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Usa sospendono trattato nucleare con Russia

Usa sospendono trattato nucleare con Russia

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“La Russia ha messo a rischio gli interessi di sicurezza degli Stati Uniti, non possiamo più essere limitati da un trattato che la Russia viola in maniera spudorata”. Mike Pompeo, segretario di Stato americano, si esprime così nella giornata in cui gli Stati Uniti formalizzano l’inizio dell’iter per uscire dal Trattato Inf, relativo ai missili a medio raggio. Secondo Washington, Mosca ha violato l’accordo in oltre 30 occasioni. Se la Russia non torna a rispettare i termini entro 6 mesi, dice Pompeo, “il trattato verrà terminato”. “Gli Stati Uniti -aggiunge il numero della diplomazia a stelle e strisce- sperano di riportare le relazioni con la Russia su un binario migliore, ma spetta alla Russia cambiare rotta rispetto ad un modello di attività destabilizzante non solo su questo tema ma anche su molti altri”.

All’inizio dello scorso dicembre l’amministrazione Trump aveva detto che avrebbe abbandonato il trattato bilaterale se la Russia non avesse iniziato a rispettarlo, fissando così una sorta di ultimatum che scade domani, 2 febbraio. L’annuncio avvierà comunque un nuovo periodo, di 180 giorni, per renderlo definitivo a meno che la Russia non ritorni a rispettare l’accordo firmato nel 1987.

Gli Stati Uniti accusano la Russia di violare il trattato con i missili balistici tattici 9M729 perché la loro gittata supera i limiti posti dall’Inf e chiedono a Mosca di distruggerli.

L’annuncio ha creato preoccupazione riguardo la possibilità dell’avvio di una nuova corsa al riarmo con Mosca. Gli alleati degli Usa nella Nato, intanto, hanno fatto sapere, tramite il Consiglio del Nord Atlantico, di “sostenere pienamente” la decisione dell’Amministrazione americana di “sospendere i propri obblighi ai sensi del trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces), in risposta alle violazioni materiali” dello stesso da parte della Russia.

FRATTINI, ’E’ MESSAGGIO DI TRUMP A CINA’ – “L’uscita dal Trattato Inf è un messaggio molto forte che gli Stati Uniti inviano alla Cina”. L’ex ministro degli Esteri Franco Frattini commenta così, all’Adnkronos, la decisione annunciata oggi da Washington. Gli Stati Uniti hanno annunciato l’inizio dell’iter per abbandonare il Trattato Inf, che mette al bando i missili a medio raggio. Il passo, ha spiegato il presidente Donald Trump, è la conseguenza delle ripetute violazioni commesse dalla Russia, l’altro stato firmatario dell’intesa. “Sono estremamente preoccupato per questa decisione che rischia di creare un’ulteriore tensione e che rischia di condizionare anche gli alleati europei”, dice Frattini. “Questa uscita, al di là delle scontate dichiarazioni indirizzate alla Russia, nasconde un messaggio molto forte alla Cina. moto forte sulla Cina”. “A differenza di Washington e Mosca -ricorda Frattini- Pechino non è mai stata parte di questo trattato. Gli americani, in sostanza, si chiedono perché dovrebbero rimanere vincolati dall’accordo mentre la Cina non è più solo un attore economico, ma anche attore politico che sta investendo moltissimo sulle armi e sta costruendo una flotta che crescerà in maniera esponenziale”. In un quadro globale, “queste decisioni rischiano di creare un effetto domino, se pensiamo allo scenario mediorientale. Mi auguro che qualcuno riesca a spiegare a Trump che un’escalation del riarmo nucleare non conviene a nessuno. Il presidente degli Usa evidentemente non si cura dei paesi europei, ma questo gesto può portare a reazioni russe sulla frontiera orientale dell’Europa”.

“Su Venezuela Italia in linea con Ue”

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Mentre Juan Guaidò lancia un appello all’Italia “a fare la cosa giusta”, Palazzo Chigi sottolinea di essere in linea con la decisione dell’Unione Europea di indire nuove elezioni presidenziali in Venezuela. “L’Italia non ha mai riconosciuto le elezioni presidenziali che si sono tenute nel maggio 2018 e ribadisce la necessità di indire quanto prima nuove elezioni presidenziali” in Venezuela, si legge in una nota della presidenza del Consiglio, che rende noto come il Belpaese sia “in linea con la dichiarazione adottata dall’Alto Rappresentante Ue a nome dei 28 Paesi membri il 26 gennaio scorso” ribadendo “la sua massima preoccupazione per gli ultimi sviluppi in Venezuela”.

“L’Italia – prosegue la nota – in qualità di membro del Gruppo di Contatto istituito in occasione della Riunione dei Ministri degli Esteri dell’Unione Europea a Bucarest è a favore di ogni iniziativa diplomatica che favorisca un sollecito, trasparente e pacifico percorso democratico ed eviti lo stallo nel Paese nel primario interesse di tutto il popolo venezuelano e della numerosa comunità italiana che vi risiede e auspica infine che ogni sforzo collettivo sia mirato a non alimentare le divisioni interne al Paese e nell’ambito della Comunità internazionale”.

All’indomani del voto al Parlamento europeo che lo ha riconosciuto, con una risoluzione non legislativa, come legittimo presidente ad interim del Venezuela, il leader dell’Assemblea nazionale Guaidò ha rilasciato un’intervista al Tg2 lanciando un invito all’Italia “a fare la cosa giusta”. Nell’intervista Guaidò ha sottolineato che “Maduro ha perso il controllo del Paese e la popolazione sta soffrendo”, ricordando che “il 90% della popolazione vuole il cambiamento e scommette sulla democrazia”. Quindi ha parlato di “70 giovani assassinati in una settimana dal Faes (le forze speciali di polizia) e 700 persone in carcere, 80 minorenni addirittura bambini”. Poi, rispondendo a una domanda riguardo alle dichiarazioni del sottosegretario Manlio Di Stefano, che ha avvisato sul rischio di fare in Venezuela lo stesso errore fatto in Libia, Guaidò ha tagliato corto spiegando che “in Venezuela non è possibile una nuova Libia”, invitando “il sottosegretario a informarsi su quello che sta succedendo adesso” nel Paese. I Cinquestelle, dal canto loro, tirano dritti: “Noi non vogliamo arrivare al punto di riconoscere un soggetto che non è stato votato dal popolo come presidente“, ha detto Luigi Di Maio. Linea ribadita anche dal sottosegretario Di Stefano. “Non è un dialogo a due” ha detto all’Adnkronos.

LA RICOSTRUZIONE – L’Italia ieri ha respinto nell’ambito dell’Unione Europea una proposta di compromesso, avanzata dalla Svezia, per un riconoscimento implicito di Juan Guaidò come presidente ad interim del Venezuela fino a nuove elezioni. Lo afferma l’agenzia Europa Press, sulla base di informazioni fornite da una fonte diplomatica europea. Gli stati membri dell’Ue, prosegue Europa Press, continuano ad essere divisi su un riconoscimento esplicito dell’autoproclamato presidente ad interim, sia per motivi legali che per motivi politici. “Chiaramente c’è un numero di stati membri che hanno riserve e non sono disposti a riconoscere Guaidò come presidente ad interim”, spiegano all’agenzia fonti al corrente delle discussioni tenute ieri a Bucarest. Spagna, Francia, Regno Unito e Germania dovrebbero riconoscere Guaidò a partire da lunedì, quando scadrà il termine di 8 giorni indicato dai Paesi per la convocazione di nuove elezioni da parte di Nicolas Maduro. Portogallo, Polonia, Belgio e Paesi Bassi si sarebbero allineati all’’ultimatum’. A riconoscere Guaidò potrebbero essere anche Danimarca e Repubblica Ceca. Oltre all’Italia, a dire no al riconoscimento esplicito sarebbero anche Austria, Grecia, Cipro e Slovacchia. Il Lussemburgo, invece, ha evidenziato la necessità di valutare “le conseguenze giuridiche” dell’atto. La Svezia, invece, si atterrebbe al principio secondo cui “si riconoscono gli stati, non le personalità”.

PRESIDENTE COLOMBIA, A DITTATURA POCHISSIMO TEMPO – “Alla dittatura del Venezuela restano pochissime ore, perché c’è un nuovo regime istituzionale che si sta creando grazie al lavoro svolto dalla Colombia con altri Paesi”. Sono le parole del presidente colombiano Ivan Duque, riportate dall’edizione online del quotidiano El Tiempo.

Terremoto in Messico, scossa del 6.5

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Un terremoto di magnitudo di magnitudo 6.5 è stato registrato nel Messico meridionale, al confine con il Guatemala, come ha rilevato l’US Geological Survey. L’epicentro è stato individuato a circa 14 km ad est di Puerto Madero, nello stato del Chiapas. L’US National Tsunami Warning Centre non ha diramato alcun allarme tsunami.

Asia Bibi è in Canada

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Ha raggiunto il Canada dove “ha ritrovato la sua famiglia” Asia Bibi, la donna pakistana di religione cristiana condannata a morte per blasfemia nel 2010 e assolta definitivamente martedì dalla Corte Suprema. Lo ha confermato l’avvocato della donna, Saif ul-Malook, in un’intervista rilasciata al ’Frankfurter Allgemeine Zeitung’.

Per motivi di sicurezza, il legale non ha reso noto la data esatta della partenza di Asia Bibi dal Pakistan né come ha lasciato il Paese. Oltre al Canada anche la Germania si era proposta di accogliere la donna, che è stata minacciata di morte in Pakistan dai gruppi fondamentalisti che hanno contestato la sentenza della Corte Suprema.

Gelo record in Usa, oltre 20 morti

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Sono almeno 21 le vittime del Polar Vortex, l’ondata di gelo da recordche ha paralizzato il Midwest degli Stati Uniti, con temperature più fredde di quelle registrate in Antartide. Lo riferiscono i media locali, secondo i quali centinaia di persone sono state ricoverate negli ospedali per ipotermia e congelamento, con alcune che potrebbero perdere un braccio o una gamba. Sono stati circa 250 milioni gli americani interessati dall’emergenza, con gli esperti che hanno chiesto di non uscire poiché stare all’esterno anche solo per 5 minuti potrebbe portare al congelamento. Scuole e uffici pubblici sono stati chiusi, migliaia di voli sono stati cancellati. Solo nello scalo di Chicago O’Hare, dove si sono toccati -31°C con raffiche di vento alla velocità di 52 km/h, 1.600 velivoli non sono potuti decollare.

Ieri nella città dell’Illinois sul Lago Michigan la temperatura percepita ha raggiunto i -50°C a causa del vento, guadagnandosi il soprannome di ’Chiberia’. Nelle vicinanze di Rockford, nell’Illinois, è stato fissato un record del freddo a -34°C. Madison, nel Wisconsin, ha battuto il suo record del 1985, con minimi di -32°C ieri mattina. Con l’aumento delle temperature nel sud-ovest, la tempesta si è spostata più a est, estendendo le condizioni artiche su un’area che va da Buffalo a Brooklyn. Nella parte occidentale di New York, il maltempo ha scaricato fino a 51 centimetri di neve.

Secondo i meteorologi, nei prossimi giorni ci sarà una brusca impennata delle temperature che arriveranno a toccare valori primaverili. “Oggi è l’ultimo giorno di freddo estremo”, ha riferito il meteorologo della CNN Dave Hennen. “Le temperature saliranno rapidamente su gran parte dell’area interessata dal gelo, creando un effetto yo-yo di estrema differenza termica”. Un rapido disgelo che non ha precedenti e che potrebbe creare numerosi problemi.

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2 Febbraio 2019