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VIOLA LIUZZO

Le storie sono importanti ma possono diventare un potenziale di micidiale falsificazione dei fatti.

Attraverso la diffusione/imposizione di una storia chi racconta  può creare una propria verità, uno stereotipo.

E basta analizzare la Storia per comprendere quante, troppe, volte le storie sono raccontate per espropriare e diffamare falsificando la realtà e quanto, troppe poche volte, vengono usate per far conoscere, umanizzare, costruire coscienze. E proprio nel compulsare le volte in cui oggetto della diffamazione è una donna allora è sconvolgente rilevare che le critiche afferiscono sempre alla sfera sessuale perché le si oscuri il talento, l’intelligenza, il coraggioso impegno nella affermazione  dei diritti che, come nel caso della storia che racconto oggi, la vittima infangata dalla denigrazione, ha voluto difendere a prezzo della propria vita. Distruggere la reputazione di una donna è da sempre il migliore strumento non solo a violare la sua integrità morale  ma anche quella sua famiglia, della stima diffusa nell’ambiente sociale, dell’opinione che altri hanno di lei. Il linguaggio, d’altra parte, è la forma di comunicazione per eccellenza. Mediante esso si trasmettono informazioni, si creano relazioni e ci si sente parte di un universo socioculturale comune. Ma le informazioni che vengono comunicate con il linguaggio esprimono diverse funzioni oltre a quella del mero informare. Il linguaggio è un costrutto sociale, frutto della relazione tra uomini, dotato di un  potenziale che va al di sopra della mera comunicazione: con il linguaggio “si fanno e disfanno storie (e le verità che contengono)”. Tutte le forme di comunicazione a partire dal linguaggio, oltre ad essere una carta fedele della realtà sociale in cui si è immersi, sono anche un mezzo attraverso cui gli individui delle classi dominanti affermano ed esercitano il loro potere per disfare la verità quando risulta scomoda e destabilizzante.

La storia di Viola Liuzzo  può essere un esempio eclatante di quanto ho appena detto.

Viola Fauver Gregg Liuzzo nacque l’11 aprile 1925 a Detroit in Pennsylvania.

La famiglia era molto povera e viveva in una baracca di una sola stanza, senza acqua corrente. Le scuole che frequenta  non disponevano di materiale scolastico adeguato e gli insegnanti avevano poco tempo per occuparsi dei numerosi bambini bisognosi. Poiché la famiglia si trasferiva spesso, la ragazza iniziava e terminava l’anno scolastico in scuole diverse. L’aver trascorso gran parte dell’infanzia e dell’adolescenza in povertà in Tennessee le permise di comprendere la dolorosa condizione segregante del Sud e prendersi cura delle persone perseguitate ed oppresse. Dopo due matrimoni falliti (il primo a 16 anni) e due figli  sposò l’italo-americano Anthony Liuzzo, da cui ebbe altri tre figli.

Nel 1961 tornò a studiare, frequentando le scuole serali, si diplomò come assistente medica e cominciò a frequentare i corsi della Wayne University. Divenne amica di Sarah Evans, donna nera conosciuta per caso, e fu anche questo forte legame a spingerla verso l’attivismo anti-segregazionista (in passato si era comunque distinta per aver manifestato pubblicamente contro una legge che facilitava la dispersione scolastica: allora, per protesta, tenne i bambini a casa da scuola per due mesi, educandoli privatamente, cosa per cui fu processata). Nel 1964 prese a frequentare la Chiesa Unitariana di Detroit e divenne socia della National Association for the Advancement of Colored People. Sconvolta dal “Bloody Sunday” americano, il pestaggio di manifestanti neri nella contea di Dallas avvenuto il 7 marzo 1965, decise di partecipare alle mobilitazioni successive: prima alla protesta all’università, il 16 marzo, e poi, il 21, alla grande marcia da Selma a Montgomery, conclusasi il 25 marzo, giorno in cui venne assassinata.

Accogliendo l’appello di Martin Luther King rivolto a tutti gli americani di buona volontà affinchè si unissero  nella lotta per l’uguaglianza dei diritti montò in auto e percorse  1.300 chilometri fino a Selma. Al termine della marcia, Viola si offrì di fare da autista per scortare i molti manifestanti che dovevano raggiungere le fermate degli autobus e gli aeroporti per fare ritorno a casa. Proprio mentre stava guidando verso Selma con al fianco Leroy Moton, giovane afroamericano, venne affiancata da un’auto con a bordo quattro esponenti del Ku Klux Klan.

Uno dei passeggeri esplose due colpi di pistola su di lei; colpita alla testa, morì istantaneamente. Leroy si salvò fingendosi morto.

Viola Fauver Gregg Liuzzo, madre di cinque figli, fu l’unica donna bianca a morire durante le proteste del Movimento per i diritti civili degli afroamericani negli Stati Uniti.

Come spesso accade nella storia delle donne la povera Viola fu oggetto di  una violentissima macchina del fango. Fu accusata di essere amante dei neri, sgualdrina, addirittura moglie di un mafioso. La sua decisione di prendere parte a un’impresa così pericolosa fu considerata da alcuni controversa per una donna sposata e madre di cinque figli.

I risultati dell’autopsia, condotta nel 1965, rivelarono che l’organismo di Liuzzo non conteneva tracce di droghe. Dimostrarono inoltre che al momento della morte non aveva avuto rapporti sessuali di recente.

Tutte le accuse si riveleranno infondate, ma la sua famiglia passò anni terribili, tra minacce e provocazioni di ogni genere.

Alla fine i responsabili dell’omicidio non pagarono il giusto prezzo dell’omicidio commesso.

Il Dipartimento di Giustizia incriminò i tre imputati Wilkins, Eaton e Thomas di cospirazione per intimidire gli afroamericani ai sensi del Ku Klux Klan Act del 1871 , una legge sui diritti civili della Ricostruzione . Le accuse non facevano specifico riferimento all’omicidio di Viola Liuzzo. Il 3 dicembre, il trio fu dichiarato colpevole da una giuria composta esclusivamente da uomini bianchi. 

Wilkins e Thomas furono rilasciati su cauzione durante il processo di appello. Eaton, che non era mai stato incarcerato, morì di infarto il 10 marzo.

La cronaca assumeva intanto i colori del macabro.

Pensate che  l’edizione del 15 gennaio 1966 del Birmingham News pubblicò un annuncio che offriva in vendita, al prezzo di 3.500 dollari, l’auto crivellata di proiettili della Liuzzo.

L’annuncio recitava: “Cercate un’auto che attiri la folla?

Ho una Oldsmobile a due porte del 1963, in cui è stata uccisa la signora Viola Liuzzo.

Fori di proiettile e tutto il resto intatto. Ideale per attirare la folla”. 

Solo nel 1978 il ruolo dell’FBI nella campagna diffamatoria venne scoperto, quando i figli di Liuzzo ottennero i documenti del caso dall’FBI in base al Freedom of Information Act . 

Rowe fu incriminato nel 1978 e processato per il suo coinvolgimento nell’omicidio. Il primo processo si concluse con una giuria in stallo (Negli Stati Uniti, quando una giuria non riesce a raggiungere un verdetto, il giudice dichiara “mistrial” e annulla il processo. Mistrial è la formula che indica che un procedimento viene annullato perché la giuria non riesce a raggiungere un verdetto)  e il secondo processo si concluse con la sua assoluzione. 

La famiglia Liuzzo fece causa all’FBI per la morte di Liuzzo e i relativi danni. Il 27 maggio 1983, il giudice  respinse le accuse, affermando che “non c’erano prove che l’FBI fosse in alcun tipo di joint venture con Rowe o di cospirazione contro la signora Liuzzo. La presenza di Rowe nell’auto è stata la ragione principale per cui il crimine è stato risolto così rapidamente”.

Nell’agosto del 1983, all’FBI furono assegnati 79.873 dollari di spese processuali.  Tali spese furono poi ridotte a 3.645 dollari dopo che l’ ACLU (l’Organizzazione non governativa statunitense che si batte per i diritti civili e le libertà individuali) presentò ricorso a nome della famiglia. 

La Biblioteca Walter P. Reuther della Wayne State University contiene materiale d’archivio originale relativo alla Liuzzo e al suo caso. I “documenti Viola Liuzzo” contengono la documentazione degli eventi dell’omicidio, delle indagini che ne sono seguite e delle successive azioni legali intraprese dalla famiglia Liuzzo. 

I documenti contengono anche fascicoli dell’FBI sulle indagini sugli omicidi e richieste complete ai sensi del Freedom of Information and Privacy Act (FOIPA) per il rilascio di documenti che documentavano il coinvolgimento dell’FBI con il Ku Klux Klan. Diversi documenti sono inoltre relativi all’FBI, agli informatori e ai Freedom Riders . 

La mostruosa campagna denigratoria costruita contro Viola Liuzzo è divenuta oggetto di attenzione pubblica solo grazie ai docufilm e alla letteratura:

Liuzzo è apparso nella terza parte di una serie televisiva, Free at Last: Civil Rights Heroes . Il suo omicidio è stato mostrato nel secondo episodio della miniserie King .

Nel 2004, Liuzzo è stato il soggetto di un documentario, Home of the Brave .

Il terzo episodio della sesta stagione della serie poliziesca della CBS Cold Case , intitolato “Wednesday’s Women”, è liberamente ispirato alla storia di Liuzzo.

Nel 2008, Viola Liuzzo è stato commemorato in una canzone, “Color Blind Angel”, dalla defunta cantante blues Robin Rogers nel suo album Treat Me Right .

Laura Nessler ha scritto l’opera teatrale Outside Agitators (2014), basata sulla vicenda della  Liuzzo. La prima è stata al Prop Theater di Chicago, Illinois, il 20 settembre 2014.

La Liuzzo è stata interpretata da Tara Ochs nel film del 2014 Selma .

Di Viola Liuzzo e del suo impegno di vita parlerò nel mio programma radiofonico settimanale in onda in diretta martedì alle 12.15 e, in replica, giovedì p.v. alle ore 17.30 su Radio Regional (AM – Onde Medie sulla frequenza 1440 kHz o al link: https://www.regionalradio.eu/onair/shows/storia-storie/

In podcast al link:https://www.regionalradio.eu/onair/podcast/storiaestorie/

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Data:

14 Aprile 2025

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