Felicità, gioia, paura, dolore, nostalgia, tristezza, godimento: le grandi emozioni si presentano sempre indipendentemente da qualsiasi intenzione di soffocarle o di superarle. Perché, appunto, le emozioni sono semplicemente i moti costitutivi della condizione umana. Più precisamente, sono quei modi di essere affettivi che Leopardi chiamava “passioni” e che, a differenza della ragione, hanno una spinta inesorabile verso gli altri.
Perciò, lo scrittore immortala su carta i propri sentimenti, seppure con un ritardo di anni, dovuto a quel salto nel buio tipico di quando si preferisce la notte.
Un dolore privato, quello di Fabiana Grasso, che rivive un’esperienza personale, seppure generalmente condivisa, di amore. Un’esperienza umana trasposta su carta, nel solco di una non sanata piaga, resa lessicalmente ancora non rimarginabile anche dall’uso criptico della (particolare o mancante) punteggiatura da parte dell’autrice. Per una scrittura in cui elegie e cronache si alternano a sonetti quando ci si ritrova ad essere due plurali inattesi. Ci conosciamo da anni, Fabiana ed io. Intimamente, seppur non personalmente, avendo supplito a tale ossimoro delle nostre esistenze leggendoci e rileggendoci nel tempo. Tanta e tale è, infatti, la nostra consonanza, che in UN RITARDO DI ANNI ho ritrovato ferite mie e rimandi, e sangue e carne e ancora anima, nelle stesse mie/nostre parole di poesia… cercami… il mare… la proibita notte…
Ci sono giorni disabitati ci fa sapere Fabiana, dalla sua penna. È vero, rispondo io dall’altra parte del foglio: sta a noi poeti renderli animati e vividi, alla perenne ricerca lirica di quell’orizzonte di senso che ci porta, lui e solo lui, a soddisfare il bisogno eterno dell’infinito.
Costanza Bondi