A valediction: forbidding mourning
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Siamo onesti: il nome di John Donne, oggi, non ci direbbe niente, o meglio, non direbbe granché alla maggior parte di noi, se non avessimo letto Per chi suona la campana, di Ernest Hemingway: moltissimi, tra i meno giovani, ricorderanno gli Oscar Mondadori, e il sottotitolo: “Ogni morte di uomo mi diminuisce, perché io partecipo all’umanità: e così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te” John Donne. POESIA n. 12 proponeva John Donne e il suo Commiato: divieto di dolersi tradotto da Gerardo Bamonte, Cristina Campo, Roberto Sanesi, Giovanni Giudici, Giorgio Melchiori e Patrizia Valduga. Prima di confrontarci con la traduzione dobbiamo contestualizzare la figura del poeta londinese.
Poeta e predicatore (Londra 1571 o 1572 – ivi 1631). È il principale dei poeti cosiddetti metafisici e, sebbene la sua coscienza appaia sempre divisa fra una tradizione medievale e il pensiero scientifico e critico che andava affermandosi, nella sua poesia supera ogni frattura o divisione. Fu anche un grande predicatore e i suoi molti sermoni gli conquistarono larga fama tra i contemporanei. Di famiglia cattolica, si vide preclusa la carriera di cortigiano e non poté neppure conseguire un grado all’università; ma la sua fede cattolica non resisté a lungo al dubbio. Fece per qualche tempo vita di società, scrivendo singolari versi d’amore, ora cinici, ora sensuali, ora animati da alta spiritualità. Partecipò (1596-97) alle spedizioni marittime del conte di Essex. Divenuto segretario del guardasigilli Th. Egerton, ne sposò segretamente (1601) la nipote: fu licenziato e imprigionato. Trascorse a Mitcham (Londra) anni di povertà, rattristata dalla perdita di alcuni dei numerosi figli, scrivendo, per incarico di Th. Norton, polemiche contro cattolici e ricusanti. Sollecitato da Giacomo I, prese (1615) gli ordini della chiesa anglicana e fu nominato (1621) decano della cattedrale di S. Paolo (www.treccani.it). Fu poeta, religioso e saggista, nonché avvocato e chierico della Chiesa d’Inghilterra.
Scrisse sermoni e poemi di carattere religioso (Nessun uomo è un’isola era appunto un sermone), traduzioni latine, epigrammi, elegie, canzoni, sonetti e satire. Molte sue opere furono pubblicate postume. L’attenzione nei confronti di Donne crebbe significativamente a partire dall’Ottocento. Donne visse in un periodo in cui dovette giocoforza confrontarsi con la transizione: il tramonto dell’epoca elisabettiana generava ansie e incertezze.”Il poeta era stretto nella morsa dei Santi Padri e del pensiero medievale da un lato, e della rivoluzione scientifica che aveva come protagonisti Copernico, Galileo, Keplero e Paracelso; e questa ricchezza e contraddittorietà gli permisero di produrre alcune liriche che richiamano l’età di Dante, assieme alla presa di coscienza della «new Philosophy» che «calls all in doubt» sgretolando le certezze medievali.”
Le ventiquattro traduzioni, realizzate tra il 1960 e il 1970, delle poesie di John Donne sono un aspetto dell’opera di Cristina Campo ancora parzialmente sconosciuto. La traduzione è per la Campo un gesto sacro: come attraverso la poesia il poeta media tra la lingua silenziosa delle cose e la lingua degli uomini, così nelle traduzioni la scrittrice cerca di far rivivere, nella nuova lingua, il poeta: tradurre è per lei un rito in cui l’amante, il poeta, “brucia per riscaldare l’amato e nella parola dare nuova vita” . A partire dal 1960 le versioni da John Donne confluirono, accompagnate da due saggi introduttivi e da note, nel testo edito da Einaudi nel 1971 Poesie amorose. Poesie teologiche . La Campo ci offre un piccolo e preziosissimo libro dove sono raccolti ventiquattro componimenti del poeta esemplare della “corrente” metafisica: in particolare traduce quattordici delle cinquantacinque liriche appartenenti alla raccolta Songs and Sonets, composte tra la fine del 1500 e il primo decennio del 1600; sette Sonetti Sacri, il poemetto religioso La Croce, anch’essi composti quasi tutti prima del 1615, e due Inni religiosi più tardi (dalla tesi di Paola Cortina – Facoltà di lettere e filosofia di Padova 1997-1998). E tuttavia la versione di Patrizia Valduga de A valediction: forbidding mourning è qualcosa di talmente perfetto che non possiamo non pubblicare.