Vertice Ue, c’è l’accordo sui migranti
Accordo alle prime luci dell’alba a Bruxelles sui migranti. “I 28 leader hanno trovato un’intesa sulle conclusioni del Consiglio europeo, inclusa l’immigrazione”, ha annunciato su Twitter il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk al termine di una maratona notturna per la difficile trattativa. “Da questo Consiglio europeo esce un’Europa più responsabile e più solidale.
L’Italia non è più sola“, ha detto uscendo dal palazzo del Consiglio intorno alle 5 del mattino, dopo ore e ore di riunione, il premier Giuseppe Conte.
La linea rossa dell’Italia sui migranti
L’Italia ha fissato una linea rossa per il Consiglio Europeo di oggi, che discuterà il tema dei flussi migratori in serata. Nelle conclusioni dei capi di Stato e di governo, a quanto si apprende da alcune fonti, dovrà esserci una chiara apertura verso un meccanismo di ’burden sharing’, cioè di condivisione degli oneri, per quanto riguarda gli arrivi dei migranti via mare, tramite operazioni di ricerca e soccorso in mare (Sar, Search and Rescue). Per le genti arrivate via mare, è la richiesta dell’Italia, dovrà esserci un meccanismo di responsabilità condivisa, per dividere gli oneri almeno tra i Paesi con frontiere marittime.
Se questo riferimento non dovesse esserci nel ’wording’ delle conclusioni, allora l’Italia potrebbe decidere di non approvarle, facendo di fatto fallire il vertice. Il Paese sta cercando di ottenere un linguaggio adeguato che possa codificare questo impegno nelle conclusioni del Consiglio Europeo, l’istituzione dell’Ue che riunisce i capi di Stato e di governo e che stabilisce gli indirizzi generali della politica comunitaria.
Roma riconosce il legame che esiste tra movimenti primari e secondari dei richiedenti asilo, il nodo politico che sta a cuore alla cancelliera tedesca Angela Merkel per motivi di politica interna (ha un grosso problema con la Cdu del ministro dell’Interno Horst Seehofer), ma osserva anche che, se prima dei movimenti secondari non vengono regolati i movimenti primari, cioè gli arrivi di migranti sulle coste italiane, allora trovare un accordo sarà difficile. Le due cose, insomma, devono essere contestuali, in un rapporto di do ut des, necessario per mediare tra i diversi interessi nazionali.
L’Italia sarebbe dunque determinata a non approvare nulla, se questi concetti non saranno contenuti nelle conclusioni. Le posizioni degli altri Paesi sono variegate e bisognerà vedere quanti Stati del fronte Sud sosterranno Roma su questa posizione. In ogni caso, il governo, rappresentato dal premier Giuseppe Conte, sarebbe determinato ad opporsi anche se dovesse ritrovarsi da solo su questo punto.
Simile, nella logica, è la posizione italiana sulla seconda tranche dei fondi destinati alla Turchia, 3 mld di euro (2 mld a carico dell’Ue e 1 mld degli Stati membri), il cui esborso è stato bloccato dall’Italia: per sbloccarli, chiede l’Italia, va colmato il gap nel finanziamento del Trust Fund per l’Africa, che ammonta almeno a 500 mln di euro.
Anche questa verrebbe considerata una linea rossa: l’Italia vuole mantenere l’unità dell’Ue, ma chiede, per riconoscere la rilevanza dei movimenti secondari voluta dalla Merkel, che vengano riconosciute almeno queste due cose, che rispondono all’interesse nazionale.
Per quanto riguarda le piattaforme di sbarco, ispirate ad un’idea dall’Unhcr (l’alto commissario Filippo Grandi ha scritto una lettera in proposito al premier bulgaro Boyko Borissov, presidente di turno del Consiglio Ue: tutto nasce da lì), l’opzione preferita da Roma sarebbe quella di crearli nei Paesi terzi, esterni all’Ue, per esempio a sud della Libia, cosa generalmente condivisa (i Paesi del gruppo di Visegrad ritengono che sarebbero un ’pull factor’, se fatti in Europa, mentre sarebbero molto meno attraenti se piazzati, per esempio, nel Niger settentrionale, in pieno deserto del Sahara).
Su questo punto, “siamo determinati a trovare una soluzione – osserva un alto funzionario Ue – se funzionassero, allora la pressione sull’Italia calerebbe parecchio”. Cosa che, osserva, potrebbe essere “un’alternativa interessante” a quello che forse è in divenire, la chiusura delle frontiere interne, che “è un’altra possibilità. Questa è la nostra motivazione principale: trovare una soluzione che rispetti il diritto internazionale e che sia efficace”. Anche prima dell’accordo tra Ue e Turchia sulle migrazioni, osserva la fonte, c’era chi era scettico sulla sua efficacia, ma i fatti hanno dimostrato che i flussi si possono gestire, se c’è la volontà politica (e le conseguenti risorse).
Tuttavia, anche se si dovesse esplorare la via di creare alcune piattaforme di sbarco in territorio Ue, è chiaro che, se fossero ubicate solo in Italia, sarebbero insostenibili. Anche perché tutto dipende dai numeri: una volta che questi centri diventano sovraffollati, si pone un problema anche di rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali (basti pensare ai centri sulle isole greche di Lesbo e Chios). Se invece questi centri fossero condivisi tra più Paesi, allora chiaramente sarebbero maggiormente sostenibili, almeno sulla carta.
Sulla riforma di Dublino, viste le persistenti divisioni tra gli Stati, l’orientamento sarebbe quello di concentrarsi su altri aspetti delle migrazioni, meno divisivi: il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk ha visitato una decina di capitali nelle settimane scorse e ha parlato con molti capi di Stato e di governo al telefono.
“Non abbiamo ragioni di credere che sia possibile trovare soluzioni sul regolamento di Dublino velocemente”, spiega un alto funzionario Ue. In ogni caso, secondo l’alto funzionario Ue, “bisogna essere consapevoli che la politica in materia di migrazioni sta cambiando”. Negli ultimi mesi “abbiamo visto, in particolare a causa dei cambiamenti politici in Italia, una dinamica completamente nuova”.
E naturalmente la decisione presa dal primo ministro spagnolo Pedro Sanchez sulla nave Aquarius “è stata molto applaudita. Spero – aggiunge – che la questione della Lifeline venga risolta, ma credo che ci si debba anche chiedere se il comportamento della Lifeline sia in linea con il diritto internazionale e se se ne debbano trarre delle conseguenze o meno”.
In ogni caso, soluzioni come quella che potrebbe arrivare per la Lifeline non sono strutturali: neppure la Spagna di Sanchez ha intenzione di diventare la destinazione principale dei migranti che attraversano il Mediterraneo. “Per questo dobbiamo lavorare a soluzioni sistemiche: altrimenti, la politica prenderà il sopravvento”, ragiona la fonte Ue.
Ecco perché Tusk ieri ha scritto chiaramente, nella sua lettera ai leader, che “una precondizione per avere una vera politica Ue delle migrazioni è che gli europei decidano effettivamente chi entra nel loro territorio. Non riuscire a fare questo sarebbe una dimostrazione di debolezza e, soprattutto, potrebbe dare l’impressione che l’Europa non ha un confine esterno. I popoli d’Europa si aspettano, da tempo, che mostriamo di essere determinati nelle azioni volte a ripristinare il loro senso di sicurezza”.
Per quanto riguarda infine il nodo Russia, l’Italia non spingerà per annullare le sanzioni, ma chiederà che vengano sbloccati i finanziamenti della Bei e della Bers destinati alle piccole e medie imprese russe, specialmente per quei progetti che hanno un legame con la società civile. Questa, tuttavia non sarebbe una linea rossa invalicabile, a differenza dei due punti sulle migrazioni.
La Marina libica è con Salvini
“Le dichiarazioni del nuovo ministro degli Interni italiano, Matteo Salvini, sono buone”. Così il portavoce della Marina libica, Ayyoub Qasem, che in un’intervista ad Aki-Adnkronos International spiega come “il punto più importante” delle parole del ministro riguarda “la chiusura dei porti italiani alle Ong“. Secondo Qasem, “queste dichiarazioni hanno colpito tutta l’Europa e hanno avuto un riscontro positivo, ma noi aspettiamo i risultati”, poiché “queste Ong sono ancora presenti e ostacolano le attività della Guardia costiera libica”.
Il portavoce della Marina rivela che, “nell’ultimo periodo, il numero dei migranti è aumentato per diversi fattori. Anzitutto – spiega – vi è il fatto che questa è la stagione adatta a emigrare; in secondo luogo, le attività della Guardia costiera si sono molto intensificate; infine, i trafficanti hanno la sensazione che quanto accadrà nel prossimo periodo non sarà positivo per loro e per questo vogliono liberarsi dei migranti”. Qasem si dice convinto che “l’assenza degli apparati di sicurezza ha fatto sì che i trafficanti installassero le loro basi nelle aree a est di Tripoli, in particolare nella zona di Garabulli, che è diventata il punto di partenza dei migranti in quest’ultimo periodo”.
MINISTRO TRENTA – Intanto, secondo quanto apprende l’AdnKronos, il ministro della Difesa Elisabetta Trenta sarà presto in Libia per una serie di incontri con le massime autorità del governo di Tripoli. Nel corso della visita del ministro, in programma a luglio, saranno approfonditi i temi relativi a sicurezza, ’capacity building’ e contrasto ai trafficanti di esseri umani.
Malta chiude porti a navi Ong
Il governo maltese ha annunciato la chiusura dei propri porti alle ong, fino a quando non sarà conclusa l’inchiesta sulla Lifeline, la nave con a bordo 234 migranti approdata ieri dopo un rimpallo diplomatico durato giorni. In una nota, l’esecutivo afferma che gli eventi recenti hanno portato alla luce informazioni “finora non note” e che è dunque necessario “accertare che le operazioni condotte dalle entità che usano i servizi portuali e operano nell’area di responsabilità maltese avvengano sulla base delle leggi nazionali ed internazionali”.
Il governo della Valletta ha precisato che le indagini riguarderanno, ma non saranno limitate a questo, la certificazione o la registrazione delle navi coinvolte. Il riferimento è al contenzioso sulla Lifeline, che sosteneva di essere registrata in Olanda, circostanza smentita dall’Aja. “Dal momento che le indagini sono condotte da autorità indipendenti – precisa la nota – e fino a quando queste questioni non saranno chiarite, Malta non può permettere alle entità la cui struttura potrebbe essere simile a quella di entità soggette a indagini di usare Malta come porto per le proprie operazioni e di entrare o lasciare i porti” maltesi.
“Malta chiude i suoi porti alle navi delle Ong straniere? Bene, quindi vuol dire che avevamo ragione noi, indietro non si torna! Stop al traffico di esseri umani, stop a chi aiuta gli scafisti. #stopinvasione”, scrive su Twitter il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Comandante Lifeline sarà incriminato – Claus-Peter Reisch, comandante della Lifeline, sarà incriminato dalla giustizia maltese, riferisce il legale di Reisch alla Dpa. Il comandante, in particolare, dovrebbe essere incriminato lunedì per la registrazione della nave, che batte bandiera olandese ma, secondo le autorità dei Paesi Bassi, non sarebbe iscritta nei registri come richiesto dalle norme. “Faremo il possibile per chiarire la questione ed assicurarci che le Ong non vengano prese di mira per il salvataggio di persone in mare”, dice l’avvocato Neil Falzon.
Oggi a Malta il comandante è stato interrogato nuovamente e, secondo fonti citate dal Times of Malta, dovrebbe essere rilasciato dietro cauzione, mentre la nave dell’ong tedesca rimane sotto sequestro.
La Lifeline ha attraccato ieri a Malta con a bordo 234 migranti, dopo essere rimasta in mare per sei giorni. A sbloccare la situazione, la disponibilità delle autorità maltesi e di altri sette Paesi Ue, tra i quali l’Italia, ad accogliere una quota dei migranti a bordo. A questi Paesi si è aggiunta oggi la Norvegia. Il comandante della Lifeline è accusato da Italia e Malta di avere disobbedito agli ordini della Guardia Costiera italiana, raccogliendo i migranti all’interno delle acque libiche e rifiutandosi di riconsegnarli alla guardia costiera libica. La ong tedesca ha fornito una sua versione dei fatti, spiegando di non aver voluto riconsegnare i migranti alle autorità libiche, per non violare quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati.
Sanchez all’Italia: “No a retorica incendiaria”
L’unilateralismo e “la retorica incendiaria di certi leader italiani” non sono la risposta giusta alla questione dei migranti, serve invece “una risposta condivisa ad una sfida condivisa”. A parlare è il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez in un’intervista concessa al Guardian, Le Monde e Frankfurter Allgemeine Zeitung, nel giorno in cui si apre a Bruxelles l’atteso summit Ue incentrato sui migranti.
“Penso che il governo italiano debba chiedersi se l’unilateralismo sia una risposta efficace a sfide globali come quella delle migrazioni”, afferma Sanchez, che si dice “in favore della cooperazione” e nota come sia “importante parlare al governo libico sul rafforzamento dei meccanismi di confine”. Il leader spagnolo non cita per nome il ministro dell’Interno Matteo Salvini, ma avverte che “per quanto possa essere effettiva in termini elettorali la retorica incendiaria di alcuni leader italiani, dal punto di vista di una risposta effettiva ad una crisi umanitaria come quella cui assistiamo nel Mediterraneo e sulla costa italiana non è questa la riposta”.
“La nostra filosofia deve essere che quando una piccola imbarcazione arriva sulle rive di Tarifa, Malta o Lesbo, sta arrivando in Europa, non in Spagna, Malta o Grecia”, afferma Sanchez. Il primo ministro spagnolo aggiunge che bisogna capire le realtà sociali in Germania, Italia, Grecia, Spagna e Francia, ma che allo stesso tempo “il punto fondamentale è che non si può avere una prospettiva unilaterale o nazionale quando c’è una sfida condivisa”. “Per questo – rimarca – chiedo una risposta condivisa ad una sfida condivisa”.