Traduci

UNA DOSE DI BUON SENSO…

cms_21880/1.jpgSiamo ormai agli sgoccioli.

Dopo più di un anno di pandemia sembra che le cose stiano prendendo il verso giusto.

Parlare di lieto fine forse è ancora prematuro, ma la campagna vaccinale prosegue (seppure con qualche inciampo), e potrebbe addirittura dirsi conclusa nel giro di qualche mese.

Rimane un solo grande punto interrogativo, ossia cosa fare dei veri dimenticati dalla pandemia.

E no, non sto parlando di commercianti, anziani o bambini, ma di una categoria che, se possibile, ha un destino ancora più incerto: i no-vax.

Bersagliati sui social e costantemente screditati agli occhi dell’opinione pubblica, eppure loro sono ancora lì, fermi nel sostenere la loro posizione.

Se ve li immaginate come fanatici antivaccinisti, probabilmente siete sulla strada sbagliata. Chi rifiuta la dose, nella maggior parte dei casi non è un negazionista esaltato, ma più semplicemente una persona anziana o con un titolo di studi basso (i dati confermano che un terzo degli italiani ha solo la licenza media).

Puntare il dito e inveire come sempre non ci porterà da nessuna parte (se non probabilmente incontro ad ulteriori ritardi). La scienza (e non sarebbe la prima volta) non riesce a parlare il linguaggio delle persone comuni, che reagiscono con l’unico sentimento che l’uomo è in grado di opporre di fronte all’ignoto e all’incomprensibile: la paura.

cms_21880/2.jpg

Rispetto al caso AstraZeneca, gli ultimi dati sono davvero scoraggianti, le dosi rifiutate giacciono a migliaia negli hub di tutta Italia. Eppure, se proprio dobbiamo parlare di responsabilità, forse dovremmo ricercarla in chi sta gestendo le informazioni sulla campagna vaccinale in modo così antidemocratico, e non parlo solamente di politici vari ed eventuali, ma soprattutto di quei giornali e programmi televisivi di inchiesta che hanno più spesso confuso che informato, creando allarmismi inutili pur di fare notizia.

La colpa è solo dei mass media moderni? Un rapidissimo sguardo al passato sarebbe sufficiente per fugare ogni dubbio. L’esitazione in realtà è forse nata con il primo vaccino. Ad esempio, già a partire da fine ‘800, molti dottori erano concordi nel ritenere che la pratica vaccinale fosse “la principale, se non l’unica causa del mostruoso incremento del cancro” (Dr. Robert Bell, 1922).

Possiamo individuare alcuni fattori psicologici alla base di questo rifiuto. Innanzitutto, in media, gli esseri umani non sono amanti del rischio e generalmente manifestano una tendenza alla stabilità molto marcata. Inoltre, numerosi esperimenti dimostrano che l’attivazione del sistema di pericolo non influenza solo la percezione del dolore, ma di fatti condiziona profondamente il modo in cui ragioniamo. Da qui il concetto di “sistema immunitario comportamentale” riferito a tutti quegli atteggiamenti sociali e individuali volti alla riduzione del contatto con il potenziale patogeno.

cms_21880/3.jpgAlcune ricerche hanno evidenziato una correlazione positiva fra l’esitazione vaccinale e l’alta espressione di valori morali come libertà e purezza, altre sottolineano una frequente associazione con il cospirazionismo. Appare evidente anche il peso delle credenze politiche: i conservatori in generale sono statisticamente più contrari, forse in virtù della minore tolleranza all’alterazione dello status quo.

Uno studio italiano del 2017 si pone l’intento di individuare la tattica più efficace nel convincere i partecipanti, adottando diverse strategie. Al primo gruppo i ricercatori somministrano messaggi con modalità mito VS fatto reale, al secondo mostrano le correlazioni statistiche a sostegno dei vantaggi della vaccinazione, e nell’ultimo gruppo puntano invece sulla comunicazione emotiva, presentando immagini di bambini con gli orecchioni. Volete sapere quale strategia risultò più efficace? Nessuna. In linea di massima non si produssero cambiamenti significativi in nessuna delle condizioni sperimentali. Ragionare solo sulla logica, difatti, non è l’approccio giusto.

Dal punto di vista neurale, quando le persone ricercano informazioni, attivano il circuito della ricompensa, direttamente connesso alla sensazione di piacere. È ragionevole presumere che se dobbiamo veicolare informazioni nel tentativo di convincere qualcuno, piuttosto che opporre critiche e rimproveri, sarà di gran lunga più efficace offrire un supporto attivo, con gratificazioni e incoraggiamenti positivi.

No-vax, carota o bastone? La campagna vaccinale, per dirsi davvero efficace, dovrà quindi provarci “con le buone”. Per quanto assurde ci possano sembrare le posizioni di chi la pensa diversamente da noi, creare uno stigma farà solo aumentare queste differenze. Dice Ghandi che con la gentilezza si può scuotere il mondo. Forse no, ma sicuro qualche dose di vaccino in più la somministriamo.

Autore:

Data:

14 Maggio 2021