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Un nuovo Risorgimento per un italiano sempre più dimenticato

La lingua italiana è una lingua in “movimento”, un processo che dura ormai da alcuni anni. La causa di questo moto perpetuo può ricercarsi o, come ha spiegato un’equipe di scienziati dell’Università di Zurigo, nella pigrizia del nostro cervello di fronte a costrutti troppo complicati, oppure più semplicemente per il processo di anglizzazione linguistica che sta interessando comunque tutti i Paesi del mondo. La causa può anche essere una miscela tra le due, ovvero l’italiano, lingua di per sé non semplice, si “semplifica” attraverso l’uso dell’inglese. Il rinnovarsi di una lingua è sinonimo di crescita e di rinnovamento. I mutamenti che interessano una lingua possono essere causati sia da fattori sociali in genere, sia da fattori tecnologici se si vuole scendere nel particolare. Globalizzazione e conseguente crescita degli scambi tra i diversi Paesi hanno creato una forte interdipendenza e, dunque, un crescente ricambio linguistico. Ma se la nostra lingua non è ancora a rischio estinzione, oggi è comunque soverchiata, e spesso sostituita nel parlato e non solo, dall’inglese, oramai vero e proprio esperanto mondiale.

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Difendersi dall’invasione linguistica anglofona è impresa ardua. C’è da combattere innanzitutto contro la povertà della lettura della nostra popolazione che crea sacche di analfabetismo di ritorno e quindi difficoltà di comprensione di un testo scritto (leggere senza comprendere). Su questo punto è sintomatico il bestiario di sciocchezze e strafalcioni che molto spesso si sentono non solo nel parlato comune, ma anche nei media. Vi è poi un altro dato da non sottovalutare, e che riguarda l’avanzare impetuoso e incessante delle nuove tecnologie, le quali si sa usano principalmente un vocabolario desunto dall’inglese o comunque formato da neologismi, crasi e costrutti di deriva anglofona.

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L’italiano dunque sembra non passarsela bene, almeno per i cosiddetti puristi della lingua. Una speranza di recupero di una certa identità potrebbe ancora arrivare dalla Rete, ma anche in questo caso ci si trova di fronte a strutture narrative di base che per logica comunicativa si basano sull’immediatezza, rapidità e compendiosità dell’informazione trasmessa. Sui social si assiste sempre al formarsi come di una zona franca della lingua, un luogo virtuale in cui ci si può esprimere con sin troppa disinvoltura, abbattendo in un sol colpo grammatica, forma e sintassi con la scusa della sintesi, imposta dagli sms prima e dai social poi.

cms_3078/foto_4_.jpgPer riavvicinarsi un po’ di più alla comprensione reciproca sarebbe auspicabile raccogliere la raccomandazione di Italo Calvino, quando ammoniva e chiedeva una maggiore attenzione al lettore, cioè a colui che ascolta le parole (scritte o parlate), in maniera tale da comprendere le competenze di chi ascolta per poi arricchirle. L’istruzione, la politica, i media potrebbero fare molto e meglio affinché la ricchezza espressiva della nostra lingua non venga persa del tutto o ridotta a pochi ed essenziali vocaboli. In un’epoca ipermoderna e dall’altissima complessità relazionale e comunicativa, vi è più di tutte la necessità di regole e di metodi che diano sicurezza comunicativa e linguistica alla sterminata platea del villaggio globale. Affidarsi a internet come ancora di salvezza per la nostra identità linguistica appare un miraggio, dati i presupposti che stanno alla base della stessa Rete. Sarebbe meglio attraverso l’intervento congiunto di scuola, stato e famiglia, ridare nuova linfa all’italiano (inteso come lingua) per gridare finalmente a un nuovo Risorgimento.

Data:

4 Dicembre 2015