Nel panorama narrativo del genere thriller possiamo annoverare il coinvolgente romanzo di Vito Ditaranto, militare di professione e impareggiabile scrittore, già dedito alla scrittura per aver pubblicato sillogi poetiche ed essersi occupato di letteratura offrendo la propria collaborazione a riviste online di settore. L’opera intitolata “V.I.T.R.I.O.L. – L’Artigliatore”, prodotta dalla casa editrice “LeMezzelane”, fa parte della collana denominata “Ossessioni”, che si occupa di mistero e di soprannaturale.
Il racconto ripercorre la storia di Joshua Tree, un appassionato studioso di Cabala che si accinge ad accumulare conoscenze e a trasmettere segreti e formule magiche, nonostante la persistente presenza di un’entità misteriosa chiamata l’Artigliatore. Lo stile asciutto e mai ridondante dello scrittore rivela un’approfondita conoscenza e padronanza lessicale, frutto di un meticoloso studio ed esercizio di scrittura consolidato nel corso degli anni. L’organizzazione strutturale del pensiero, inoltre, favorisce l’immediata comprensione da parte del lettore, che riesce a cogliere la percezione sensoriale e i particolari delle scene descritte. L’autore, di fatto, cerca di far emergere quegli aspetti della narrazione in cui interagiscono persone, animali, oggetti, situazioni che rendano il lettore consapevole di un’esperienza di iniziazione.
Vito Ditaranto, di origine lucane, ha voluto dedicarci parte del suo tempo per consentirci di conoscerlo meglio, invogliandoci a leggere la sua preziosa opera.
Chi è Vito Ditaranto?
Come direbbe Pirandello, io sono “uno, nessuno e centomila”. Mi sento un po’ come Vitangelo Moscarda, protagonista del celebre romanzo: “… muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori…”. Cerco di mettere su carta me stesso, arrivando ad affrontare aspetti nascosti, profondi, quasi ignoti che attanagliano il mio io interiore, restando sempre in connessione con l’amore più grande della mia vita: mia figlia Miriam.
Parliamo del romanzo “ V.I.T.R.I.O.L. – L’Artigliatore”: come e perché nasce?
Il tutto nasce da una ricerca interiore e da una sete di conoscenza che caratterizza tutta la mia esperienza personale. La parte più difficile del creare un libro viene ancor prima di cominciare a scrivere. Faccio sempre una scaletta e mi metto al lavoro quando tutta la storia è nella mia testa. Ovviamente, tutto cambia mentre sto scrivendo, poiché spesso i personaggi hanno una loro vita, che non posso controllare. Ho immaginato i protagonisti come anime all’interno di un contenitore, ove possiamo vedere le diverse parti di cui è composta la mia vita e quella del lettore, proprio come le sfaccettature di un poliedro, in cui ogni singolo evento influenza gli altri come fossero vasi comunicanti. Il romanzo rappresenta il percorso interiore e ideale da cui vorrei tirar fuori tutto il mio potenziale nascosto.
Cosa ha spinto lo scrittore a prediligere questo genere narrativo?
Quando ero giovane volevo diventare un calciatore, un medico o un veterinario. Quindi, stando ai miei iniziali progetti per il futuro, sarei un uomo che non ha avuto successo, dato che non raggiunto nessuno dei miei obiettivi. Non ho mai voluto intraprendere la carriera di scrittore, ma sono un lettore da quando ero un ragazzino. Un giorno, ero seduto in un’affollatissima sala d’attesa di un medico. Durante la lunga attesa, il mio cervello ha cominciato a speculare sul perché un unico paziente si trovasse da oltre un’ora nella stanza del medico. Cominciai a farmi mille ipotesi e un milione di domande. Da allora ho iniziato a scrivere thriller per ispirare, per racchiudere la mia passione in un unico luogo e trasmetterla al prossimo.
L’ispirazione è giunta da qualche episodio realmente accaduto o l’opera è interamente frutto della fantasia?
Il romanzo unisce in maniera perfetta realtà e fantasia: alcuni episodi sono stati ispirati da eventi reali, mentre altri sono pura fantasia o addirittura esaltazioni della realtà. In Cina dicono che due terzi di quello che vediamo è dietro ai nostri occhi. Io, invece, dico che tutto quello che non vediamo dipende da quello che c’è dietro ai nostri occhi. Vi sono situazioni in cui l’improvvisa trasformazione del modo di vedere le cose moltiplica la capacità di intuire ciò che era davanti a noi. Il libro, per via di alcuni eventi che hanno segnato la mia vita, era già dentro di me, avevo solo bisogno di dargli voce. Tutti i personaggi hanno qualcosa di me, addirittura ve n’è uno che porta il mio stesso nome, caratteristica che peraltro si può ritrovare in tutti i miei romanzi. In questo libro, sicuramente Joshua è il personaggio più simile a me: ha girato e vissuto in molti Paesi del mondo ed è un uomo che cerca sempre di dare un senso alla vita che lo circonda, a volte volando con la fantasia e lasciandosi condizionare da essa.
Qual è la parte del libro che vuole testualmente riportare, che funga da invito all’attenta lettura della sua avvincente narrazione?
Vedere se stessi come il personaggio di un romanzo, soprattutto come l’eroe fortunato della propria storia. Nella maggior parte dei casi, il protagonista viene sconfitto più volte nel corso della narrazione. E solo una volta vince, come nella brillante scena finale del mio libro: “…Io, Jacob Frank, lascio queste carte nelle mani del mio fidato amico Joshua Tree, fiducioso che per sua interposta persona finiranno nelle mani più attente e comprensive. Scrivo, dunque, come se nella persona del futuro lettore mi rivolgessi a un altro amico stretto e fidato, con il quale non ho potuto assaporare i piaceri dell’amicizia solo per una piccola discrepanza di tempo…”. “You cannot teach a man anything. You can only help him to find it for himself”… e poi c’è anche la poesia di Lorenzo de’ Medici, che conclude tutto il romanzo in poche parole: “Natura insegna a noi temer la morte, ma Amor poi mirabilmente face suave a’ suoi quel ch’è ad ogni altro amaro”. È così che inizia la follia…
Sono in cantiere progetti futuri?
Io sono un camminatore. So che la strada è lunga, ma ho molti progetti in cantiere. Ho tante idee in mente: alcune bozze e idee su altri thriller, più un altro progetto, che tengo ancora un po’ per me. Si tratta un grande romanzo autobiografico, completamente dedicato all’amore che nutro nei confronti di mia figlia Miriam.
Concludiamo con una delle frasi più significative di “V.I.T.R.I.O.L. – L’Artigliatore”: “Ora sorridi. E, quando avrai un momento di smarrimento o indecisione, fermati, aspetta e senti il tuo cuore…”.