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LE EMISSIONI ATMOSFERICHE DI PARTICOLATO FINE NELLE REGIONI ITALIANE

Sono cresciute del 36,21% in media tra il 2018 ed il 2023

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L’European Innovation Scoreboard-EIS calcola le emissioni atmosferiche di particolato fine (PM2.5) nell’industria. Il dato è costituito da un rapporto. Al numeratore abbiamo le emissioni atmosferiche di particolato fine ovvero PM2.5 nel settore manifatturiero in tonnellate. Al denominatore abbiamo il valore aggiunto nel settore manifatturiero.  L’inquinamento atmosferico può essere di origine antropica (indotto dall’uomo) o di origine naturale. L’inquinamento atmosferico può potenzialmente danneggiare sia la salute umana che l’ambiente: è noto che il particolato (PM), il biossido di azoto e l’ozono troposferico comportano rischi particolari per la salute. Le esposizioni di picco e a lungo termine a questi inquinanti possono essere associate, tra gli altri impatti, a malattie cardiovascolari e respiratorie o a una maggiore incidenza di cancro. Questo indicatore rileva i livelli medi di concentrazione di particolato fine (PM2,5 — particelle con un diametro pari o inferiore a 2,5 micrometri) a cui è esposta la popolazione. L’UE ha stabilito un limite annuale di 25 µg/m³ per le polveri sottili nella Direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria ambiente e un’aria più pulita, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stabilito un valore guida più rigoroso, ma non vincolante, per cui le concentrazioni medie annuali non dovrebbero superare i 10 µg/m³ per proteggere la salute umana. Il PM2,5 è considerato dall’OMS l’inquinante con il maggiore impatto sulla salute umana. I dati fanno riferimento alle regioni italiane tra il 2018 ed il 2023.

Emissioni atmosferiche di particolato fine nelle regioni italiane nel 2023. I dati relativi alle emissioni di particolato fine nelle regioni italiane per l’anno 2023 rivelano una notevole variabilità geografica, che riflette una serie complessa di fattori ambientali, economici e di politica regionale. Queste cifre, espresse in microgrammi per metro cubo, evidenziano come differenti regioni gestiscano le proprie risorse e sfide ambientali. Le regioni del nord Italia, come la Lombardia e il Veneto, mostrano le emissioni più basse, rispettivamente 33,71 e 30,25 μg/m³. Questi valori eccezionalmente bassi possono essere attribuiti a una combinazione di industrie all’avanguardia in termini di controlli ambientali, politiche locali efficaci nel regolamentare le emissioni e, in alcuni casi, condizioni meteorologiche favorevoli che facilitano la dispersione degli inquinanti. Inoltre, l’adozione diffusa di tecnologie pulite e di trasporti pubblici efficienti contribuisce significativamente a questi risultati positivi. Al contrario, regioni come la Sardegna e la Valle d’Aosta registrano i livelli più alti, con 192,24 e 189,46 μg/m³. Questi numeri elevati potrebbero essere spiegati da una minore prevalenza di politiche ambientali stringenti o da una maggiore dipendenza da fonti energetiche più inquinanti. Anche l’isolamento geografico e le particolarità del tessuto industriale possono giocare un ruolo nel determinare le emissioni più elevate. La situazione del particolato fine nel Mezzogiorno, inclusi la Calabria con 175,15 μg/m³ e la Sicilia con 166,96 μg/m³, solleva preoccupazioni specifiche. Queste aree sono spesso caratterizzate da una maggiore densità di traffico e da un minor numero di politiche ambientali proattive rispetto al nord. Inoltre, la presenza di industrie pesanti, meno moderne in termini di tecnologie di filtraggio e controllo delle emissioni, può contribuire a questi livelli elevati. Le differenze tra nord e sud dell’Italia non sono soltanto una questione di industrializzazione, ma anche di investimenti in infrastrutture sostenibili e educazione ambientale. Le regioni con minori emissioni di particolato dimostrano l’efficacia di un approccio integrato che include legislazione ambientale rigorosa, incentivi per le energie rinnovabili, e una forte sensibilizzazione pubblica sui temi dell’inquinamento e della salute pubblica.

Emissioni atmosferiche di particolato fine nelle regioni italiane tra il 2018 ed il 2023. L’analisi dei dati relativi alle emissioni di particolato fine nelle regioni italiane tra il 2018 e il 2023 rivela trend di crescita preoccupanti in molte aree, ma anche situazioni eterogenee che riflettono le diverse dinamiche regionali e le politiche ambientali adottate. Questi dati mettono in luce sia i cambiamenti assoluti (Var Ass) sia le variazioni percentuali (Var Per) nelle emissioni di particolato fine, un indicatore chiave della qualità dell’aria che ha implicazioni dirette sulla salute pubblica.La Campania mostra l’aumento più drammatico, con un incremento delle emissioni da 57,99 μg/m³ nel 2018 a 128,57 μg/m³ nel 2023, che si traduce in un aumento del 121,71%, il più alto tra tutte le regioni. Questo incremento potrebbe essere attribuito a un mix di crescita industriale, aumento del traffico veicolare e potenzialmente minori investimenti in tecnologie di riduzione delle emissioni o in politiche di mitigazione efficaci durante questo periodo.Anche in Lombardia e Veneto si osservano aumenti significativi, benché partano da basi molto diverse. La Lombardia è passata da zero emissioni nel 2018 a 33,71 μg/m³ nel 2023, mentre il Veneto ha visto un incremento da 9,97 a 30,25 μg/m³, con un impressionante aumento percentuale del 203,49%. Entrambe le regioni hanno subito importanti cambiamenti infrastrutturali o hanno registrato un incremento delle attività industriali che potrebbero aver influenzato questi risultati.Regioni come Friuli Venezia Giulia e Marche hanno anche sperimentato aumenti significativi delle emissioni, con variazioni percentuali rispettivamente del 71,73% e del 53,80%. Questi dati suggeriscono che anche le aree meno industrializzate o con minore densità di popolazione non sono immuni dall’aggravarsi dell’inquinamento atmosferico, che può essere esacerbato da fattori come il riscaldamento residenziale e l’aumento del traffico.D’altra parte, alcune regioni hanno mostrato incrementi più moderati. Ad esempio, l’Emilia Romagna e la Toscana hanno registrato aumenti relativamente bassi delle emissioni, con variazioni percentuali del 13,53% e del 7,92% rispettivamente. Questi incrementi contenuti possono riflettere migliori pratiche di gestione ambientale, investimenti in tecnologie pulite e un forte impegno verso la sostenibilità.È interessante notare che regioni come Umbria hanno mostrato un aumento molto limitato delle emissioni, con una variazione percentuale di solo il 4,08%. Questo potrebbe indicare un’eccellente capacità di gestione e controllo dell’inquinamento, nonché l’adozione di politiche ambientali efficaci.

Emissioni atmosferiche di particolato fine nelle macro-regioni italiane tra il 2018 ed il 2023. L’analisi delle emissioni di particolato fine nelle macro-regioni italiane dal 2018 al 2023 mostra una tendenza all’aumento in tutte le aree, con variazioni assolute e percentuali che riflettono le diverse dinamiche socio-economiche e ambientali di ciascuna regione. Questi dati sottolineano l’importanza di strategie regionalizzate e mirate per combattere l’inquinamento atmosferico, considerando le specificità territoriali. Nel Sud, l’incremento delle emissioni è stato del 32,66%, passando da 121,05 μg/m³ nel 2018 a 160,59 μg/m³ nel 2023. Questa significativa crescita potrebbe essere attribuita a una combinazione di fattori, inclusi l’aumento delle attività industriali, un’infrastruttura di trasporto pubblico meno sviluppata, e una minore attuazione di politiche ambientali efficaci rispetto ad altre macro-regioni. Inoltre, il clima più caldo e secco può influenzare la dispersione degli inquinanti, aggravando il livello di particolato. Il Nord, pur avendo la più bassa emissione iniziale nel 2018 con 68,65 μg/m³, ha registrato il più alto aumento percentuale di emissioni, del 51,75%, raggiungendo 104,18 μg/m³ nel 2023. Questo è indicativo di un significativo impatto delle attività industriali e di un aumento del traffico veicolare. Nonostante il Nord sia generalmente più avanti nel controllo delle emissioni grazie a tecnologie avanzate e a regolamenti più stringenti, questo aumento sottolinea la necessità di rafforzare ulteriormente le misure di controllo dell’inquinamento e di promuovere soluzioni di mobilità sostenibile. Il Centro mostra un incremento più moderato, con un aumento del 24,05% delle emissioni, da 104,92 μg/m³ a 130,15 μg/m³. Questa regione, caratterizzata da un equilibrio tra aree urbane dense e aree rurali, ha potuto beneficiare di una migliore gestione dell’urbanizzazione e di una maggiore efficienza nel trasporto pubblico rispetto al Sud, ma mostra comunque una crescita preoccupante che richiede attenzione. Questi dati evidenziano l’urgente necessità per l’Italia di adottare un approccio più aggressivo e coordinato nella gestione delle emissioni di particolato fine. È essenziale implementare politiche ambientali che integrino tecnologie pulite, regolamenti più severi sulle emissioni industriali, promozione del trasporto pubblico, e incentivi per l’uso di energie rinnovabili. Inoltre, l’educazione e la sensibilizzazione pubblica giocano un ruolo cruciale nel modificare i comportamenti individuali e nel promuovere pratiche quotidiane più sostenibili. La sfida principale rimane la capacità di adattare queste strategie alle specificità di ciascuna macro-regione, garantendo che le misure adottate siano efficaci nel contesto locale. Solo attraverso un impegno condiviso e una collaborazione tra enti governativi, settore privato, e cittadini, si potrà sperare di vedere una riduzione sostanziale delle emissioni nei prossimi anni, migliorando così la qualità dell’aria e garantendo un ambiente più salubre per tutti.

Divario Nord-Sud. Dal 2018 al 2023, tutte e tre le macro-regioni hanno registrato un aumento delle emissioni, ma la dinamica e la scala di questi aumenti differiscono notevolmente. Il Nord, partendo da una base di emissioni decisamente più bassa nel 2018 (68,65 μg/m³), il Nord ha visto un aumento sostanziale sia in termini assoluti che percentuali, con un incremento del 51,75%. Questo sottolinea una rapida crescita delle emissioni, che potrebbe riflettere un’intensificazione delle attività industriali e del traffico, nonostante la presenza di tecnologie più avanzate e politiche ambientali presumibilmente più rigorose. Anche il Sud ha visto un aumento significativo delle emissioni, passando da 121,05 μg/m³ nel 2018 a 160,59 μg/m³ nel 2023, con un aumento del 32,66%. Questo suggerisce che, nonostante partisse da una base più alta, il Sud continua a lottare con l’inquinamento atmosferico, possibilmente a causa di minori investimenti in infrastrutture sostenibili e tecnologie di riduzione delle emissioni, o una regolamentazione ambientale meno efficace. La regione del Centro ha registrato l’aumento più contenuto, sia in termini assoluti che percentuali (24,05%), indicando una situazione intermedia tra il Nord e il Sud. Questo potrebbe riflettere una combinazione di fattori, inclusa una migliore gestione delle politiche ambientali rispetto al Sud, ma con sfide maggiori rispetto al Nord. Questi dati rivelano che il divario Nord-Sud non è solo una questione di livelli più alti o più bassi di inquinamento, ma anche di quanto rapidamente queste emissioni stanno crescendo in ciascuna regione. Mentre il Nord sta peggiorando più rapidamente in termini percentuali, il Sud ha ancora i livelli assoluti più alti di particolato fine. Questo scenario sottolinea la necessità di politiche personalizzate che tengano conto delle specificità regionali per combattere efficacemente l’inquinamento atmosferico in Italia.

Politiche Economiche per la riduzione delle emissioni atmosferiche di particolato fine nelle regioni italiane. La lotta contro le emissioni di particolato fine in Italia richiede un approccio politico-economico olistico che riconosca e affronti le differenze regionali, incoraggiando al contempo l’innovazione e la sostenibilità. Al cuore di queste strategie si trovano misure fiscali ed economiche che possono guidare un cambiamento significativo nel modo in cui le energie sono prodotte, consumate e gestite. Una delle politiche più dirette per influenzare le pratiche industriali è l’introduzione di tassazioni ambientali mirate. Tasse sulle emissioni di particolato fine possono essere implementate per spingere le industrie a investire in tecnologie più pulite e efficienti. Parallelamente, incentivi fiscali, come riduzioni o esenzioni di tasse, possono essere offerti a quelle imprese che dimostrano un impegno concreto nel ridurre le loro emissioni attraverso l’adozione di tecnologie all’avanguardia o la conversione a fonti energetiche rinnovabili. Sul fronte dei trasporti, le ecotasse sui veicoli più inquinanti, accompagnate da incentivi per l’acquisto di veicoli elettrici o ibridi, possono accelerare la transizione verso una mobilità più sostenibile. Questo non solo ridurrebbe le emissioni dirette dei veicoli, ma anche stimolerebbe l’industria automobilistica a innovare costantemente nelle tecnologie di riduzione delle emissioni. Inoltre, investimenti significativi nel potenziamento dei trasporti pubblici, in particolare nelle aree urbane, ridurrebbero la dipendenza dall’auto privata, decongestionando le strade e migliorando la qualità dell’aria. Allo stesso tempo, è fondamentale investire in infrastrutture verdi. Le politiche di urbanizzazione dovrebbero incoraggiare la creazione di spazi verdi che possano fungere da “polmoni urbani”, assorbendo CO2 e altri inquinanti. Tali spazi non solo migliorano la qualità dell’aria, ma offrono anche benefici psicologici e sociali agli abitanti delle città. Il supporto alla ricerca e allo sviluppo gioca un ruolo cruciale in questa strategia complessiva. Il finanziamento di progetti di ricerca che esplorano nuove tecnologie di riduzione delle emissioni o nuovi metodi di cattura del carbonio può portare a breakthrough che cambierebbero le regole del gioco in termini di politiche ambientali. Collaborazioni tra università, centri di ricerca, industrie e governi possono accelerare questo processo di innovazione. Infine, non meno importante è il ruolo dell’educazione e della sensibilizzazione. Campagne informative mirate possono elevare la consapevolezza pubblica sull’impatto delle emissioni di particolato fine sulla salute e sull’ambiente. Queste campagne dovrebbero anche informare i cittadini su come possono contribuire individualmente alla riduzione delle emissioni, ad esempio attraverso il riciclo, l’uso di mezzi di trasporto alternativi e il sostegno a politiche e pratiche sostenibili. L’adozione di queste politiche non solo contribuirà a migliorare la qualità dell’aria in Italia, ma promuoverà anche uno sviluppo economico più sostenibile, allineando gli interessi economici con quelli ecologici. È solo attraverso un impegno condiviso e una visione lungimirante che potremo sperare di vedere miglioramenti significativi nella lotta contro l’inquinamento atmosferico e i suoi effetti deleteri sulla salute umana e sull’ambiente.

Conclusioni. Le emissioni di particolato fine sono aumentate in media nelle regioni italiane tra il 2018 ed il 2023 di un ammontare del 36,21% passando da un ammontare di 96,87 fino ad un valore di 131,94 unità. Se guardiamo alle macro-regioni italiane possiamo notare una crescita di ogni valore di emissioni di particolato fine con una crescita del 32,66% nel Sud Italia, una crescita del 51,75% nel Nord Italia e del 24,05% nel Centro Italia. Tuttavia, possiamo notare un significativo divario tra il Sud Italia ed il Centro Nord Italia. Infatti le regioni centro-settentrionali hanno dei valori di emissione assai più ridotti rispetto alle regioni meridionali. Ne deriva pertanto che le regioni meridionali sono particolarmente arretrate dal punto di vista della sostenibilità ambientale misurata in termini di emissione di particolato fine.

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Fonte: European Innovation Scoreboard https://projects.research-and-innovation.ec.europa.eu/en/statistics/performance-indicators/european-innovation-scoreboard/eis#

Immagini elaborate dall’autore.

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Data:

23 Maggio 2024
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