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USCITE NETTE DI INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN PERCENTUALE PIL – Sono diminuite del 12,97% tra il 2013 ed il 2020

L’investimento diretto estero si riferisce ai flussi di investimenti azionari diretti in un’economia. È la somma del capitale azionario, del reinvestimento degli utili e di altri capitali. L’investimento diretto è una categoria di investimento transfrontaliero associata a un residente in un’economia che ha il controllo o un grado significativo di influenza sulla gestione di un’impresa residente in un’altra economia. La proprietà del 10 percento o più delle azioni ordinarie con diritto di voto è il criterio per determinare l’esistenza di una relazione di investimento diretto. Questa serie mostra i deflussi netti di investimenti dall’economia segnalante verso il resto del mondo, ed è divisa per il PIL.

Uscite nette di investimenti diretti esteri in percentuale nel 2020.  Nel 2020, i dati relativi alle “Uscite nette di investimenti diretti esteri in percentuale del PIL” mostrano un panorama variegato tra i diversi paesi, evidenziando significative differenze nelle dinamiche economiche globali. Al vertice della classifica troviamo Cipro, Hong Kong SAR, Cina e Irlanda, ciascuno con un punteggio del 100%. Questo risultato indica un’elevata intensità di investimenti diretti esteri netti rispetto al PIL, suggerendo che questi paesi sono forti esportatori di capitali, probabilmente grazie a politiche economiche favorevoli, un ambiente imprenditoriale attraente e una gestione efficiente delle risorse finanziarie. Subito dopo, Singapore con il 75,2% e il Lussemburgo con il 73,8% mantengono anch’essi una posizione dominante, dimostrando una significativa attività di investimento estero. La Svizzera, con il 72,6%, e i Paesi Bassi, con il 64,3%, seguono nella lista, consolidando la loro reputazione di hub finanziari globali con economie aperte e competitive. Al di fuori di questo gruppo di punta, troviamo paesi come l’Azerbaijan (56,2%) e il Myanmar (55,6%), che, nonostante siano in posizioni relativamente elevate, riflettono un mix di fattori quali risorse naturali e politiche economiche che incentivano gli investimenti esteri. L’Etiopia e l’Uruguay, entrambi con il 53,5%, rappresentano casi interessanti di economie emergenti con un forte orientamento verso l’esterno. Anche la Finlandia (53,2%) e il Kuwait (53,1%) mostrano livelli elevati di uscite nette di investimenti diretti esteri, suggerendo una solida integrazione nei mercati globali. Il Canada, con il 51,7%, e la Thailandia, con il 50,7%, mostrano una forte presenza di capitali in uscita, indicando una strategia economica focalizzata su investimenti esteri significativi. La Germania e il Giappone, con punteggi rispettivamente di 50,2% e 49,6%, pur essendo economie avanzate, evidenziano un equilibrio tra capitali in entrata e in uscita, con una leggera prevalenza di quest’ultima. Analogamente, la Svezia con il 49,6% e la Spagna con il 48,9% mantengono un buon livello di investimenti esteri netti, seguite dalla Francia con il 48,8%, che riflette un impegno significativo verso l’integrazione economica globale. Paesi come Mauritius (48,3%), la Danimarca (47,7%) e il Regno Unito (47,6%) confermano la loro posizione come destinazioni attrattive per gli investimenti, mentre il Qatar (47,2%) e gli Emirati Arabi Uniti (47,1%) continuano a beneficiare delle loro politiche economiche liberali e delle ricche risorse naturali. Anche Israele con il 47,1% e la Repubblica Ceca con il 46,9% evidenziano un’alta competitività economica, supportata da forti investimenti esteri. Nella fascia tra il 40% e il 47%, troviamo un gruppo di paesi che includono la Slovacchia, la Repubblica di Corea, la Malesia e il Libano, tutti con una percentuale intorno al 45%, suggerendo un’attività economica significativa ma non al livello dei leader di mercato. La Russia con il 45,1%, lo Zimbabwe con il 44,9%, e la Georgia con il 44,8% dimostrano economie in transizione o emergenti con un forte flusso di capitali in uscita. Paesi come l’Arabia Saudita (44,5%), la Tanzania (44,5%) e il Cile (44,4%) riflettono economie diversificate con un focus significativo sugli investimenti esteri. Scendendo ulteriormente, troviamo l’Oman e il Sudafrica, entrambi con il 44%, e la Lituania con il 43,7%, che rappresentano economie robuste con una buona integrazione nei mercati globali. Colombia (43,4%), Costa d’Avorio (43,1%) e Polonia (43,1%) continuano a rafforzare le loro posizioni attraverso investimenti esteri, mentre paesi come la Bulgaria e la Cina, entrambi con il 42,9%, mostrano strategie economiche forti ma con margini di crescita. Gli Stati Uniti, con il 42,4%, e l’Italia, con il 42,3%, riflettono economie avanzate con una significativa attività di investimenti esteri, seguiti da paesi come l’Estonia e la Slovenia con il 42,2%. Honduras (42,1%), Filippine (42,1%) e Macedonia del Nord (42%) completano questo gruppo con un’attività economica internazionale rilevante.

Uscite nette di investimenti diretti esteri in percentuale tra il 2013 ed il 2020.   Tra i paesi con l’aumento più notevole, l’Irlanda spicca con un incremento delle uscite nette di investimenti diretti esteri che passa dal 45,4% del PIL nel 2013 al 100% nel 2020, registrando una variazione assoluta di 54,6 punti percentuali, pari a un incremento relativo del 120,26%. Questo significativo aumento può essere attribuito alla capacità dell’Irlanda di attrarre investimenti esteri grazie a un ambiente fiscale favorevole e a una politica economica orientata all’apertura internazionale. Cipro ha anch’essa mostrato un aumento considerevole, passando dal 53,5% al 100%, con una variazione assoluta di 46,5 punti percentuali e un incremento relativo dell’86,92%. Questo dato riflette probabilmente la stabilizzazione economica e il miglioramento delle condizioni finanziarie del paese nel periodo considerato, nonostante le turbolenze della crisi finanziaria precedente. Hong Kong, SAR, Cina, nonostante un incremento meno marcato rispetto ai casi precedenti, ha comunque visto un significativo aumento del 44,93%, con le uscite nette di investimenti diretti esteri che sono passate dal 69% al 100%. La posizione di Hong Kong come centro finanziario globale ha sicuramente giocato un ruolo cruciale in questo contesto. Al contrario, molti paesi hanno registrato una diminuzione delle uscite nette di investimenti diretti esteri in percentuale del PIL. Il caso più eclatante è quello del Belgio, che ha visto una diminuzione dal 62,6% al 35,3%, con una variazione assoluta di -27,3 punti percentuali, pari a un decremento relativo del 43,61%. Questo calo potrebbe essere legato a diversi fattori, tra cui cambiamenti nelle politiche economiche, instabilità politica o economica, o una ridotta attrattività del paese per gli investitori stranieri. Anche l’Ungheria ha registrato una diminuzione drastica, passando dal 62,5% al 37,5%, con una variazione assoluta di -25 punti percentuali e un calo relativo del 40%. Analogamente, l’Austria ha visto una riduzione del 35,65%, passando dal 56,1% al 36,1%. Questi cali possono essere indicativi di un cambiamento nelle condizioni economiche e nella percezione del rischio da parte degli investitori esteri. Altri paesi che hanno registrato significative diminuzioni includono Mauritius, con una riduzione del 45,73% (dal 89% al 48,3%), e Lussemburgo, con un decremento del 26,2% (dal 100% al 73,8%). Questi cali possono riflettere una serie di fattori, tra cui la crescente concorrenza internazionale per attrarre investimenti, i cambiamenti normativi interni e le dinamiche economiche globali che hanno influenzato negativamente la fiducia degli investitori. Paesi come il Giappone, la Germania e il Canada hanno registrato solo lievi diminuzioni nelle loro uscite nette di investimenti diretti esteri in percentuale del PIL, con variazioni rispettivamente del -4,06%, -1,57% e -2,08%. Queste riduzioni relativamente moderate possono indicare una stabilità economica che ha permesso a questi paesi di mantenere un certo livello di attrattività per gli investimenti esteri, nonostante le sfide economiche globali. È interessante notare che alcuni paesi emergenti e in via di sviluppo, come il Brasile, l’Argentina e l’India, hanno registrato significative diminuzioni nelle loro uscite nette di investimenti diretti esteri. Ad esempio, il Brasile ha visto una riduzione del 15,81%, passando dal 48,7% al 41%, mentre l’Argentina ha avuto una diminuzione del 19,07%, dal 49,3% al 39,9%. Questi cali possono essere attribuiti a una combinazione di instabilità politica, problemi economici interni e cambiamenti nelle condizioni globali degli investimenti. Paesi come la Cina e la Russia, pur essendo grandi economie con una significativa presenza globale, hanno registrato diminuzioni rispettivamente del 14,03% e del 16,01%. Questi cali riflettono probabilmente le sfide interne e le tensioni geopolitiche che hanno influito sulla percezione del rischio da parte degli investitori esteri. In sintesi, l’analisi delle uscite nette di investimenti diretti esteri in percentuale del PIL tra il 2013 e il 2020 rivela un quadro complesso e variegato. Da un lato, paesi come l’Irlanda e Cipro hanno mostrato una notevole capacità di attrarre investimenti esteri, mentre dall’altro, numerosi paesi, tra cui molti in Europa e in via di sviluppo, hanno sperimentato significative riduzioni. Queste variazioni sono indicative delle mutevoli dinamiche economiche globali, delle politiche economiche interne e delle condizioni locali che influenzano le decisioni degli investitori. Analizzare questi dati aiuta a comprendere meglio i fattori che contribuiscono alla competitività economica e all’attrattività di un paese nel panorama globale degli investimenti diretti esteri.

Conclusioni. Tra il 2013 ed il 2020 il valore delle uscite nette degli investimenti diretti esteri in percentuale del PIL è diminuito a livello globale del 12,97% passando da un ammontare di 51,6 unità fino ad un valore di 44,90% ovvero corrispondente ad una variazione di -6,69 unità. Tuttavia, vi sono dei paesi nei quali il livello delle uscite nette degli investimenti diretti esteri in percentuale del PIL è cresciuto significativamente ovvero l’Irlanda con +120,26%, Cipro con +86,92%, Hong Kong con +44,93%, Svizzera con +28,72%, Singapore con +28,33%. Vi sono tuttavia dei paesi che hanno sperimentato tra il 2013 ed il 2020 un andamento delle uscite nette degli investimenti diretti esteri in percentuale del PIL assai inferiore rispetto alla media di periodo ovvero Zambia con -30,00%, Austria con -35,65%, Ungheria con -40,00%, Belgio con -43,61%, Mauritius con -45,73%.del 45,73% (dal 89% al 48,3%), e Lussemburgo, con un decremento del 26,2% (dal 100% al 73,8%). Questi cali possono riflettere una serie di fattori, tra cui la crescente concorrenza internazionale per attrarre investimenti, i cambiamenti normativi interni e le dinamiche economiche globali che hanno influenzato negativamente la fiducia degli investitori. Paesi come il Giappone, la Germania e il Canada hanno registrato solo lievi diminuzioni nelle loro uscite nette di investimenti diretti esteri in percentuale del PIL, con variazioni rispettivamente del -4,06%, -1,57% e -2,08%. Queste riduzioni relativamente moderate possono indicare una stabilità economica che ha permesso a questi paesi di mantenere un certo livello di attrattività per gli investimenti esteri, nonostante le sfide economiche globali. È interessante notare che alcuni paesi emergenti e in via di sviluppo, come il Brasile, l’Argentina e l’India, hanno registrato significative diminuzioni nelle loro uscite nette di investimenti diretti esteri. Ad esempio, il Brasile ha visto una riduzione del 15,81%, passando dal 48,7% al 41%, mentre l’Argentina ha avuto una diminuzione del 19,07%, dal 49,3% al 39,9%. Questi cali possono essere attribuiti a una combinazione di instabilità politica, problemi economici interni e cambiamenti nelle condizioni globali degli investimenti. Paesi come la Cina e la Russia, pur essendo grandi economie con una significativa presenza globale, hanno registrato diminuzioni rispettivamente del 14,03% e del 16,01%. Questi cali riflettono probabilmente le sfide interne e le tensioni geopolitiche che hanno influito sulla percezione del rischio da parte degli investitori esteri. In sintesi, l’analisi delle uscite nette di investimenti diretti esteri in percentuale del PIL tra il 2013 e il 2020 rivela un quadro complesso e variegato. Da un lato, paesi come l’Irlanda e Cipro hanno mostrato una notevole capacità di attrarre investimenti esteri, mentre dall’altro, numerosi paesi, tra cui molti in Europa e in via di sviluppo, hanno sperimentato significative riduzioni. Queste variazioni sono indicative delle mutevoli dinamiche economiche globali, delle politiche economiche interne e delle condizioni locali che influenzano le decisioni degli investitori. Analizzare questi dati aiuta a comprendere meglio i fattori che contribuiscono alla competitività economica e all’attrattività di un paese nel panorama globale degli investimenti diretti esteri.

Conclusioni. Tra il 2013 ed il 2020 il valore delle uscite nette degli investimenti diretti esteri in percentuale del PIL è diminuito a livello globale del 12,97% passando da un ammontare di 51,6 unità fino ad un valore di 44,90% ovvero corrispondente ad una variazione di -6,69 unità. Tuttavia, vi sono dei paesi nei quali il livello delle uscite nette degli investimenti diretti esteri in percentuale del PIL è cresciuto significativamente ovvero l’Irlanda con +120,26%, Cipro con +86,92%, Hong Kong con +44,93%, Svizzera con +28,72%, Singapore con +28,33%. Vi sono tuttavia dei paesi che hanno sperimentato tra il 2013 ed il 2020 un andamento delle uscite nette degli investimenti diretti esteri in percentuale del PIL assai inferiore rispetto alla media di periodo ovvero Zambia con -30,00%, Austria con -35,65%, Ungheria con -40,00%, Belgio con -43,61%, Mauritius con -45,73%.

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Fonte: Global Innovation Index

Link: https://data.worldbank.org/indicator/BM.KLT.DINV.WD.GD.ZS

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Data:

22 Agosto 2024

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