“Felicità…È un bicchiere di vino con un panino, la felicità…” cantavano Albano e Romina nel lontano1982. Sì, ma quale vino qualcuno oggi chiederebbe? Dealcolato o con alcool? Il 2025 si apre inaspettatamente con importanti novità nel mondo enologico.
Il Ministro dell’Agricoltura F. Lollobrigida, lo scorso 20 dicembre, ha sottoscritto il decreto che autorizza, anche in Italia, la produzione di vino “dealcolato” o “parzialmente dealcolato”. A spingere verso la rivoluzione è probabilmente la riforma del Codice della Strada, che inasprisce le sanzioni per chi guida in stato di ebbrezza. Il vino dealcolato è il risultato di un vino vinificato sottoposto ad un procedimento di dealcolazione parziale o totale. Questo processo avviene generalmente o tramite osmosi, grazie a membrane con le quali si divide l’alcol dal vino, oppure, per distillazione grazie all’evaporazione dell’alcol. La bevanda dionisiaca è stata a lungo oggetto di trattazione filosofica.
Cosa preferirebbero bere oggi filosofi come Socrate o Platone?
Considerato privilegio di pochi, Socrate e il suo discepolo Platone ne facevano abbondante uso in virtù del suo potere di “aprire le menti” invitando caldamente, con l’avanzare dell’età, ad un atteggiamento di maggiore tolleranza, senza cadere nell’obnubilamento della coscienza, fortemente disapprovato. Assiduo partecipante dei simposi, Socrate è descritto come un bevitore leggendario per la sua capacità di tollerare bene l’alcool, tanto da sembrare l’unico sobrio in mezzo ad una compagnia ormai completamente ubriaca. Lo stesso Platone, in uno dei suoi dialoghi, intitolato appunto Simposio, presenta il filosofo come un bevitore ideale o, meglio, come un apparente ubriacone, a tutti gli effetti incredibilmente immune dalle conseguenze del bere eccessivo. Egli interpreta lo stato di ebbrezza come occasione di una autentica e veritiera manifestazione di sé. “Il vino idrata e tempra la mente e ne addormenta le preoccupazioni. Rivitalizza i nostri piaceri ed è olio sulla fiamma morente della vita. Se beviamo moderatamente e a piccoli sorsi, il vino entra nei nostri polmoni come la più dolce rugiada del mattino. Allora il vino non ruba la nostra ragione, ma ci invita a un’allegria amichevole… Sì, bere, anche questo mi piace. Mi sembra che i bagordi degli uomini siano come i semi nel campo. Perché anche questi, quando il dio dà loro troppo da bere, non riescono più a stare in piedi. Ma se bevono quanto gli conviene, allora crescono dritti, fioriscono e giungono a maturazione”. Platone, da buon greco, adotta il motto ‘in vino veritas’: nell’atto del bere si rivela il vero animo di un soggetto, rendendo semplice discernere gli uomini violenti, brutali, o schiavi dei piaceri afrodisiaci. Bere assieme diventa, quindi, un banco di prova politica e sociale. Platone introduce persino delle norme che ne regolamentano l’assunzione sulla base di un criterio anagrafico (Leggi, 666a-d), raccomandandolo soprattutto agli over quaranta, come “rimedio al disseccamento della vecchiaia”.

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E allora, cosa penserebbero Socrate e il suo discepolo della riforma avviata dal Ministro Lollobrigida?
Socrate, probabilmente, attribuirebbe al vino dealcolato il grande beneficio di assaporare un buon calice preservando al contempo l’equilibrio della salute, della mente e del corpo, segno imprescindibile di rispettabilità e senza la rigida regolamentazione del dosaggio da parte del simposiarca. Questa rivoluzione enologica potrebbe rappresentare un efficace antidoto per combattere quella che nella mentalità greca è identificata con il termine di hybns, la tracotanza indotta dal bere oltre la misura. Platone punterebbe indubbiamente il dito contro l’impossibilità, in assenza di alcool, di riconoscere l’essere autentico dei conviviali e discernere tra uomini brutali e uomini saggi. Del resto, come sosteneva il poeta Alceo: ‘Il vino è il mezzo per guardare dentro l’uomo”. Prosit!
In apparenza giusto.
Darà sentenza il gusto.