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WEF DI DAVOS, MILEI – L’agenda woke un virus mentale che va curato

Si chiude oggi il World Economic Forum di Davos, consueto meeting annuale internazionale che riunisce migliaia di esponenti del mondo economico, politico, scientifico a culturale provenienti da decine di paesi.

La giornata di ieri è stata segnata dall’atteso intervento di Donald Trump, collegatosi con la platea in videoconferenza, e dall’intervento del vulcanico Javier Milei. Il presidente argentino ha lanciato accuse dirette allo stesso meeting di Davos in qualità di istituzione, colpevole di essere stato in passato “protagonista e promotore della sinistra agenda woke che sta facendo così tanti danni al mondo occidentale”.

Milei ha quindi orgogliosamente dichiarato di far parte di una nuova e auspicata onda politica mondiale, che comprende anche “l’incredibile Musk”, “la mia cara Giorgia Meloni”, e diversi altri politici, tra cui lo stesso Trump o Netanyahu. Grazie a questa cerchia non si sente “solo”, “nuovi alleati hanno abbracciato le idee di libertà in ogni angolo del mondo”. L’aspra condanna è rivolta alla declamata “agenda woke”, ideologia ritenuta un male equiparato al cancro, “un virus mentale che è la maggiore epidemia del nostro tempo, che va curato”.

Il termine “woke” deriva dall’inglese e non è facilmente adattabile al contesto linguistico italiano. Letteralmente significa “sveglio, consapevole” ed era originariamente usato negli Stati Uniti all’interno dei movimenti per i diritti civili per indicare uno stato di vigilanza contro l’ingiustizia e il razzismo. Il concetto è stato poi esteso, dando vita ad una vera e propria filosofia fondata sulla giustizia sociale, l’inclusività, la critica verso le strutture del potere e la riflessione. Negli ultimi anni, il termine “woke” ha assunto un duplice significato: da un lato rappresenta l’impegno per la giustizia sociale e la solidarietà, dall’altro è percepito negativamente come sinonimo di moralismo eccessivo. Questo aspetto critico è associato alla “cancel culture”, vista come un’estremizzazione che può ostacolare il dialogo e la libertà di espressione, contraddicendo le sue intenzioni originali.

Per Milei, le “idee woke” e il “femminismo radicale” alimentano lo statalismo e devono essere accantonate per consentire una rinascita dei valori occidentali. Sostiene che l’Argentina e gli Stati Uniti possano guidare questo processo, rilanciando l’Occidente e la sua grandezza. L’ideologia woke ha persino “ingiustamente vilipeso” Elon Musk: il riferimento era legato alla controversia sul gesto del braccio alzato con cui l’imprenditore aveva salutato il neopresidente americano durante la cerimonia di insediamento, generando discussioni e interpretazioni fortemente polemiche. Secondo Milei, quello di Musk è invece stato un “gesto innocente che semplicemente riflette il suo entusiasmo e la sua gratitudine verso le persone”.

Per superare l’avversata ideologia, il presidente argentino ha proposto l’idea stessa di libertà, che già accomuna diverse nazioni, tra cui quella che rappresenta. L’invettiva sulla filosofia woke ha catalizzato l’attenzione del pubblico, in un lungo discorso nel quale sono stati declinati tutti gli estremismi cui questa ideologia ha portato, tra cui il femminismo o quel “sinistro ambientalismo radicale” di cui all’”agenda del cambiamento climatico”. Nell’intervento c’è stato infine spazio per profondere la difesa del libero mercato, a lui particolarmente caro, sostenendo che lo stesso non possa tecnicamente mai fallire, se non giungendo ad una vera e propria contraddizione in termini, e che il “wokeismo” non sia nient’altro che “un piano sistematico del partito dello Stato per giustificare l’intervento statale e aumentare la spesa pubblica”. “La nostra prima e principale missione”, ha concluso,” se vogliamo davvero rivendicare il progresso dell’Occidente e costruire una nuova era dell’oro, deve essere la drastica riduzione del peso dello Stato”. 

(Foto interna di copertina: Javier Milei al forum di Davos, credits WEF/Gabriel Lado)

Data:

25 Gennaio 2025

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