Venezia, la città dell’amore e del romanticismo. E chi tra i suoi visitatori non si è fatto scattare una fotografia sul Ponte dei Sospiri? Chi non ha provato un reverenziale timore, entrando nella magnifica Basilica di San Marco? Quanti di noi hanno incautamente dato del cibo ai piccioni nell’omonima piazza per poi trovarsi circondati ed avvolti da nubi svolazzanti di piume e residuati bellici organici? Ma Venezia è anche nebbia che si alza repentina e dipinge misteri sugli sfondi degli antichi palazzi, sigillando segreti che sfidano il tempo e la storia. Partiamo da una delle reliquie più leggendarie della cristianità, il Santo Graal, che sembra apparire ovunque nel mondo, lasciando mille indizi circa la sua esistenza.
Si narra, nel caso specifico, che durante la quarta crociata, nel 1204, tra le meraviglie trafugate durante il saccheggio di Costantinopoli, come ad esempio i 4 cavalli di rame ora sulla sommità della Basilica di San Marco, ci fosse anche lo scranno, costituito da una stele funeraria islamica successivamente decorata con versetti del Corano, su cui sedeva San Pietro durante il suo apostolato in Antiochia, oggi nella basilica di San Pietro in Castello. Ebbene sembra che al suo interno vi fosse appunto nascosto il Graal, poi spostato altrove. Nella vicina chiesa di San Barnaba inoltre sembra sia stato sepolto il corpo di un crociato francese, Nicodeme de Besant-Mesurier, legato proprio alla custodia della sacra coppa, anche se di lui non compare traccia negli archivi della chiesa. Ma nella leggenda si nasconde forse la verità. Graal vuol dire Cavalieri Templari, ed in Sestiere Castello si trova la Chiesa dei Cavalieri di Malta, una volta domus templare appunto. Sempre relativamente al Graal poi non si può ignorare l’Oratorio dei Cruciferi, oggi ospizio, costruito con il lascito della famiglia Zen, di cui due fratelli navigarono agli ordini dei Sinclair, i costruttori della cappella di Rosslyn, in Scozia, dove si dice sia nascosta la mappa per trovare il Graal. Strane coincidenze. Tornando alla Basilica di San Marco, si può osservare, nell’angolo destro al suo esterno, un cippo utilizzato per le esecuzioni, e di fronte, guardando il ricostruito Campanile, non si può non ricordare il supplizio di cheba, quando i condannati venivano esposti al popolo, in una gabbia di ferro sospesa nel vuoto, al vento, al freddo, e la morte per gli stessi spesso era una liberazione dalle sofferenze. Venezia poi vuol dire isole, e tra queste, circa 60, bisogna ricordare l’isola di Torcello, dove sorge la Cattedrale di Santa Maria Assunta, al cui interno è custodito il mosaico del Giudizio Universale, un’opera in cui più di un esperto ha ravvisato un’analogia con le dieci potenze cabalistiche Sefirot, componenti dell’Albero della Vita. Lasciando l’isola per un’altra, per chi volesse provare una esperienza particolare, si può arrivare a Poveglia, prima sede di un lazzaretto poi di un manicomio, ed oggi – seppur disabitata – dimora, a detta dei testimoni, di inquietanti presenze. Tornando sulla terraferma si arriva poi nel quartiere delle Fondamenta Nuove, dove si trova da secoli il cosiddetto Casino degli Spiriti, ovverosia Palazzo Contarini dal Zaffo.
Si tramanda, in merito al soprannome, una leggenda risalente al Cinquecento, legata a sedute spiritiche e cerimonie magiche, a spiriti inquieti e vagabondi tuttora visibili, nella notte, quando dalle finestre si intravede una luce come di una candela. Venezia vuol dire anche Massoneria, le cui tracce si trovano in Palazzo Vendramin Calergi, ora casinò, dove soggiornò spesso – e infine morì – Richard Wagner. La facciata riporta la scritta Non nobis Domine, non nobis, parte del motto templare Non nobis Domine, non nobis, seddomine tuo dat gloriam (Non a noi oh Signore, non a noi la gloria, ma al tuo nome).
Un noto massone fu anche Giacomo Casanova, il cui letto si trova ancora, silenzioso testimone di una vita da seduttore, in Palazzo Merati. Per chi volesse poi vedere il luogo dove il nobile veneziano nacque, basterà recarsi in Calle Malipiero, dove una targa ricorda l’evento. Venezia è anche ghetto, è anche religione ebraica, è anche Cabala, e non si può mancare di visitare la Chiesa di San Francesco della Vigna, ricostruita dal Palladio e completata dal frate Francesco Zorzi, autore di un testo fondamentale per la comprensione della ricerca armonica, seguendo precise regole numeriche cabalistiche. Anche la chiesa rispetta precise regole, quelle delle misure della Divina Sapienza, del numero 3, e come in uno spartito anche i rapporti tra le varie parti della chiesa erano legate al numero della trinità, corrispondendo agli intervalli musicali. Una costruzione alchemica unica nel suo genere. Venezia nasconde molti volti, alcuni visibili quando il sole batte alto sul Campanile, altri che compaiono mentre la foschia ricopre le sue calli.