Gli Stati Uniti non toglieranno le sanzioni all’Iran fino a che Teheran non rispetterà i suoi impegni: lo afferma il presidente americano Joe Biden in un’intervista rilasciata a Cbs News. Rimane, quindi, almeno in questo, la linea di Donald Trump, che con l’assassinio di Soleimani inasprì profondamente, e forse in modo irrimediabile, i rapporti con lo Stato degli Ayatollah. Anche se il neopresidente non ha sicuramente intenzione di mantenere quel tipo di tensioni, che avevano quasi portato ad un conflitto armato tra due Stati in possesso di armi nucleari, il leader Dem non vuole mollare la presa, e cercherà di spingere Ali Khamenei al rispetto delle promesse fatte proprio in tema nucleare. È quindi definitivamente da considerarsi respinta la richiesta avanzata dalla Repubblica Islamica, che forse con il cambio di guida negli USA sperava di trovare un interlocutore più malleabile.
Biden, invece, ci ha tenuto a mettere da subito le cose in chiaro. Nel corso della medesima intervista, il Presidente degli Stati Uniti ha parlato anche della Cina, ed in particolare del leader Xi Jinping. Lo ha fatto con una descrizione che potrebbe sembrare lapalissiana, ma, nel linguaggio istituzionale e considerando la difficoltà nella gestione dei rapporti tra gli States e il loro principale concorrente, hanno un grande significato: “In lui non c’è un briciolo di democrazia, è la verità”, ha detto Biden riferendosi al numero uno di Pechino.
Si ricordi che, negli Stati Uniti, la democrazia è vista come uno dei valori fondamentali che ogni Stato civile, e dunque ogni Presidente, deve difendere a ogni costo, essendo essa, nella visione americana, anche origine econditio sine qua non per il rispetto dei diritti individuali. Parole che arrivano dopo le prese di posizione cinesi riguardo la persecuzione degli uiguri e la repressione delle spinte indipendentiste di Taiwan, Paese che diversi funzionari americani hanno sostenuto, ricevendo per questo minacce esplicite e gravi, il tutto sommato all’ormai annosa questione di Hong Kong. La Cina ritiene che qualsiasi pressione da parte della comunità internazionale perché Pechino rispetti i diritti umani delle suddette popolazioni sia un’interferenza illegittima: posizione, questa, visibilmente inaccettabile, ma che soltanto gli Stati Uniti e l’Unione Europea nel suo insieme hanno la forza e la volontà per contrastare.