La situazione economica venutasi a creare a seguito della pandemia da Covid-19 impone alcune riflessioni in materia di eupolitica finanziaria. Le evidenze statistiche sul sommerso economico e sull’evasione fiscale confermano che tali fenomeni rappresentano il peggiore deterrente all’ottimizzazione di un Sistema-Paese fondato su equità e produttività.
Sommerso ed evasione fiscale non sono sinonimi e si riferiscono a fattispecie che producono effetti diversi (e non solo nelle rilevazioni contabili). L’economia sommersa possiede profonde radici culturali nel contesto del cosiddetto antiStato ove proliferano attività malavitose, la fiorente industria del crimine che in momenti, quali quelli generati dal Covid-19, realizza massimi fatturati lucrando sulla crisi delle imprese e delle famiglie ridotte ad elemosinare prestiti per poter sopravvivere. L’economia sommersa è parte dell’economia non osservata e l’evasione fiscale è collegata all’occultamento di basi imponibili generate dall’impiego di fattori di produzione (il sommerso economico).
L’economia non osservata comprende, in teoria, anche le attività illegali che ad oggi non sono valutate dall’Istat e che quindi non rientrano nel computo del Pil.
Il trend di crescita dell’evasione fiscale parallelamente alla crescita della pressione fiscale che, malgrado la intensificazione dei controlli, colloca il nostro Paese in maglia nera nel contesto internazionale non può essere sicuramente negato ma, in un’ottica di comparazione internazionale con altri Stati, merita di essere ridimensionato nei termini di analisi. L’Italia è lo Stato nel quale l’organismo deputato alle stime statistiche, l’Istat, fotografando la situazione del sommerso con puntualità consente la possibilità di “diagnosi”e la misurazione annuale ufficiale a differenza dei tanti Stati che non forniscono alcuna informazione sul fenomeno, sebbene il medesimo debba essere valutato, in ottemperanza agli obblighi comunitari, secondo gli standard statistici internazionali.
Basti considerare che la stessa virtuosa Germania, additata come modello di eupolitica finanziaria, non fornisce alcuna indicazione sulla frazione di economia sommersa inclusa nel suo prodotto interno lordo.
Sappiamo che imposte e tasse sono necessarie per finanziare i servizi offerti dallo Stato centrale e dalle amministrazioni locali e per effettuare gli investimenti pubblici ma sappiamo anche che l’entità della pretesa fiscale della pubblica amministrazione è determinata, nel medio lungo termine, dall’ampiezza della spesa pubblica secondo l’equazione spend and tax (contrapposta alla tax and spend di matrice liberale) in ossequio alla quale per poter ridurre le tasse bisogna prima ridurre le spese. In tempi di Covid-19 si verifica il medesimo fenomeno di quando le pretese del fisco raggiungono livelli elevati. Accade che i contribuenti che possono evadere optano per uscire dal sistema dell’economia legale per rifugiarsi nel sommerso mentre i contribuenti che per qualche ragione non possono o non riescono ad evadere restano stritolati dalla pressione fiscale e rifiutano di partecipare all’attività produttiva. Sono questi coloro che, in numero sempre crescente, perdono la fiducia nel livello di efficienza e qualità della spesa pubblica nel convincimento all’aumento degli oneri imposti dalla fiscalità generale non corrispondano migliori servizi sociali, sistemi previdenziali, investimenti per infrastrutture e tecnologie, politiche fiscali redistributive.
Si depaupera così il concetto di bene pubblico. Le manovre di finanza pubblica e gli interventi diretti alla rimodulazione della spesa rischiano di conseguire risultati trascurabili se si disconoscono i valori la res pubblica confondendoli con quelli della res nullius , in nome dei quali i “contribuenti” decidono di occultare i redditi verso enclaves sommerse e di non rispettare le obbligazioni tributarie e contributive derivanti dalla propria attività produttiva.
In questo momento particolare gli investimenti debbono essere oculatamente indirizzati. Il salvataggio delle piccole imprese e gli interventi contro la disoccupazione non debbono disconoscere le esigenze di modernizzazione delle infrastrutture fisiche e immateriali, della necessità di finanziare ricerca e sviluppo nonchè della domanda di servizi sociali. Uno sviluppo sostenibile che tenga conto del diverso sviluppo territoriale è fortemente inibito dalla difficoltà di coprirne i costi con le risorse provenienti dalla attuale leva fiscale.
Il ridimensionamento strategico, attraverso l’attuazione del sistema organizzativo, ridurrebbe sprechi e inefficienze riqualificando le singole finalità su cui è articolato il conto delle amministrazioni pubbliche: ciò dovrebbe far uscire il Paese dalla situazione entropica del momento.
Perché gli obbiettivi dei piani di spesa pubblica non restino suggestioni è necessario andare oltre il saldo del bilancio pubblico dettato dall’ impostazione virtuosa ed equilibrata della finanza pubblica, e considerare che la conduzione della finanza pubblica deve porsi l’obiettivo di ridisegnare l’area dello stesso intervento pubblico contestualizzandola all’attuale situazione.
Un’etica pubblica condivisa è la soluzione di natura economica che deve riaffermare i valori della res pubblica non trascurando il fatto che la maggior parte delle economie avanzate negli ultimi decenni hanno adottato strategie anticrisi diverse da quella nostrana per fare fronte ai tanti problemi di crescita, di equità, di benessere dei loro cittadini.