Ci sono storie che vivono nei ricordi custoditi in un album di famiglia, altre in immagini sbiadite dal tempo racchiuse in una scatola che profuma di antico. Parlano di vite e trasmettono, entrambe nella sacralità del silenzio, situazioni gioiose e/o tristi in cui sono maturate emozioni di ogni genere. Fanno parte di un percorso familiare. Conservarle con religioso rispetto è un segno d’amore destinato a potenziarsi nella trasmissione ai propri figli, nella fiducia che facciano altrettanto con chi succederà loro. Donarle ad un amico commuove. Aprire il cassetto della memoria della propria famiglia ad un estraneo è un’ espressione di profonda amicizia e corrispondenza di pensiero autentici. Ho ricevuto giorni or sono da Rossella Fioravanti, poeta nota ai lettori per articoli e poesie scritte con sentimento e autoironia sfidando l’inabilità derivante del suo terribile Mister Parkinson che la condanna da anni al dolore impietoso, una pagina del diario ereditato dalla mamma. E’ la cronaca di un momento terribile della storia dell’Italia in uno dei paesi in cui fu dura la lotta per la resistenza contro le rappresaglie nazifasciste. (Antonella Giordano)
Ravarino, 21 aprile 2007
Una strana sensazione che non passa mai. Sono i giorni che precedono il 25 aprile.Portano con sé avvenimenti importanti legati alla mia famiglia, alla mia gioventù. Restano marchiati a fuoco nel mio animo. Solo ora, a distanza di mezzo secolo, riesco a parlarne.
A scavare nella mia mente ricordi che grondano sofferenza e, negli anniversari, mi danno una tristezza infinita.
Il 18 aprile 1948 ci sono state le prime elezioni in Italia, dopo la Liberazione.
Erano in lizza numerosi partiti. Democrazia Cristiana per i cattolici, Liberali e Repubblicani ad indirizzo laico, infine i comunisti e socialisti uniti in un unico raggruppamento chiamato Fronte Popolare. Questo era rappresentato dall’immagine di Garibaldi. Lo ricordo bene perché, i giorni precedenti le elezioni, i “compagni” avevano riempito di bandiere ogni angolo del paese con la sua effige che veniva anche stampata per ogni dove con una vernice rossa e nera.
Con questa stessa vernice, un giorno, armati di una lunga scala, dipinsero il loro simbolo sulla facciata di casa nostra che avevamo da poco “rinfrescato”, naturalmente senza chiedere alcun permesso. Altro segno distintivo, era, passando in bicicletta, esibire la coccarda tricolore.
Molti la esibivano anche per timore, per rendersi amici quelli che sembravano essere per certo i prossimi vincitori.
Tutti andarono a votare, compresi gli ammalati gravi per cui il comitato aveva organizzato un servizio attivo.
Noi vivevamo giorni di ansia, memori del 25 aprile 1945.
Sicuri di essere considerati nemici del proletariato. Non eravamo comunisti ma solo bottegai piccolo borghesi cioè “ladri, strozzini, affamatori del proletariato”.
Avevamo piazzato la radio vicino alla scala, al centro della casa, ma in modo che si sentisse solo a breve distanza. Il giorno dopo, cominciarono ad arrivare, un poco alla volta, i primi risultati dei comuni circostanti: quelli della bassa. Risultati rossi rossi più del fuoco…
Il ritornello era sempre lo stesso: in testa Fronte Popolare, poi Democrazia Cristiana ecc.
I “compagni” passavano in bicicletta, salutandosi a larghe bracciate. Sorrisi a più non posso, grida, esclamazioni di gioia:”Abbiamo vinto!”riecheggiavano ogni giorno.
Verso le nostre “botteghe” solo sorrisi di scherno, da trionfatori…
Noi eravamo tristi da morire: pensavamo alla pulizia etnica. “Qui ci ammazzano tutti” pensavamo di fronte al verificarsi di nuovi episodi di violenza che il governo non frenava in nessun modo, incapace di far rispettare la legge. Tutto passava sotto silenzio.
Man mano che passavano i giorni, sempre più neri per noi, cominciarono ad arrivare i risultati dal Lazio: Democrazia Cristiana in testa! Una luce nelle tenebre..la speranza che tornava…
Più si scendeva verso sud, più il vantaggio della Democrazia Cristiana aumentava.
Il fronte Popolare stava perdendo.
Il meridione popoloso e cattolico sbarrava il passo ai comunisti: evviva i meridionali! Quanti bei pensieri e ringraziamenti, me li ricordo ancora!
Meno male che c’erano loro! Fedeli alle tradizioni, più religiosi di noi, hanno ascoltato i propri parroci e così ci hanno salvato.
Molti “compagni” avrebbero continuato ad ammazzare chi non la pensava come loro. Una vera pulizia etnica. Come in Iugoslavia nelle foibe finirono intere famiglie…
Ora, per strada niente più schiamazzi: era calato un silenzio di tomba. La gente mogia mogia, non si salutava quasi più… Per i meridionali volavano insulti di ogni genere. Mi ricordo come fosse ora…:”Li avessimo ammazzati tutti, a quest’ora non avrebbero votato!” “Quei morti di fame, si sono venduti per mezzo kg di pasta!”
Ognuno diceva la sua :”Hanno dato una scarpa a ciascuno e poi l’altra ad elezioni vinte!” Non so quanto ci sia di vero. So solo che la mia simpatia verso il meridione cominciò allora.
Un grazie di cuore anche ora! Sono più di 50 anni che vivo al sud. Qui sono nati i miei figli e i miei nipoti. Qui ci sono due generi ed una nuora che io amo come i miei figli.
Anche tutti i parenti acquisiti con il matrimonio dei figli, sono persone squisite che stimo molto e a cui voglio sinceramente bene.
Dopo un po’ di giorni che sono al nord mi prende la nostalgia di tutti loro, ma cerco di vincermi.