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UNO SGUARDO SUL MONDO : SIMONE WEIL – Della forza, del diritto e della giustizia

È possibile tenere insieme diritto e giustizia, la cura del mondo e l’essenza stessa della giustizia?  Come essere giusti in un  mondo tanto ingiusto?

È possibile un’ idea di giustizia in tempi così duri e spietati a causa delle ingiustizie sociali, del clima di violenza diffusa e del germe patogeno dell’odio? Nell’urgenza di esplorare nuovi sentieri, non dobbiamo mai smettere di interrogare le leggi, gli ordinamenti giuridici, le istituzioni nazionali e internazionali,  la politica, che si riflettono anche sul nostro modo di vivere e di pensare.

Le riflessioni di Simone Weil sulla forza, sul diritto e sulla giustizia, nella loro apparente inattualità, ci aiutano a ridisegnare l’idea di giustizia sul piano politico che, in  un mondo dominato dalla forza, propone il riconoscimento di una funzione equilibratrice del diritto nel porre un limite alla forza che i potenti di turno esercitano sui più deboli, e celebra la forza della legge in contrapposizione alla legge del più forte.

Se la logica della forza si impone sia che la si eserciti che la si subisca, si può essere giusti in un mondo ingiusto, scegliendo individualmente di non esercitare la forza e spogliandosi di ogni potere, non commettendo ingiustizia, sottraendosi ad ogni logica di potenza, rinunciando  a ogni forma di pretesa e di prestigio. C’è uno spazio in questo mondo per la giustizia? Per essere giusti – scrive Simone Weil – occorre “non fare uso di alcuna specie di costrizione né verso altri né verso sé stessi fuori dal campo dell’obbligo rigoroso”.

Per realizzare un atto di giustizia, chi occupa nella scala gerarchica un gradino superiore deve abbassarsi mentre l’inferiore deve innalzarsi – si pensi al buon Samaritano che vede la sventura dell’altro, ne ascolta il grido muto e lo soccorre –, in modo che la giustizia possa essere realmente efficace.

Quando i governanti investiti di un’autorità che si presenta come legittima esercitano il potere servendosi del diritto per costringere e obbligare i dominati a compiere determinate azioni, il diritto diventa “maschera della forza stessa ed è ridotto a mera funzione ideologica”. La legittimità delle istituzioni scaturisce solo dal “libero consenso del popolo all’insieme delle autorità alle quali è sottomesso”, e questo avviene quando si realizza il riconoscimento pubblico degli obblighi corrispondenti alle aspirazioni essenziali del popolo da parte dei pubblici poteri.

Come ultima ratio, l’ultima Weil sembra celebrare “il diritto costituzionale e la sua capacità di tenere sotto controllo il potere” recuperando la funzione del diritto. In realtà,  non si tratta di “un’apologia del potere legittimo di carattere tradizionale”, quanto piuttosto di “un invito a concepire la legittimità come prova ultima dell’assolvimento del difficile compito assegnato al radicamento”, ovvero la possibilità di “partecipare realmente, attivamente e naturalmente all’esistenza di una collettività che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti del futuro”.

Circa la visione della giustizia da parte di Simone Weil, la giustizia non è il risultato di regole generali e norme astratte da applicare meccanicamente; essa tiene conto di ogni essere umano nella sua singolarità fisica-mentale-sociale, risponde ai suoi bisogni concreti e ne rispetta le esigenze materiali e spirituali. Simone Weil propone di “uscire  dalla logica della misurazione e della negoziazione ed entrare in quella della rinuncia” da parte del forte e rinunciare ad esercitare sul debole il  potere di cui dispone, una logica della rinuncia, o decreazione, racchiusa nell’immagine della bilancia a bracci disuguali, che permette al grammo di prevalere sul chilo e a chi è schiacciato di innalzarsi su chi lo schiaccia.

La giustizia senza spada equivale al rigetto della forza in ogni ambito della vita individuale e della comunità, secondo la giustizia riparativa o rigenerativa, nella quale l’essere umano non è più visto come mezzo, ma come fine, con conseguenze in materia di diritto penale, in quanto la concezione di Weil è del tutto estranea alla giustizia repressiva. Se ogni essere umano è istintivamente portato a comportarsi in modo violento, è possibile sottrarsi “proporzionalmente al posto che il soprannaturale autentico detiene nella sua anima”.

Nel pensiero radicale di Simone si sgretola la logica della forza e del dominio e nello stesso tempo si contribuisce a ridare fiducia alle relazioni umane, ad avere cura di ogni essere umano e del mondo intero, secondo il monito contenuto in un frammento del 1939: “Non dobbiamo credere che, poiché siamo meno brutali, meno violenti, meno disumani di coloro che abbiamo di fronte, vinceremo. La brutalità, la violenza, la disumanità hanno un prestigio immenso, che i libri di scuola nascondono ai bambini, che gli adulti non si confessano, ma che tutti subiscono. Le virtù opposte, per avere un prestigio equivalente, devono essere esercitate in maniera costante ed effettiva…”.

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Bibliografia

Gabriella Bianco, La impaciencia de lo absoluto en Carlo Michelstaedter y Simone Weil, Ediciones Suarez, 2007

Non credere di avere dei diritti. La generazione della libertà femminile nell’idea     e nelle vicende di un gruppo di donne, a cura della Libreria delle donne di Milano, Rosenberg&Sellier, 1987

Tommaso Greco, La bilancia e la croce. Diritto e giustizia in Simone Weil, Giappichelli, 2007                                                                                                                                                                           Tommaso Greco, La legge della fiducia. Alle radici del diritto, Laterza, 2021

Tommaso Greco, Curare il mondo con Simone Weil, Laterza, 2023

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Data:

12 Dicembre 2024