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Zingaretti: “governo,difficile altra maggioranza”(Altre News)

Zingaretti: “Se governo cade,difficile altra maggioranza”

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Sulla regolarizzazione dei migranti “penso e spero si trovi una soluzione. L’impianto della ministra Bellanova è corretto. E’ una esigenza nazionale, produttiva, di umanità, di sicurezza. C’è un eccesso di rigidità più dovuto a visibilità politica che alla concretezza delle misure prese”. Lo ha detto Nicola Zingaretti a SkyTg24. “Chi non ce la fa, gli esclusi, quelli che fanno lavoretti, chi non ritroverà il posto di lavoro, questi hanno bisogno di essere accompagnati. Non possiamo lasciarli soli. Se aumentano le diseguaglianze sociali è a rischio la democrazia”, aggiunge il leader dem.

“Se questo governo non ce la fa è difficile che dentro questo Parlamento si possa riproporre una maggioranza diversa” ma il Pd, assicura Zingaretti, “non si presterà mai al ritorno della politica del chiacchiericcio, degli sgambetti e dei giochi di palazzo”.

Conte a Italia Viva: “Ora senso responsabilità, far ripartire Paese”

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“Il Governo e le forze di maggioranza sono chiamati a operare con grande responsabilità, che deve essere ben superiore a quella richiesta a tutti i cittadini visti i compiti istituzionali, per operare la sintesi più efficace e lungimirante per far ripartire il Paese e rilanciare l’economia”. Lo ha detto, a quanto si apprende da fonti di Palazzo Chigi, il premier Giuseppe Conte nell’incontro con la delegazione di Iv, un incontro che anche P.Chigi, come il partito renziano, giudica “positivo”.

Il presidente del Consiglio, si apprende, ha ribadito “ancora una volta la sua totale disponibilità a discutere le proposte di IV per la ripresa economica del Paese”. Il premier “ha inoltre condiviso la necessità di lavorare tutti insieme, con coraggio e determinazione, per affrontare e superare questa drammatica emergenza economica e sociale e offrire urgenti risposte ai cittadini”.

Carceri, i carteggi di fuoco fra Antimafia e Basentini

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Un elenco dettagliato, con nome, cognome, posizione giuridica, e tipo di detenzione, dei 376 detenuti scarcerati nelle ultime settimane a causa del coronavirus. Tra loro anche tre boss al carcere duro, il 41 bis, finiti ai domiciliari, il boss mafioso Francesco Bonura, il boss camorrista Pasquale Zagaria e il capo ’ndranghetista Vincenzo Iannazzo. Ma l’elenco, che l’Adnkronos ha potuto visionare, è infinito.

Ci sono tutti coloro che hanno potuto lasciare il carcere, su disposizione dei magistrati del Tribunale di sorveglianza o dei Tribunali, quando la pena per il detenuto non è ancora definitiva. Cinque pagine fitte fitte in excel. Nomi sconosciuti e altri noti. E’ il 22 aprile quando il Presidente della Commissione nazionale antimafia Nicola Morra scrive all’allora capo del Dap Francesco Basentini, che nel frattempo ha rassegnato la sue dimissioni, per sollecitare, come si legge nella lettera l’acquisizione e la trasmissione alla Commissione “con ogni cortese sollecitudine, tutti i riferimenti, e se del caso anche i fascicoli personali, dei detenuti, a procedimenti esitati in decisioni della magistratura di sorveglianza incidenti sul regime detentivo di persone chiamate a scontare la pena per reati di cui all’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario”.

E nello stesso tempo Morra chiede a Basentini di “potere conoscere se vi siano state determinazioni di sorta che abbiano inciso su una o più detenuti sottoposti alle misure di cui all’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario”. Passano pochi giorni e le polemiche sul Dap iniziano ad infuriare, fino ad arrivare alle dimissioni del capo Francesco Basentini. Da lì a poco verranno nominati prima il vicecapo del Dap Roberto Tartaglia, che lascia la Commissione nazionale antimafia, e poi Dino Petralia, che prende il posto di Basentini dimissionario. Il carteggio tra la Commissione nazionale antimafia e il Dap prosegue per giorni. Con toni anche accesi. E’ il 24 aprile quando Morra scrive nuovamente a Basentini, come apprende l’Adnkronos, per sollecitare ancora “i dati di cui dispone il Dipartimento” circa alcuni detenuti, tra cui Giuseppe Trubia, Pasquale Cristiano, Giuseppe Marotta “per i quali è stata disposta a vario titolo una modifica del regime di esecuzione penale”.

Due giorni dopo Basentini scrive la lettera di risposta al Presidente dell’Antimafia con tutti i dati richiesti. Ma non basta. Il 29 aprile è ancora Nicola Morra a scrivere a Basentini. Questa volta la Commissione chiede al Dap “di acquisire i documenti relativi alle modifiche del regime penale intramurario per i detenuti condannati per i reati di cui all’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario”. Ma con altrettanta forza chiede notizie anche delle scarcerazioni dei boss al 41 bis. “Alcuni commissari si sono anche vivamente lamentati – scrive Morra – del fatto che non sia pervenuta risposta alla richiesta di acquisizione dei dati da me avanzata il 22 aprile. Torno, dunque, a chiederle di evadere al più presto quella richiesta di acquisizione”. Il 29 aprile arriva la risposta del capo del Dap Basentini, con l’elenco richiesto dalla Commissione nazionale antimafia. Alla lettera vengono allegati anche i provvedimenti emessi dalla magistratura di sorveglianza che erano disponibili.

Carceri, da centrodestra mozione di sfiducia per Bonafede

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Il centrodestra ha depositato una mozione di sfiducia al ministro della Giustizia. “La mozione di sfiducia per Bonafede è stata depositata in Senato, con le firme di tutto il centrodestra, perché il ministro ha mostrato evidente incapacità e inadeguatezza in un settore così delicato, come quello delle carceri” ha detto Matteo Salvini.

“Non sta a me – ha aggiunto il leader della Lega – ricordare le rivolte nelle carceri, con morti e feriti, la scarcerazione, siamo arrivati a più di 400, fra mafiosi, assassini, delinquenti usciti dalle carceri nell’inattività, quantomeno, del ministero della Giustizia”. “Non entriamo poi – ha concluso – nel merito, da garantista, delle dichiarazioni del giudice Di Matteo che hanno sollevato ombre preoccupanti sulle nomine da parte del ministro Bonafede, su quello che è accaduto, su pressioni o su omissioni, io non so se abbia ragione il giudice Di Matteo o se abbia ragione il ministro Bonafede, entrambi non possono aver ragione”.

“Fratelli d’Italia, insieme a tutto il centrodestra, ha depositato in Senato una mozione di sfiducia al ministro Alfonso Bonafede” ha detto Giorgia Meloni, sottolineando che “l’Italia non può permettersi di tenere in carica un ministro che con le sue scelte scellerate ha consentito la scarcerazione di mafiosi, boss compresi, vanificando il lavoro di migliaia di servitori dello Stato e umiliando le famiglie delle vittime della mafia”. “Spero – ha concluso – che il Parlamento abbia, almeno su questo, un sussulto di dignità”.

Anche Forza Italia ha firmato al Senato la mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro della Giustizia. Il partito, raccontano fonti azzurre, con il placet di Silvio Berlusconi, avrebbe deciso di ’adottare’ il provvedimento proposto da Lega e Fdi, in deroga alla linea politica di sempre (mai firmare e votare sfiducie individuali), tranne il ’precedente’ della vicenda Toninelli, perché la “giustizia è il cavallo di battaglia di Forza Italia”.

Giorgio Mulè, portavoce unico dei gruppi parlamentari di Camera e Senato forzisti, dice all’Adnkronos: ’’Abbiamo firmato la mozione di sfiducia individuale, perché nel caso di Bonafede il senso dello Stato è stato messo sotto i piedi’’.

Raccontano che l’accordo nel centrodestra sulla mozione contro Bonafede sia stato raggiunto solo in mattinata, dopo una notte di trattative. Una volta accolte alcune modifiche al testo, Forza Italia avrebbe deciso di firmare la sfiducia da presentare al Senato, insieme a Lega e Fdi, ricompattando così una coalizione che fino a 24 ore prima andava in ordine sparso. Silvio Berlusconi avrebbe dato il suo via libera alla capogruppo a palazzo Madama, Anna Maria Bernini, dopo una serie di contatti, convinto che la misura era colma e che c’erano tutti i motivi per ’derogare’ alla linea del partito.

In questi anni Bonafede ha violato troppi diritti di libertà, avrebbe sottolineato il Cav a quanto apprende l’Adnkronos, senza fare alcun commento sullo scontro Bonafede-Di Matteo. Il caso del Dap, infatti, precisano a palazzo Grazioli, sarebbe stata solo la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Forza Italia, insomma, ha semplicemente colto l’occasione per firmare la sfiducia contro Bonafede proposta anche da Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Con questa mossa Berlusconi, raccontano, rafforza l’unità del centrodestra smentendo le voci di volersi smarcare a tutti i costi dagli alleati sovranisti e rivendica un tema, quello della giustizia, da sempre cavallo di battaglia di Fi. Da quando Bonafede è Guardasigilli ha “più volte calpestato lo Stato di diritto’’, prendendo a “picconate il garantismo’’, è il coro unanime tra gli azzurri. In passato il leader azzurro ha più volte attaccato Bonafede, soprattutto riguardo la riforma delle intercettazioni considerata un ’’progetto di legge terrificante’’.

In bozza dl regolarizzazione per braccianti, colf e badanti

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Spunta nel dl aprile, ormai diventato decreto maggio, un articolo per regolarizzare i lavoratori ’invisibili’, tema che ha creato divisioni nel governo, fino alla minaccia di dimissioni della ministra renziana Teresa Bellanova, ora a Palazzo Chigi con la delegazione di Italia Viva per un chiarimento con il premier Giuseppe Conte. Nella bozza del dl c’è un articolo, visionato dall’Adnkronos, che apre alla regolarizzazione di lavoratori in nero, nello specifico braccianti, colf e badanti, con permessi temporanei da 4 mesi o fino al termine della durata del contratto.

Le disposizioni previste dall’articolo, scritto in ’zona Cesarini’, si applicano ai seguenti settori di attività, si legge nel testo: “agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività funzionali ad assicurare le rispettive filiere produttive; assistenza alla persona per sé stessi o per componenti della propria famiglia, ancorché non conviventi, affetti da patologie o disabilità che ne limitino l’autosufficienza; lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare”.

Il testo di cui l’Adnkronos ha preso visione è stato messo a punto dal Viminale, dopo una serie di contatti tra Palazzo Chigi e la responsabile del ministero dell’Interno, Luciana Lamorgese, avuti in mattinata.

“Al fine di garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva in conseguenza dell’eccezionale emergenza sanitaria connessa alla diffusione del contagio da Covid-19 e per favorire nel contempo l’emersione di rapporti di lavoro irregolari, i datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea, ovvero i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, possono presentare istanza, con le modalità di cui ai commi 4 e 5, qualora intendano concludere un contratto di lavoro subordinato ovvero dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, sottoposti a rilievi fotodattiloscopici in data anteriore all’8 marzo 2020 e che non abbiano lasciato il territorio nazionale dal suddetto adempimento”, si legge nel testo.

Ai cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto dalla data del 31 ottobre 2019, non rinnovato o convertito in altro titolo di soggiorno, “presenti sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020 e sottoposti a rilievi fotodattiloscopici può essere rilasciato a richiesta, un permesso di soggiorno temporaneo della durata di mesi XX”, si legge nel testo dove non viene ancora definita la durata. Ma subito dopo viene tuttavia precisato che “se nel termine prima indicato il cittadino esibisce un contratto di lavoro subordinato nei settori” interessati dalla norma, ovvero braccianti, colf e badanti, “il permesso viene convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro della durata minima di mesi quattro o per il periodo di lavoro contrattuale se superiore ai quattro mesi”.

Esclusi dalla regolarizzazione dei cosiddetti ’invisibili’ i migranti espulsi per motivi di ordine pubblico e sicurezza di Stato, ma anche per reati collegati al terrorismo o per il commercio di sostanza nocive. “Non sono ammessi alle procedure previste dal presente articolo – si legge nel testo – i cittadini stranieri: nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione ai sensi dell’articolo 13, commi 1 e 2, lettera c), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e dell’articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, e successive modificazioni; che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l’Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato”.

E ancora: “che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale; che comunque siano considerati una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone. Nella valutazione della pericolosità dello straniero si tiene conto anche di eventuali condanne, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dall’articolo 381 del codice di procedura penale”.

Ma nella bozza ci sono anche delle fattispecie di reato per il datore di lavoro, che costituiscono causa di rigetto della domanda di regolarizzazione. Tra queste, la condanna negli ultimi 5 anni di reati, anche con sentenza non definitiva, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina “verso l’Italia e dell’immigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati” o per reati “diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite”.

Per la pratica di regolarizzazione è previsto un “contributo forfettario stabilito nella misura di 400 euro per ciascun lavoratore” ed è inoltre “previsto il pagamento di un contributo forfettario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo contributivo e fiscale, da quantificarsi con il medesimo decreto” che tuttavia, nella bozza in possesso dell’Adnkronos, non viene indicata, ma che andrà da un minimo a un massimo “in relazione alla durata del rapporto irregolare oggetto di emersione”.

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8 Maggio 2020