo significato la bellezza genera un senso di influenza positiva sulla propria esistenza.

cms_4211/foto_2.jpgSecondo Umberto Eco semiologo, filosofo e scrittore italiano, questo concetto non è dogmatico assoluto, ma soggetto a mutamenti a seconda del periodo storico. Se ci rifacciamo ai Greci un’opera d’arte è bella quando è armonica e la sua dimensione proporzionata alla figura intera. Il soggetto preferito nell’arte greca è l’atleta colui nel quale virtù come il coraggio, l’equilibrio interiore, la forza, fa di questi un modello per rappresentare la divinità. L’atleta rappresenta il pieno della giovinezza, del vigore e comunica l’idea di una bellezza perfetta, immortale, incorruttibile. Ripercorrendo l’iter della storia dell’arte nei suoi primordi la bellezza è legata, soprattutto nelle donne, al mito della fecondità.

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Nell’evoluzione il concetto si trasforma e pensiamo al 1400, alla Primavera del Botticelli o agli inizi del 500 dove Tiziano Vecellio nella sua Venere di Urbino e nelle sue Danae, ci dà un’idea della bellezza che si sposa con un mito altamente erotico e sensuale.

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Nel 1600 il pittore Rubens con le sue Tre Grazie dà un’idea di bellezza di donne dalle forme opulente, mentre agli inizi del 1800 la Maja Desnuda rappresenta il ritratto di una donna consapevole e fiera della sua bellezza che sembra guardare l’osservatore.

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Nel 1900 Giovanni Boldini rappresenta la donna della Belle Époque come una donna raffinata diafana e dal corpo sottile mentre successivamente le donne del Cubismo hanno corpi e volti scomposti.

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Un’idea questa totalmente diversa come quella di Fernando Botero con le sue donne obese, ma felici e gaudenti. Il modello di perfezione si ritrova soltanto nelle donne con una figura sincera (cioè senza aggiunta di cera, che copriva le imperfezioni) e dal sorriso eterno.

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Stendhal afferma che la bellezza è una promessa di felicità, concetto questo completamente contestato da Francis Scott Fitzgerald scrittore e sceneggiatore statunitense che nel suo Tenera è la Notte, mette in rilievo che nella bellezza esiste anche un lato oscuro, folle angosciante, come l’amore dello psichiatra Dik per la sua Nicole. Anche la filosofia si è interrogata molto sul concetto di bellezza e Leibnitz dice che la bellezza è un non so che, a differenza di filosofi quali Platone e Aristotele in cui il bello è assimilabile al vero. Certamente il concetto di bellezza è un concetto soggettivo il che fa divenire il senso del bello un valore normativo. La bellezza dunque non è solo negli occhi di chi guarda, ma anche nella mente di colui che osserva. Anche Immanuel Kant nella sua Critica del Giudizio distingue il bello che si oppone al sublime. Il giudizio del bello è un giudizio universale, ma finito e qui potremmo rifarci ad un opera come il Don Giovanni di Mozart. Il senso del sublime invece è qualcosa che esorbita il finito. Un senso quello del sublime che prende all’improvviso l’anima e ti porta a scoprire le sonnolente pieghe dell’Essere. E allora che il pensiero si inerpica lungo la collina della fantasia e fa congiungere l’anima all’eterno.

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In altri termini in un mondo come quello attuale corrotto, abbandonato, violato, a fare la differenza al di là della bellezza esteriore vi deve essere una bellezza e una unicità interiore che ci faccia sentire come parte dell’armonia del Creato.

Data:

9 Luglio 2016