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Veleni e 007, alta tensione tra Londra e Mosca

Veleni e 007, alta tensione tra Londra e Mosca

cms_8686/westminster_afp.jpgE’ scontro tra Londra e Mosca sulla vicenda dell’avvelenamento dell’ex spia Sergei Skripal. La Gran Bretagna ha deciso di espellere “23 diplomatici russi, identificati come ufficiali dell’intelligence sotto copertura”. Ad annunciarlo la premier britannica Theresa May nel suo intervento alla Camera dei Comuni, precisando che la misura rientra “nell’azione immediata per smantellare la rete di spionaggio” russo in Gran Bretagna in seguito.

Nel suo intervento alla Camera dei Comuni, la premier ha ricordato che nel 2006, dopo la morte per avvelenamento dell’ex spia del Kgb Alexander Litvinenko, la Gran Bretagna espulse quattro diplomatici russi. Quella di oggi – di 23 diplomatici su un totale di 59 accreditati presso il Regno Unito – è l’espulsione più grande da quella del settembre del 1971, quando furono costretti a lasciare 90 diplomatici sovietici.

I 23 diplomatici “hanno una settimana di tempo per lasciare” il Paese, ha aggiunto la May. “Dalla Russia – ha detto la premier britannica – non è arrivata nessuna spiegazione credibile, ma il completo disprezzo verso la gravità degli eventi”. “Tutti i contatti di alto livello saranno sospesi“, ha annunciato May a proposito dei rapporti con Mosca, precisando che è stato ritirato un invito in Gran Bretagna al ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, mentre ministri e membri della Casa Reale non si recheranno ai Mondiali di Calcio in programma in Russia a giugno.

La premier britannica ha poi ribadito il sostegno ai “molti russi che hanno fatto di questo Paese la loro patria” ma, ha aggiunto, “per quelli che hanno condotto questo attacco pericoloso il messaggio è chiaro: non siete benvenuti qui”. Nell’intervento ai Comuni May, ha voluto sottolineare che la posizione di Londra non parte da “nessun disaccordo con il popolo russo”, ma, ha aggiunto, dopo quanto è accaduto “la relazione non può essere la stessa“. E’ “tragico”, ha concluso, che il presidente Putin abbia scelto di agire così.

Completamente inaccettabili, ingiustificate e miopi”. Così l’ambasciata russa a Mosca ha definito le espulsioni. E ha poi aggiunto che “tutta la responsabilità per il deterioramento delle relazioni tra Russia e Regno Unito ricade sull’attuale leadership politica britannica”.

Il Cremlino, prima dell’intervento di May, aveva ribadito l’estraneità della Russia all’avvelenamento di Skripal giudicando “infondate” le accuse del governo britannico. “La posizione di Mosca è ben nota – aveva scandito il portavoce della presidenza russa, Dmitry Peskov, poche ore dopo la scadenza dell’ultimatum di Londra, che aveva chiesto spiegazioni sull’agente nervino Novichok, sviluppato negli arsenali sovietici, utilizzato per l’attacco – A Londra è stata riferita la posizione di Mosca attraverso canali diplomatici: non abbiamo alcuna connessione con l’incidente avvenuto nel Regno Unito”.

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, secondo quanto si legge sul sito della Bbc, dal canto suo ha detto che la Russia non aveva alcun motivo di avvelenare Skripal e sua figlia, mentre quelli che stanno cercando di portare avanti una “campagna russofobica” potrebbero averne.

Spy story, 10 casi avvolti nel mistero

cms_8686/ambasciata_britannica_mosca_afp.jpgIl misterioso avvelenamento dell’ex spia russa Sergei Skripal e la figlia Yulia a Salisbury – in seguito al quale la premier britannica Theresa May ha annunciato “un’azione immediata per smantellare la rete di spionaggio” russo in Gran Bretagna – riporta alla mente altri casi di avvelenamenti di spie e personaggi politici. Ecco i precedenti, dai casi Markov e Litvinenko in Gran Bretagna all’assassinio di Kim Jong nam in Malaysia.

GEORGI MARKOV: Georgi Markov era uno scrittore fuggito nel 1969 dal regime comunista bulgaro di Todor Zhikov. Stabilitosi a Londra, lavorava come giornalista per la Bbc, l’emittente finanziata dagli americani Radio Free Europe e la radio tedesca Deutsche Welle. Famoso per i suoi attacchi sarcastici al regime bulgaro, fu colpito con una punta d’ombrello alla gamba mentre aspettava l’autobus il 7 settembre 1978, giorno del suo compleanno. Morì l’11, dopo essere stato ricoverato in ospedale con la febbre alta. L’autopsia rivelò una micro capsula contenente ricina, un potente veleno, che gli era stata iniettata tramite un congegno pneumatico attraverso la punta di un ombrello. Dell’omicidio furono sospettati i servizi bulgari, forse con l’aiuto del Kgb russo.

KHALED MASHAL – Il 25 settembre 1997 due agenti del Mossad israeliano avvelenarono il leader dei Hamas, Khaled Mashal, iniettandogli una sostanza velenosa nell’orecchio ad Amman. Ricoverato in coma, Mashal rischiò di morire. Ma intanto i due agenti furono arrestati e re Abdullah minacciò la rottura dei rapporti diplomatici. Israele fu così costretto a consegnare l’antidoto che salvò la vita all’esponente di Hamas.

BORIS BEREZOVSKY – Nel 2013 l’oligarca russo Boris Berezovsky è stato trovato morto nella casa dell’ex moglie nel Berkshire, vittima di un apparente suicidio. Vice segretario del Consiglio di sicurezza russo sotto Eltsin, fu poi fra i sostenitori dell’ascesa di Vladimir Putin. Ma quest’ultimo, una volta presidente, riprese il controllo della principale rete televisiva russa, la Ort – della quale Berezovsky era il maggiore azionista – e avviò un’azione per contrastare il potere degli oligarchi. Nel 2000, Berezovsky decise di esiliarsi in Gran Bretagna dalla quale si attivò per sostenere l’opposizione contro Putin. Nel 2003 l’ex oligarca ottenne asilo politico in Gran Bretagna, dopo essere stato accusato in patria di frode e riclaggio di denaro sporco.

VIKTOR YUSHCHENKO – Allora candidato alle elezioni presidenziali ucraine, il leader dell’opposizione Viktor Yushchenko fu ricoverato in Austria nel settembre 2004 dopo essere stato vittima di un misterioso avvelenamento da diossina, sostanza che gli era stata probabilmente versata nella minestra. Salvato dalla morte, ma con il volto sfigurato, Yushechenko sfidò il filo russo Viktor Yanukovych al ballottaggio delle presidenziali il 23 novembre 2004. Vinse quest’ultimo, ma le accuse di brogli e le proteste di piazza della ’rivoluzione arancione’ portarono ad una ripetizione del ballottaggio che diede la vittoria a Yushchenko. Successivamente Yushchenko affermò di essere stato avvelenato da tre uomini che erano con lui a cena, poi rifugiati in Russia. Uno di loro era l’ex numero due dei servizi ucraini, Volodymyr Satsyuk, che ha poi ricevuto la cittadinanza russa.

ALEXANDER LITVINENKO – ex agente dei servizi russi dell’Fsb, Alexander Litvinenko era fuggito a Londra nel 2000 dopo aver accusato i suoi superiori di aver ordinato l’assassinio dell’oligarca Boris Berezovsky. Dalla Gran Bretagna aveva puntato il dito contro il leader del Cremlino Vladimir Putin per l’assassinio della giornalista Anna Politkovskaya. Il 1 novembre 2006, Litvinenko si ammalò improvvisamente e fu ricoverato in ospedale. Morì il 23 novembre di quello che fu riconosciuto come avvelenamento da polonio. La sostanza radioattiva sarebbe stata messa nella sua tazza di té da due russi durante un incontro in un albergo di Londra. Gli inquirenti britannici hanno accusato un agente dell’Fsb, Andrey Lugovoi, di cui Mosca ha rifiutato l’estradizione in una vicenda che ha provocato forti tensioni diplomatiche fra i due paesi.

GARETH WILLIAM – Ancora senza soluzione il caso di Gareth William, il 31enne agente dell’MI6 trovato morto nel suo appartamento nel centro di Londra nel 2010. I tre medici legali che fecero l’autopsia del giovane analista – specializzato nella decifrazione dei codici segreti – non furono in grado di indicare in modo certo la causa della morte, considerando l’asfissia e l’avvelenamento tra le più probabili cause. Inoltre la coroner Fiona Wilcox criticò il modo in cui la polizia condusse le indagini iniziali, specialmente il controllo delle telefonate, ed anche l’assenza di una deposizione formale da parte dei servizi segreti. Anche se non emersero prove che indicassero un possibile coinvolgimento dell’MI6 nella morte del suo agente, “questa – spiegò la coroner – rimane una legittima via di indagine”.

VLADIMIR KARA MURZA – Il giornalista russo Vladimir Kara Murza, 35 anni, del movimento dissidente Open Russia, viene ricoverato d’urgenza in terapia intensiva a Mosca il 2 febbraio 2017 e posto in stato di coma farmacologico. I sintomi sono simili al blocco renale improvviso che colpì il dissidente nel 2015 e che lui attribuì allora ad un avvelenamento. Il 19 viene trasferito in un ospedale all’estero, dopo che gli è stata diagnosticata una intossicazione dovuta a una sostanza sconosciuta.

KIM JONG-NAM – Kim Jong-nam, fratello maggiore dell’attuale leader nordcoreano Kim Jong Un, viene assassinato il 13 febbraio 2017 all’aeroporto di Kuala Lumpur da due giovani donne che gli gettano in faccia una misteriosa sostanza, poi rivelatasi gas nervino Vx. Le due ragazze diranno poi che credevano di partecipare ad uno scherzo televisivo. Moventi e mandanti rimangono poco chiari, anche se si sospetta del regime nordcoreano. Caduto in disgrazia presso il padre che gli aveva preferito il fratellastro come successore, Kim Jong Nam viveva in Cina dal 2003.

SERGEI SKRIPAL – All’inizio di marzo 2018 l’ex agente segreto russo Sergei Skripal e sua figlia siano stati avvelenati con un agente nervino in Inghilterra, dove l’uomo vive dal 2010 dopo uno scambio di agenti fra Mosca e Washington. Skripal era stato arrestato in Russia nel 2004 con l’accusa di aver fornito all’MI6 le identità di agenti russi operativi in Europa e quindi condannato due anni dopo a 13 anni di carcere per alto tradimento. Insieme ad altri quattro, era stato scambiato nel 2010 con dieci informatori russi dormienti negli Stati Uniti e quindi trasferito alla Gran Bretagna.

NIKOLAI GLUSHKOV – Il 13 marzo 2018 è stato trovato morto in Gran Bretagna un altro esiliato russo, Nikolai Glushkov, molto legato al defunto oligarca Boris Berezovsky. Glushkov aveva lavorato per la compagnia di aerea di Stato Aeroflot e poi in una società di Berezovsky. Quando l’oligarca ruppe con il leader russo Vladimir Putin e si rifugiò in Gran Bretagna, Glushkov fu condannato per frode e riciclaggio di denaro. Liberato nel 2004 dopo cinque anni di carcere, ha poi ottenuto asilo politico in Gran Bretagna. Successivamente, Glushkov disse di essere stato preso “in ostaggio” dall’amministrazione russa per fare pressione su Berezovsky perchè vendesse una stazione televisiva.

I silurati di Trump

cms_8686/tillerson1_afp.jpgQualcuno si è dimesso. Qualcuno, invece, è stato congedato con il proverbiale ’you’re fired’. In poco più di un anno di presidenza Trump, la Casa Bianca ha prima accolto e poi visto andare via, uno dopo l’altro, funzionari di primo piano.

L’ultimo licenziamento, in ordine di tempo, è quello di Rex Tillerson al dipartimento di Stato americano dove è arrivato, come si sussurrava da mesi a Washington, Mike Pompeo.

Via Twitter Trump ha poi reso noto che a sostituire il repubblicano italoamericano alla guida della Cia è Gina Haspel, l’attuale vice direttore, che diventa così la “prima donna scelta” per guidare l’agenzia di intelligence. Vediamo il lungo elenco di ’silurati’ e non della presidenza.

SALLY YATES – Il 30 gennaio 2017, appena insediato, Trump rimuove il ministro della Giustizia ad interim, Sally Yates. L’ultima superstite dell’era Obama paga il mancato sostegno al Muslim Ban presidenziale.

MICHAEL FLYNN – Il 13 gennaio 2017 si dimette il Consigliere per la sicurezza nazionale, in carica solo da 23 giorni. Flynn paga il coinvolgimento nel Russiagate. A dicembre, Flynn verrà incriminato dal procuratore speciale Robert Mueller per aver reso “volontariamente e consapevolmente” delle “dichiarazioni false, fittizie e fraudolente” all’Fbi riguardanti le sue conversazioni con l’ex ambasciatore russo a Washington, Sergei Kislyak.

JAMES COMEY – Il 9 maggio, improvvisamente, il presidente licenzia James Comey, direttore dell’Fbi. “Non stava facendo un buon lavoro. E’ molto semplice, non stava facendo un buon lavoro” dice Trump rispondendo alle domande sulla decisione.

MIKE DUBKE – Il 30 maggio esce di scena Mike Dubke, responsabile della Comunicazione della Casa Bianca. Il rapporto con il presidente non decolla e dopo 3 mesi arriva il passo indietro.

WALTER SHAUB – Il 6 luglio sbatte la porta Walter Shaub, numero 1 dell’Ufficio etico federale. Impossibile trovare un punto d’incontro con Trump.

MARK CORALLO – Il 20 luglio lascia l’incarico Mark Corallo, portavoce del team legale che rappresenta Trump per le vicende del Russiagate. Si dimette anche uno dei legali del team, Mark Kasowitz.

SEAN SPICER – Il presidente nomina Anthony Scaramucci – figura proveniente dal mondo finanziario e ritenuta vicina a Trump – nuovo responsabile della Comunicazione della Casa Bianca. Il portavoce Sean Spicer decide di abbandonare l’incarico il 21 luglio.

MICHAEL SHORT – Passano pochi giorni e svuota i cassetti anche l’assistente portavoce Michael Short, che il 25 luglio decide di anticipare i tempi rispetto al licenziamento annunciato da Scaramucci a ’Politico’.

REINCE PRIEBUS – Il 28 luglio finisce l’avventura di Reince Priebus, capo dello staff. Tra voci di dimissioni e spifferi sul licenziamento, Priebus cede il posto all’ex generale John Kelly.

ANTHONY SCARAMUCCI – A dieci giorni dall’incarico, il 31 luglio, il direttore della Comunicazione viene congedato, con la regia proprio di Kelly.

STEVEN BANNON – Dal 18 agosto Steven Bannon non è più lo stratega della Casa Bianca. “Siamo grati del suo servizio e gli auguriamo il meglio” si legge nella dichiarazione dell’ufficio stampa della Casa Bianca. Dimissioni? Licenziamento? ’’Quando è stato licenziato non ha perso solo il lavoro. Ha perso la testa” ha twittato Trump a inizio anno, quando le anticipazioni del libro ’Fire and Fury’ hanno compromesso – forse definitivamente – i rapporti tra il presidente e il guru dell’alt-right.

TOM PRICE – Sotto accusa per l’uso di costosi jet privati per le missioni governative, il 29 settembre si dimette il ministro alla Sanità Tom Price.

DINA POWELL – L’8 dicembre se ne va Dina Powell, numero 2 del Consigliere alla sicurezza nazionale HR McMaster, di origine egiziana. La collaborazione con l’amministrazione Trump finisce senza scossoni e senza polemiche.

ROB PORTER– La prima uscita di scena del 2018 è quella del segretario dello staff della Casa Bianca, Rob Porter, il 7 febbraio. Si dimette dopo che emergono accuse di gravi maltrattamenti domestici da parte delle sue due ex mogli. A causa di questa vicenda, Porter non aveva la “clearance” necessaria per accedere alle informazioni riservate.

DAVID SORENSEN – Il 9 febbraio lo speech writer David Sorensen lascia l’incarico in seguito ad accuse di maltrattamenti da parte dell’ex moglie.

HOPE HICKS – Il 28 febbraio si dimette il direttore delle Comunicazioni della Casa Bianca, la 29enne Hope Hicks. Il giorno prima aveva ammesso davanti ai deputati della Commissione sul Russiagate di aver detto qualche bugia a fin di bene su Trump. Ex modella, fidanzata con Porter, la Hicks era considerata molto vicina al presidente, con cui aveva lavorato in precedenza.

GARY COHN – Il 6 marzo si dimette Gary Cohn, consigliere economico della Casa Bianca e direttore del Consiglio Economico Nazionale. Cohn è in disaccordo con i dazi su acciaio e alluminio annunciati da Trump.

REX TILLERSON – Il 13 marzo, infine, il presidente destituisce il segretario di Stato Rex Tillerson. Al suo posto viene nominato il capo della Cia Mike Pompeo, che viene sostituito dalla sua numero due, Gina Haspel.

Aggredisce la Merkel al grido di Allah Akbar

cms_8686/AngelaMerkel_Germania_afp.jpgPiccolo incidente a margine del giuramento di Angela Merkel per il suo quarto mandato alla guida del governo di Berlino. Un uomo che cercava di avvicinarsi con fare sospetto alla cancelliera all’uscita del Parlamento è stato fermato dagli agenti della sicurezza.

Secondo un video postato dal sito web di Die Welt, l’uomo, mentre si avvicinava alla Merkel, avrebbe gridato ’Allah Akbar’, prima di essere bloccato da due uomini delle forze di sicurezza.

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15 Marzo 2018