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UN PERIODO DI TRANSIZIONE

Tran-si-zió -ne significa passaggio da una situazione a un’altra, sia in senso statico, come condizione intermedia definita, che in senso dinamico in quanto implichi l’idea di un’evoluzione in atto. In musica è una modulazione di breve durata. In fisica, è il passaggio di un sistema da uno stato a un altro, e può essere anche un fenomeno imponente. Potremmo dire che il mondo è in un fase di transizione dal 1990, quando con la sconfitta dell’Unione Sovietica alcuni sprovveduti hanno scritto  di “fine della storia”. Possiamo pensare che questa sia una fase di transizione da uno stato del mondo a un altro, e certamente lo è ma è ignoto quale sarà lo stato finale, né quando si avrà.

Qui si parla  di “Sinistra”. Giorgio Gaber nel 1994 già cantava “cos’è la destra, cos’è la sinistra” e una risposta a questa domanda sta diventando inevitabile, per attivare una riflessione che generi una  pratica politica adeguata ai mutamenti in atto nel XXI secolo e guidi la transizione verso una nuova società italiana, europea, mondiale.

La distinzione tra “destra”  e “sinistra” parte storicamente dalla collocazione dei Partiti nell’aula parlamentare. Per convenzione, o per caso, in Europa i Partiti dell’innovazione e del cambiamento (e quindi delle classi povere e oppresse che uniche ne hanno interesse),  si sono sempre collocati a sinistra. Man mano che il personale politico del Partito di Sinistra  invecchiava e si trasformava prima in conservatore e poi in reazionario, altri Partiti arrivavano da sinistra, e i più vecchi si spostavano a destra, per poi scomparire per ragioni biologiche. Nel Parlamento Italiano degli ultimi due secoli il processo è evidente: i Partiti innovatori appaiono sul palcoscenico politico a sinistra e scompaiono a destra.

Nel XX secolo, quando si è data massima evidenza al conflitto economico tra classi di reddito diverse, l’argomento politico dell’egualitarismo portato dai Partiti Innovativi si è trovato “a sinistra” per cui la sinistra si è identificata con l’egualitarismo, nelle sue diverse forme. Tale identificazione è però stata contingente: può benissimo esistere un partito di sinistra, e di sinistra in quanto innovativo, che abbia una ideologia non egualitaria.

Questo trenta anni fa sembrava inconcepibile ma oggi è possibile; a meno che il Partito Nuovo non scelga di collocarsi a destra nell’arco parlamentare perché già cosciente di predicare valori politici reazionari. I diversi “populismi” europei, almeno finora, hanno ideologie  a favore del nazionalismo e contro l’immigrazione ma certamente le loro proposte politiche sono anti-egualitarie e antidemocratiche e si collocano da sé stessi a destra. E’ però perfettamente concepibile un Partito egualitario e democratico che sia nazionalista e contro l’immigrazione indiscriminata. In Europa ne esistono già un paio di esempi.

A complicare la questione, e la confusione, in Europa il Partito di Sinistra (unione dei tanti che si collocano nel terzo di sinistra) ha ideologie complesse non riconducibili al solo egualitarismo, e questo ha fatto sì che partiti innovativi si siano per reazione collocati a destra, pur in conflitto anche con i partiti di destra storici. La destra parlamentare è in genere composta, in tutta Europa, da fautori della disuguaglianza sociale e da reazionari, e si  realizza il paradosso di partiti innovativi allocati nella parte reazionaria dello schieramento dei partiti. Le ideologie sono cose molto complesse, e forse è per questo che troppi cercano di evitare le necessarie riflessioni su di esse, senza comprendere che anche il cambiamento di un solo valore in una ideologia ne produce una nuova e differente.

Secondo questa concezione “storica”, a rigore un Partito innovativo che voglia affrontare i problemi del XXI secolo, in quanto innovativo non si dovrebbe collocare che a sinistra dello schieramento parlamentare. Tuttavia la storica identificazione sinistra-uguaglianza era foriera di voti provenienti, anche per abitudine, dalle classi a basso reddito.

Questo fa sì che Partiti di fatto conservatori o reazionari cerchino di attingere a questo serbatoio di voti o definendosi “di sinistra” (una bella definizione è “sinistra di lusso”) o  spacciando come soluzioni nell’interesse del popolo strategie politiche che globalmente lo danneggeranno (qui ricadono i “populismi di destra” europei). I raggruppamenti politici che si definiscono “di sinistra” ormai in Italia vanno, di fatto, dal centro-destra alla sinistra intermedia; ad esempio  il Partito Democratico, in Italia, si colloca oggi come collocazione nell’emiciclo a sinistra, ma come ideologia è un Partito conservatore,  e la cui ideologia ha elementi di diseguaglianza (per definizione reazionaria); basti pensare ai tagli alla spesa reale per la Sanità e le pensioni, o all’appoggio alla guerra in corso nel Donbass.

I partiti a sinistra del PD in realtà si collocano  come ideologie al centro-sinistra,e  quindi sono moderatamente innovatori. Essi si collocano a destra del Movimento Cinque Stelle che, essendo comparso sulla scena politica da qualche anno, è l’Ultimo innovatore e si colloca a sinistra per collocazione nell’emiciclo parlamentare, con e alcune parti della sua ideologia politica che non si discostano anche molto da quelle dei “vecchi” partiti di sinistra, come ad esempio l’essere l’unico a votare “contro” l’allargamento della guerra nel Donbass.

Necessità di nuove ideologie “di sinistra”

Se è indubbio che gli innovatori nascono a sinistra, è evidentemente in un Partito di Sinistra (in questa accezione) che possono essere trovate risposte ideologiche, e poi politiche, sia ai drammi quotidiani che riempiono  le cronache, sia alle scaramucce tra i partiti rappresentate egregiamente nei TG, nei Talk Show e sul web.

Chi pensa di rispondere alle questioni di tutti i giorni richiamandosi solo alle  prospettive future ricorda un po’ gli economisti che proponevano e propongono di rispondere a tutti i problemi sociali con la crescita economica quando invece è accaduto il contrario: dopo decenni e decenni di crescita, incamerata quasi tutta dalla classe ad alto reddito, la situazione del 99% della popolazione euro-USA è peggiorata; però è migliorata, con la crescita, quella della popolazione cinese.

Ma è proprio su questa cesura tra sinistra “storica” e sinistra “reale” che si gioca l’elaborazione di una ideologia politica innovativa che voglia puntare a cambiare il mondo. Una ideologia che abbia anche una dimensione utopica.

Utopia? Sì. Un Partito nuovo è come un giovane uomo, che è pieno di sogni e punta a cambiare il mondo. Non ci riuscirà mai come voleva, ma un po’ sì. L’uomo giovane che invece punta solo al proprio interesse egoistico cambierà comunque il mondo, ma in peggio; non esistono monumenti a ricchi egocentrici ed egoisti, che magari hanno lasciato patrimoni immensi a figli e nipoti. Non esistono perché non se li meritano, perché quando la nebbia dell’apparenza è scomparsa i posteri hanno visto che queste persone hanno cambiato il mondo solo in peggio. Oggi ammiriamo Tesla, non certo Edison.

I limiti dello  sviluppo umano

La storia dell’umanità è periodicamente  a un vero e proprio punto di svolta, conseguente spesso  a tanti drammatici cambiamenti indotti dalla scienza e dalla tecnologia realizzate in Europa in questi ultimi secoli, e nel XX secolo trasmesse al resto del mondo. I “limiti dello sviluppo” sono noti, e sono stati descritti dal Club di Roma decenni fa: se ogni anno la popolazione umana consuma le risorse che il Pianeta ha prodotto in  più anni, attingendo alle scorte, prima o poi le scorte finiranno e la popolazione dovrà vivere con quanto disponibile nell’anno. Poiché quanto disponibile nell’anno è insufficiente per tutti (anche ipotizzando che fosse distribuito in modo equo, ma poiché oggi non lo è sarebbe irragionevole ipotizzare che accada) la conseguenza sarà una gigantesca (o strisciante) carestia.

Quindi o si riduce il consumo di risorse a livello di sostenibilità, o si riduce la popolazione. La strada verso questa mega-catastrofe la stiamo già percorrendo. La scelta se reagire cercando di impedirla o lasciare che accada è ineludibile. L’umanità può guidare l’evoluzione verso una società che tenga conto di questi vincoli reali, o essere travolta dalle conseguenze dei meccanismi sociali in essere.

Le differenze tra le politiche di soluzione del problema  adottate nel secolo scorso nei vari Paesi, alcuni più lungimiranti di altri, sono state i prodromi di ulteriori conflitti già in corso. La pressione migratoria dall’Africa verso l’Europa Occidentale è anche dovuta al diverso tasso di sviluppo demografico; quasi nullo nell’Europa Occidentale, altissimo in Africa. Per un feedback perverso, le tecnologie mediche e agrarie elaborate nell’Europa Occidentale negli ultimi secoli e le “buone pratiche” importate in Africa dall’Europa hanno consentito all’Africa di avere un tasso di sviluppo demografico come mai nella sua storia plurimillenaria. Conseguenza è una pressione demografica enorme, problema di dimensioni storiche ma che l’Europa si rifiuta di affrontare nella sua drammaticità.

Una organizzazione politica che voglia  puntare a cambiare il mondo deve evitare il permanente schiacciamento sul quotidiano. La tattica  politica diffusa attraverso sintetiche declamazioni mediatiche impedisce di alzare lo sguardo oltre l’immediato. Distrae dal ricostruire l’evoluzione nel tempo dei drammi giornalieri. Trasforma la politica, grazie ai politici che puntano solo a offrire la miglior battuta possibile ma senza orizzonti “pensati” o sufficientemente complessi, in un mondo incapace di  incidere realmente sul corso degli eventi e, alla fine, sulla Storia.

Le visioni semplicistiche portano a scelte semplicistiche, che nella realtà si rivelano inadeguate, se non sbagliate e a volte catastrofiche, come è oggi la guerra nel Donbass.. A volte le scelte complesse sono persino più dure, e sanguinose, di quelle semplicistiche, ma hanno effetti duraturi. Gli statisti emergono tanto più sui politici quanto più guardano lontano nel tempo e in questo periodo il governo che ragiona di più guardando all’evoluzione nel tempo è quello della Cina, che infatti inesorabilmente sta diventando la prima potenza mondiale.

Le innumerevoli trasformazioni sociali che abbiamo nel presente, e nel prossimo futuro, non sono solo collegate ad alcune innovazioni tecnologiche,  ma a come si organizza il coinvolgimento degli  altri settori dell’economia e della organizzazione sociale. Non è vero che le possibilità aperte dalla tecnologia superino  di gran lunga le ideologie etiche che l’umanità aveva elaborato, nelle varie culture e civiltà, nel corso dei millenni; è vero che a problemi nuovi occorra dare soluzioni nuove, anche scartando e buttando nei polverosi archivi delle biblioteche le parti di ideologie non più attuali.

Esistono sì domande impensabili fino a pochi anni o addirittura mesi or sono, ma il voler “non” dare risposte è figlio dell’interesse privato di chi ha già deciso (dando quindi di fatto risposta) che il “lasciar fare” gli convenga.

Se le attività umane hanno quasi definitivamente trasformato il pianeta in una immensa industria è perché esistono due convenienze: dei popoli a disporre dei prodotti che l’attività economica può fornire, e dei padroni delle aziende a guadagnare.  Se tutte le risorse  esistenti, umane, animali, vegetali e minerali sono oggetto di  sfruttamento  è perché vi è convenienza immediata, e si agisce  secondo questa convenienza immediata. Se  la popolazione, in molti Paesi, sta esplodendo, è perché alla convenienza familiare di essere “molti” si unisce la convenienza della classe dirigente ad avere molti soggetti da parassitare, sia sfruttandoli come forza lavoro sia usandoli come forza militare.

Questi processi a vista corta avvengono senza comprensione della complessità dei meccanismi che presiedono alla biosfera nella quale viviamo. Si dà per scontato che, visto che il problema non si è mai posto, tutto si aggiusterà. Non è così. Queste enormi trasformazioni hanno innescato processi di distruzione ambientale che molti studiosi ritengono quasi irreversibili: dal cambiamento climatico fino all’annuncio dell’inizio della VI estinzione di massa della vita sul pianeta dovuta alla moltiplicazione degli Homo Sapiens, che ha come conseguenza disboscamenti e sfruttamento intensivo.

I conflitti demografici

Per la prima volta nella storia umana, il XXI secolo è il secolo del limite al flusso di popolazioni: non esistono più territori ricchi di risorse naturali gratuite dove emigrare. Si torna alla contesa per i  territorii. Cosa altro è la guerra nel Donbass se non un conflitto dove gli ucraini e i russi si contendono il territorio? Abitato dai russi, gli ucraini lo vogliono nell’Ucraina, i russi in Russia.

L’emigrazione dall’Africa, ancora poco densamente popolata (36 persone per kmq) verso una Europa Occidentale sovrappopolata (200 persone per kmq) e che importa gran parte delle risorse alimentari e minerali che usa, è insensata e non è “naturale”. E’  dovuta solo alle diverse organizzazioni sociali realizzate nei due continenti.

Accanto a questi processi che le classi dirigenti sfruttano in vario modo, e quelle parassite solo per diventare ancora più ricche,  oggi l’umanità si trova ad attuare  scelte irreversibili come quella di modificare il proprio destino evolutivo e quello di tutte le specie attraverso la modifica generalizzata dei DNA dei viventi.

Altre scelte, potenzialmente catastrofiche nel complesso, sono frutto di una miriade di piccole scelte localmente convenienti ad alcuni, come quella di affidare alle nuove forme di Intelligenza Artificiale (che sicuramente è artificiale  e non è intelligenza ma programmazione molto complessa) la gestione di strutture critiche e complesse.

Che queste scelte  ben più complesse siano offuscate da quelle più semplici (ma politicamente scorrette) di bilancio, di indebitamento pubblico, di distribuzione equa della ricchezza prodotta, di frenare il parassitismo dell’1% verso il 99%, è una scelta politica.

Le scelte di politica economica devono essere subordinate a quelle di politica demografica. Altrimenti  rappresentano solo un tentativo ragionieristico (inteso come quello di chi guarda solo al contingente che lo riguarda) e alla lunga inefficace, di continuare a partecipare al banchetto  che sta portando il Pianeta Terra a un vero e proprio collasso e la popolazione umana verso una catastrofe demografica.

Per reagire a questa situazione, e agire politicamente, è necessaria una ideologia politica che sia  adeguata. E’ necessaria  una indipendenza  di pensiero all’altezza dei problemi in essere e di quelli futuri.  Invece di posticipare qualunque scelta a data da destinarsi, o a quando ci sarà un consenso mondiale impossibile da ottenere con le classi dirigenti di oggi, sono necessarie scelte politiche locali (nazionali ed europee) coerenti con l’obiettivo di  “governare” questi problemi ed evitare la catastrofe, o ridurne gli effetti nel Paese dove viviamo. E’ necessario elaborare consapevolezze nuove, progettare  obiettivi politici diversi, abbandonare ideologie e  soluzioni politiche non più all’altezza.

E’ necessaria una ideologia che non si limiti alla pura e semplice rivendicazione di  diritti o alla volontà di realizzare l’equità sociale in Europa, ma che voglia realizzare una organizzazione sociale adeguata a rispondere alle sfide del XXI secolo.

Alcuni intellettuali vogliono uscire dalle logiche che stanno portando il mondo al collasso. Vogliono proporre una “mossa del cavallo” per uscire da un terreno e da un gioco che li vede da troppo tempo in difesa e sconfitti. Non vogliono una omologazione al pensiero dominante, alle sue logiche e alle ricette per rendere meno cruento l’impatto del neo-liberismo, ma puntano a una diversa pratica rispetto alle ricette praticate nel passato; ritengono che abbiamo bisogno di nuove culture, nuove rivendicazioni e, soprattutto, della capacità di iniziare a costruire direttamente le nuove condizioni di vita del futuro. Su questo fronte vogliono che siano impiegate le risorse pubbliche.

Problemi nuovi per Italia e Europa

Una  “re-ingegnerizzazione” della società, un governo  di TRANSIZIONE del XXI secolo verso una società più egualitaria e con una popolazione minore, o che incida molto meno sulle risorse naturali, è una necessità  obbligata se non si vuole arrivare alla più grande strage di Homo Sapiens della storia  conosciuta.

Non è un problema astratto o  che riguardi altri. L’Italia è in prima linea: un paese che importa il 50% dei suoi consumi alimentari, un paese talmente povero nel XX secolo da perdere metà della sua popolazione (circa 50-60 milioni di discendenti di italiani vivono fuori Italia) e da praticare l’autarchia, un Paese dove l’emigrazione sta crescendo, la disoccupazione anche, un Paese che da decenni accetta e agevola una immigrazione spesso inassimilabile che è già arrivata a superare il 10% dei residenti, un Paese che sta perdendo tutte le industrie perché trova più conveniente per ora importare prodotti dalla Cina, un Paese con un Esercito di 80.000 unità e niente addestramento militare diffuso, è un Paese debole sotto ogni aspetto e che di fatto è già considerato  fuori gioco.

L’Europa è in prima linea. E’ un continente che importa gran parte delle materie prime (le risorse russe sono enormi, ma non abbastanza), che importa cibo, che è spaccato in due, in tre, con l’Europa Occidentale che attua una politica e quella Orientale che ne attua un’altra. E’ un continente dove, nonostante due guerre civili, la parte occidentale  e la parte orientale si vedono ancora come avversari sul piano militare, quando non hanno nulla da contendere sul piano politico,e  tutto da guadagnare dall’essere uniti verso il resto del mondo. E’ un continente che non ha una strategia unitaria verso i problemi  provenienti dall’esterno: dove a occidente l’islamismo ha carta bianca mentre a oriente viene combattuto con le armi, dove a occidente ai prodotti cinesi si aprono tutte le porte mentre a oriente è lo Stato a decidere. E’ un continente che soffrirà di siccità a Sud mentre a Nord l’effetto serra renderà più coltivabili vaste aree, non ha ancora neanche ipotizzato  una politica di ridistribuzione demografica al suo interno e si illude di poter mantenere aperte  le porte a due continenti enormemente più grandi di lui. Esattamente come la Grecia, che si riteneva superiore all’Impero Romano.

Abbiamo sempre creduto che qualunque sviluppo storico si debba affrontare con due occhi: uno rivolto al passato per imparare dalle esperienze e non ripetere gli errori del passato,  e l’altro rivolto al futuro.  Le ideologie del passato sono state concepite per il passato, le ideologie del presente debbono adattarsi al presente, quelle del futuro debbono sostituirle.

Non è mai esistita, nel passato, una simile combinazione di problemi e di vincoli come oggi, ma non è mai esistita nel passato una tale mole di conoscenze scientifiche a disposizione. Probabilmente non è possibile consentire a 8 miliardi di persone di vivere dignitosamente come oggi si ritiene opportuno, per generazioni e generazioni, con questo tasso di consumo delle risorse naturali, e quindi occorrerà  far diminuire la popolazione affinché possa continuare a vivere.

Questo è un problema che l’umanità non ha mai dovuto affrontare, e l’averlo già affrontato separatamente nei diversi Paesi è già probabilmente una delle ragioni delle guerre attuali e  prossime. Abbiamo già dei conflitti in corso per questa ragione: Bangladesh-Myanmar, Ucraina-Russia, Israele-Palestina sono soltanto quelli all’onore delle cronache in questo periodo.

Il governo cinese ha impresso una svolta al problema con la politica del figlio unico, che ha consentito di avviare il circolo virtuoso dello sviluppo. L’Europa Occidentale ha risolto il problema tramite l’educazione, che ha di fatto stabilizzato la popolazione ma mantenendo (unica al mondo) l’attuale politica di porte aperte all’immigrazione indiscriminata,  gli scontri avvenuti nell’Europa Occidentale tra autoctoni e non  potrebbero essere  solo i primi refoli di una bufera.

Altri Paesi incentivano lo sviluppo demografico, nella convinzione di poter volgere a proprio vantaggio i flussi migratori, ma fino a quando? Finché il flusso è verso Stati con  governi al budino, gli ingressi sono continui e pacifici. Cosa accadrà quando i governi di budino saranno sostituiti da governi di ferro che vorranno invertire i flussi, e espellere gli immigrati non voluti? Una decina di anni fa  il Myanmar  espulso   immigrati giunti dal Bangladesh qualche decennio fa. Il Bangladesh ovviamente non li voleva. Il Bangladesh ha 150 milioni di abitanti, il Myanmar circa 50. I metodi feroci usati dall’esercito birmano per realizzare l’espulsione sono arrivati  dopo decenni di pressioni che non hanno ottenuto il risultato desiderato. Questo potrebbe ripetersi ovunque nel mondo vi sia una immigrazione non voluta e inassimilabile. Donald Trump ha vinto le elezioni USA promettendo 12 milioni di espulsioni.

La soluzione non è la tecnologia

Moltissimi credono che la soluzione sia più tecnologia. Le tecnologie non sono buone o cattive: è l’uso che se ne fa ad essere buono o cattivo. La stessa disponibilità di trasporti e tele comunicazioni che sta causando problemi di immigrazione e globalizzazione garantisce la possibilità di una ridistribuzione veloce delle risorse alimentari quando necessario.

Le ideologie del XX secolo sono superate; si può prendere da esse qualcosa, anche molto, ma ha senso solo elaborarne di nuove, che tengano conto della evoluzione della società. Le tecnologie informatiche hanno reso il capitalismo pervasivo, veloce, onnipresente, non ha senso rinnegarlo. Ma contemporaneamente lo hanno reso iper-dipendente dagli Stati dove queste tecnologie sono impiegate. Non un solo scambio può avvenire sul mercato se lo Stato controlla i server. Non una sola transazione informatica può sfuggire al fisco, se lo Stato non vuole. Se dal 1990 viviamo nella società neo-liberista (in Europa e USA) la società del dopo neo-liberismo non sarà realizzata  guardando alle vecchie ideologie, concepite in tempi in cui solo l’Europa era industrializzata, e le uniche ideologia religiose presenti in Europa erano quelle cristiane.

Occorre sviluppare altre ideologie che sfruttino il capitalismo finanziario come un utile cavallo per andare dove si vuole, che considerino anche le ideologie religiose non cristiane, e che considerino anche gli studi di economia realizzati nell’ultimo secolo.  Possiamo dire che nessuna ideologia sarà  più come prima, e con sicurezza  possiamo dire che questa trasformazione è solo agli inizi. Decine di volumi elaborato da pensatori del XIX e XX secolo vanno presi, rispolverati, e setacciati. L’uomo è sempre lo stesso, e in ogni ideologia c’è qualcosa che vale anche per gli uomini di oggi; si prenda l’oro che serve oggi, e si lascia il resto. Poi il vecchio oro sarà  fuso e utilizzato per realizzare gioielli nuovi, aggiungendo qualcos’altro.

Ideologie e tecnologie

Chi realizzerà questa elaborazione (non una sola persona) sarà per definizione “di sinistra” nel nuovo significato (ma vecchio dal XIX secolo) di “innovatore”. Categoria da distinguere nettamente da quelle parti politiche che vengono oggi definite “sinistra” su molti media, e che sono storicamente vecchie. Così vecchie che la componente conservatrice, reazionaria, antiegualitaria sta diventando, o è già diventata, preponderante.

Le trasformazioni tecnologiche in sé (è noto  da quando si è passati dal paleolitico al neolitico, con la tecnologia della pietra levigata) non eliminano le diseguaglianze innescate dall’egoismo umano,   possono essere usate per vincere i conflitti sociali e sviluppare nuove crudeltà,  e nuovi modelli di sviluppo ancora più oppressivi.   L’innovazione tecnologica in Europa del XX secolo, senza l’ideologia politica che ha cercato di indirizzarla al bene comune, avrebbe portato a maggiori dolori e ad una società ancora più ingiusta. In Europa questa azione politica c’è stata, per questo oggi l’Europa è l’obiettivo dei migranti che vorrebbero scappare da Paesi dove questa azione non c’è stata né c’è, e forse non ci sarà mai fino alla prossima rivoluzione.

Ogni innovazione tecnologica che può ridisegnare i rapporti tra i membri di una società, quando non viene incanalata da una classe politica dotata di una ideologia che sfrutti le sue potenzialità per soddisfare i bisogni sociali e accrescere l’uguaglianza, produce maggiori distorsioni e maggiore alienazione. Quando viene sfruttata da una classe politica chiaramente dotata di una ideologia egoistica, produce oppressione, disuguaglianza e sofferenza. I bisogni dei  neoluddisti non  sono stati soddisfatti dalle forze di mercato, né dalla forza delle armi, ma da un contesto in cui alcune parti politiche   hanno cercato di realizzare una società in cui l’uso di nuove macchine avesse effetti positivi per tutti, non solo per le aziende private.

Oggi le  tecnologie elettroniche, dell’informazione e della comunicazione  sono state, sono e saranno, foriere di innumerevoli trasformazioni nell’economia, nella produzione, nei rapporti lavorativi e anche nei rapporti umani. Oggi vengono sommariamente definite tecnologie digitali, evidentemente perché molti ignoravano che anche l’alfabeto è una tecnologia digitale, poiché si basa su un gruppo di simboli anch’esso. Di fronte a queste grandi trasformazioni si hanno diverse scelte, nell’ambito politico:  sfruttarle, ignorarle, sottovalutarle o esaltarsi.

Ogni area politica affronta questa scelta in modo diverso. In Italia c’è persino un partito di destra che negli anni ‘90 è nato grazie alle tecnologie elettroniche (allora si trattava di video cassette). Poi  è nato un altro partito  che ha ampiamente sfruttato la disponibilità di siti sul web per farsi conoscere, e addirittura per scegliere i suoi candidati in Parlamento. L’area politica nettamente a destra nel Parlamento Italiano si definisce di centro-destra, la “sinistra” include tutto il resto. L’ultimo Partito arrivato, in ordine di tempo, in Parlamento si definisce “non di sinistra” (in odio alla sinistra storica al potere) e un “movimento” (in odio ai Partiti preesistenti); di fatto è di sinistra, anzi di estrema sinistra essendo l’ultimo arrivato. Il termine Sinistra va preso con le molle in attesa che qualcuno  ne inventi un altro che abbia successo.

Data:

3 Febbraio 2025

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