Il film segue la vita di un uomo che vive serenamente in ospedale, confortato dalla sua routine priva di responsabilità. Tuttavia, l’arrivo di una nuova paziente irrequieta sconvolge la sua tranquillità, costringendolo a confrontarsi con le proprie emozioni e con il tema della morte. “Tanti film parlano della morte. C’è sempre la morte, perché se un film parla della vita, come il nostro, non si può prescindere dal racconto della morte che comunque minaccia e aleggia intorno a noi. Questo non è un film su un limbo, un purgatorio, un paradiso, un inferno. Il contesto in cui l’abbiamo ambientato è molto metaforico”. L’ospedale, spiega Mastandrea, “è una metafora, la condizione è metaforica. L’immobilità di questi personaggi la puoi applicare anche all’immobilità della gente che vive normalmente, che non fa mai un passo oltre e neanche un passo indietro. Sono sempre lì nella loro vita, puntuali, in casa, a lavoro e hanno paura di esplorare strade nuove”. Dal film di Paola Cortellesi ‘C’è ancora domani’, dove Mastandrea interpreta un marito violento, al suo nuovo film che esplora la fragilità dell’uomo. “Il bello di questo mestiere è che puoi fare tante cose diverse, qualcuna meglio, qualcuna meno. E’ stato un anno in cui anche dal film di Paola ho imparato tanto. Il modo in cui il film è stato accolto dal pubblico insegna che bisogna trattare temi enormi con semplicità, senza rinunciare all’originalità. È stata una grande scuola”. E sulle fragilità umane, l’attore e regista risponde: “Credo che fin quando la fragilità verrà trattata come difetto e non come virtù, il maschio avrà sempre codici a cui attaccarsi, che sono quelli di forza e virilità. La fragilità, la vulnerabilità, sono un valore puro, soprattutto se ti fai attraversare da cose che ti portano in un’altra parte, magari in una parte migliore di te”. Infine, sul futuro del cinema italiano, Mastandrea spera di vederlo più presente all’estero, per esportare le nostre grandi novità. “Parlo di registe e registi che non devono necessariamente raccontare il passato. Il cinema può essere maestro nel parlare del presente con forza, attingendo dal passato o guardando al futuro. Raccontare il presente è complicato, perché siamo quasi assuefatti all’immaginario che viviamo, ma ci sono registi e registe che riescono a farlo benissimo”. (dall’inviata Loredana Errico) —spettacoliwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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